12 gennaio 2010

sherlock holmes

Prova a definire "film leggero" e ti troverai avvolto da mille tentativi. Tutti sballati.
Un film è film: può essere leggera anche un'opera di Haneke o di Antonioni, l'importante è la ciccia, il contenuto.
Sherlock Holmes è leggerissimo, un'ala esile e soffusa, ma è caratterizzato da una sceneggiatura di ferro, un montaggio moderno - puntuale e rigoroso, una fotografia accurata e una musica ironica e attenta a tutte le sfumature. Perché in questi casi basta sbagliare una virgola e tutto è finito, e allora la pesantezza supera di gran lunga certe cose di Bergman.
Eppoi questo è il tipico film reboot, subgenere trasversale che sostanzialmente significa "i canoni dei personaggi erano rigidamente stranoti e intoccabili: co' 'sto film buttiamo tutto in caciara". Attitudine di quest'ultimo lustro che ha rovinato non pochi "classici".
Per fortuna il nostro film strafunziona: è un piacevole bicchiere d'acqua, di cui vuoi subito vedere la fine ma della cui suspance, del cui gusto, dei mille rivoli che girano intorno, non puoi proprio farne a meno.
In più il doppiaggio italiano non è così deleterio a autoreferenziale come ormai usa essere, e il duo Downey Law supera ogni più rosea aspettativa: alla fine riescono a compensarsi buttando dentro battute e tempi recitativi niente male.
Per carità, alla fine il plot è prevedibile, e gli stacchi narrativi telefonati as usual. Ma il prodotto funziona veramente bene: domani avrai dimenticato trama e personaggi, ma appena uscito dal cinema sorriderai come un bambino.

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