25 marzo 2008

le sfere di Oldfield,
e oltre

Mike Oldifield è l'uomo da un'opera sola, quel Tubular Bells che lanciò la Virgin e che fu (ab)usato come leit motiv dell'Esorcista.
In tutti questi anni non ha fatto nient'altro che rincorrere quel capolavoro, mortificando la sua ottima tecnica per metterla al servizio di quella statua di sale che è la depressione. Già, non sembra, ma il pupo ha disseminato gioie e dolori attraverso tre matrimoni, sette figli e non so quante sedute psicanalitiche.
Eppure la sua musica non è mai stata intorcinata, complessa o autocompiaciuta. O meglio, autocompiaciuta lo è, ma non nel senso del depresso cronico che era in lui. Autocompiaciuta strumentalmente e spesso mal prodotta, proprio perché Mike fa vedere quant'è bravo, ma in maniera da chitarrista, cioè pomposa e cicciona. Difetto tipico dei grandi strumentisti (eccetto Fripp e Zappa, che sono di un altro pianeta).
Pensate che io adoro il doppio Incantations, la chiosa di Killing Fields, le sue collaborazioni quasi jazz in compagnia di Pekka Pohjola, il rarissimo live con Robert Wyatt. Ma il resto - ben che corposo - è silenzio.
L'altro giorno ho colto al volo una recensione entusiasta del suo ultimo Music of the spheres. La sua prima opera sinfonica! Bum!
Rischiare un'arrabbiatura e comprarlo, oppure dire a priori che è una schifezza?
Be', se fosse il primo lavoro di Oldfield direi che il cd è ottimo. Considerando però che viene da un musicista che ci aveva già proposto molti temi dissimulati in queste Sfere, allora il giudizio scende di qualche misura. Certo, come càpita in tutte le "opere classiche" di musicisti più o meno rock, la partitura manca di contrappunti visibili, di sottotemi o di movimenti maschili e femminili ben intrecciati, ma ne vale la pena.



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