14 novembre 2006

un genio sconosciuto


Solo l'altro ieri ho scoperto che il 28 agosto scorso è morto Philip "Pip" Pyle, uno dei più grandi batteristi del panorama musicale britannico anni '70.
Il bello è che nessuno ne ha parlato. Forse perché tali e tante sono le mistificazioni nel/del mondo dell'Informazione, che non ci si rende conto di quanto sia fondamentale celebrare questi (apparentemente) perfetti sconosciuti.
Pensateci bene, se ciò accadesse, maggiore sarebbero la vastità e la scelta della cultura a disposizione, e maggiore sarebbe la qualità percepibile, con un corollario convincente di spontanea selezione naturale. Se i giovani d'oggi ascoltassero più musicisti e più generi musicali, crescerebbero culturalmente e intuirebbero con maggior facilità i bluff e i buffoni. E non per forza dedicandosi alla cosiddetta musica "colta", ci mancherebbe.
Fino a un ventennio fa, per le radio inglesi era fatto d'obbligo proporre almeno un 30 % dal vivo della musica trasmessa. Il che costringeva gli artisti a cercare l'eccellenza, a migliorarsi e a studiare. Altrimenti perché abbiamo cicli su cicli di invasione musicale britannica? E perché l'industria musicale del Regno Unito è così (in)credibile? Aggiungeteci il fatto che da sempre in quelle scuole viene insegnato l'abc di almeno uno strumento base, e che per i protestanti la musica e il canto favoriscono l'avvicinarsi al mistero divino...
Pip militò in numerosi gruppi musicali della cosiddetta Scuola di Canterbury che determinò un filone essenziale della musica britannica degli anni '70, stanco dei bigliettini da viaggio dei Beatles, pronto invece a lasciarsi andare alle ricerche minimaliste, agli esperimenti di Miles Davis e alla dodecafonia. Un misto di jazz, rock e musica contemporanea segnato comunque da un languoroso rispetto per la melodia, accompagnato e a volte preponderato da un'assoluta ricercatezza nel tessuto compositivo.
I migliori di quegli anni furono: Gong, Caravan, Hatfield and the North, Soft Machine, Keith Tippet Centipede, i secondi King Crimson... Pip (in)segnò un batterismo fatto di pulsioni e di contrappunti, assolutamente all'avanguardia. In più era uomo gioviale e entusiasta, pronto a discutere e a mettersi sempre in discussione.
Ritrovare quei capolavori (tradotti poi in cd) potrebbe sembrare difficile, ma se avete pazienza e voglia il negozietto di appassionati sotto casa vostra potrà darvi una mano. Altrimenti andate a Bergen, Norvegia, dove ne ho trovati a mucchi, sperperando quasi un mese di stipendio. Certo: il volo costa, l'albergo pure, ma Pip merita questo ed altro.

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