17 marzo 2007

Marimonio all'italiana...
ovvero:
come i DICO diventano gli ZITTI

Miki colpisce ancora: eccovi una lunga serie di riflessioni.

Dopo qualche carnascialesca riflessione sulla proposta dei DICO, l’affaìre si fa più serio e articolato. E, come tutte le italiche vicende, serietà e riflessione lasciano spazio a polemica e sterile battibecco non già tra due fronti – troppa grazia – ma tra mille rivoletti: quelli che vogliono tutto, quelli che pretendono quasi tutto, quelli che non darebbero nulla o quelli disposti a emendare, migliorare, perfezionare.
E in un paese dove il meglio è nemico del bene questo significa, verosimilmente, che se ne farà poco o nulla.

Tra i dubbi costituzionali di Clemente Mastella, i non possumus del Vaticano, i ‘buffoni’ di Franco Zeffirelli, il ‘retrogradi’ di Alessandro Cecchi Paone e le mitrie arlecchinesche dei manifestanti di Piazza Farnese, emerge sempre una sola lampante, e poco edificante, verità: può un Paese in perenne disaccordo condensarsi intorno alle esigenze, ai bisogni e, talora, alle sofferenze di un milione di persone che vive nelle situazioni più varie di disagio, emarginazione o consapevole appartamento?

Banalmente, no.

Sarebbe troppo pretenzioso immaginare che su un punto così ‘antropologico’ si creasse quel clima di rispetto, sano confronto su veri bisogni e vere soluzioni, dimenticando per una volta quella tensione da ‘catastrofe imminente’ che gli italiani riescono a riversare nella politica, nei rapporti di buon vicinato (vedi ERBA) e persino nella scelta dell’acqua da bersi sulle mense domestiche, frizzante o leggermente.

Insomma, siamo franchi! Da noi si muore per una banale partita di calcio in Sicilia, si sopravvive a stento fino alla fine del mese, e la ‘laureata precaria’ è la norma.

Ma chissenefrega dei DICO?

Una proposta di legge, che modestamente parvemi allora quasi reazionaria, per taluni è l’inizio della fine, l’apocalisse della famiglia, l’apoteosi dei desideri effimeri di una massa di cialtroni.

Sento parlare di diritto naturale, di antropologia, di biologia.

Uno dice ‘perché la capacità di generare implica….ecc’. Si potrebbe ribattere allora che le coppie, sposate regolarmente, che non abbiano figli dovrebbero essere degradate. Cioè, se l’apporto di nuove leve per la comunità è, volutamente o tristemente, escluso allora cosa distingue una coppia di simpatici eterosessuali da una di simpatici omosessuali? Direi nulla, sterili entrambi per la società.

Ovvio che non può essere una discriminante, sarebbe folle e antistorico.

Quindi i figli sono una ricchezza per la coppia e per la nazione. Ma non averli non implica conseguentemente che i membri della coppia non possano essere una ricchezza reciproca e per la nazione.

E poi finiamola di blaterare su quello che è naturale o meno. Credo sia più innaturale la tendenza umana a distruggere l’ambiente in cui è costretto a vivere, ambiente che non morirà… si vendicherà sterminandoci, ma non sento questo tema ogni giorno tra gli strali papali.

Se gli animali potessero parlare ci direbbero ‘con che coraggio definite noi animali!’. Non credo discuterebbero con una coppia omosessuale sui loro gusti.

Consentitemi quindi di chiamarmi fuori da tutto questo. Tutte le volte che ho messo passione in qualche pubblica questione mi sono ustionato, tutte le volte che ho votato mi sono dovuto somministrare abbondanti emetici contro il vomito provocatomi dalle varie amministrazioni e governi, tutte le volte che ho sognato il risveglio è stato violento.

Ma vi dico cosa intendo fare per il futuro. E stavolta sfido chiunque ad avere il coraggio non tanto di disapprovarmi, bensì di fermarmi.

Me la godrò alla grande. Alla faccia di chi pensa che l’omosessualità sia innaturale, oltre che immorale.

Con totale schiettezza vi dico che della base di Vicenza, del precariato, dei negretti che muoiono di fame non me ne frega più una ceppa.

Mangio? Si. Dormo? Si. Ho denaro per i miei dischi, i miei libri? Si. Finché questo benessere ci sarà, e me lo sudo, me la godo.

È giusto dichiarare tutti i miei redditi in modo onesto e contribuire allo stato sociale? Me ne frego.

Fotterò l’Agenzia delle entrate con una scientifica e paraculistica applicazione delle norme, delle deroghe, degli inghippi.

Ogni centesimo risparmiato me lo faccio in champagne Billercart Blanc de Blanc. Perché, per dirla come Lawrence d’Arabia, questo è il mio piacere.

E i precari? Cazzi loro. Se sono amici li invito a cena. Se non li conosco me ne frego.

Capiterà a me uno tsunami? Pazienza, è semplice calcolo delle probabilità. Se succede amen, se non succede grazie tante.

Come disse qualcuno, a ciascuno la propria croce. Io sopporto il Vaticano, le donne afgane sopporteranno il velo e i talebani, quelle sudanesi l’infibulazione.

La Binetti porta il cilicio? E dove sta scritto che la cosa mi debba riguardare? Mi imporranno di metterlo? Suvvia, un po’ di spirito. Un viaggio tra gente maleodorante su treni in perenne ritardo delle Ferrovie dello Stato è meno fastidioso?

I vicini di casa mi conciano il cane come i vicini di Erba hanno conciato una famiglia? Ma suvvia, siamo seri… l’avete visto il marito inconsolabile uscire dall’agenzia di Corona? E io mi dovrei indignare per gente siffatta? Sveglia, ci penserà qualche reality a consolarlo a suon di migliaia di Euro.

Per tutti gli amici che piangono dei mali del mondo, per tutti i battaglieri che vorrebbero liberare tutti dalla fame e dalle malattie. Ma abbiano fegato, non siano ipocriti. Li vedo mentre si scofanano l’abbacchio alla cacciatora alle fraschette di Ariccia. Quando si fanno un supplì al sugo i bambini nigeriani sono lontani mille miglia.

Quando sono maldicenti con i colleghi, con gli amici, quando fanno il giro per evitare il paralitico che chiede qualche centesimo, non sono meglio di chi specula sulle corna altrui vendendo fotografie compromettenti.

Come disse Joan Crawford nella magistrale interpretazione di Donne: ‘M’avete annoiato voi mogli rispettabili con i vostri maritini’.

La vorrei finire con un ‘tanto vi dovevo’ che si usa nelle lettere asciutte e velenose di certi legali. Ma chi me lo fa fare di dirvi ‘mi spiace, ormai la penso così’. Che stupido, ancora non mi immedesimo nel mio nuovo personaggio.

Tanto vi dovevo.

Miki

PS E la mia anima? La mia coscienza? Vi prego. Sono un innaturale, sono un deviato, sono un essere ‘gravemente disordinato’. Così parlò Benedetto. Il papa ha diritto di parlare di devianze. Con tutti i guai che gli procurano i preti che hanno un particolare gusto per il culetto dei bambini, e non solo a Viareggio (ve la ricordate la canzoncina? ‘Che bei culi morbidi, hanno i bimbi di Viareggio).
Quanti ne ho visti in croce? Pochini… Qualche sparata curiale ogni tanto, però nel frattempo si trasferiscono, si mettono in ritiro spirituale. Però i finocchi si denigrano giornalmente dalle colonne dell’Osservatore Romano o dell’Avvenire. Santità, pensi alla salute dell’anima dei suoi pastori…

tag: , , ,

piccola nota a margine: solo adesso ho letto il post che vi linko, una volta tanto sono d'accordo con lui

Nessun commento: