08 febbraio 2010

il concerto

Se volete vedere una lacrimuccia uscire dal mio viso stramaschio, atletico e giorgcluniano dovete mettere sul piatto del vostro giradischi il Concerto in Re Maggiore per violino e orchestra op. 35 di Tchaikovsky: mi commuove come pochi.
Forse perché collegabile ad alcune scene della mia infanzia, forse - anzi sicuramente - perché tecnica stravirtuosistica e passione de core si incontrano perfettamente, dove l'anima ebraica e quella universale costruiscono la perfezione assoluta.
Poi, certo, se volete fare i sofisticati che escono dal cinema e vogliono documentarsi meglio, dovete assolutamente avere un'edizione con Jascha Heifetz, una con David Oistrakh e una con Itzhak Perlman.
Ecco, il film di Radu Mihaileanu si ferma qui, perché il resto funziona pochino: ironia professionale ma scontata, buoni attori (tranne forse la tarantinata Mélanie Laurent che gioca un po' troppo col presunto significato sessuale di alcuni momenti della partitura), montaggio e regia al servizio della trama... ma la trama è esile e ovvia, "spiegata" oltretutto a ridosso dell'onda emotiva che sconquassa lo spettatore durante la sequenza finale, miscelando sapientemente riferimenti tristi e altri di puro humor ebraico... il che può pure andare bene, ma alla fine suona come mestierato e un po' furbo.
No, non lo sto stroncando, anzi ne consiglio comunque la visione: è che alla fine di cose come questa ne è pieno il cinema, e io pretendevo dall'autore di Train de vie qualcosa di più, perché è nelle sue corde, perché lo sa fare molto bene (viste certe imitazioni oscarate che lo hanno sopraffatto).
Forse è colpa de Concerto in questione, che ruberebbe spazio pure a dio in persona. Forse è la debolezza di alcuni momenti (la sparatoria mafiosa iniziale sa tanto di unghie sulla lavagna). O forse è un filmino leggero leggero senza tante pretese, cui io vorrei attribuire chissà cosa.

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