20 maggio 2011

un libro sprecato sui miei carissimi zombie

Per favore, resistete fino alla fine; si tratta di poche righe:
Proviamo a ribaltare la questione metodologica e presentarla dal punto di vista del regista: se questi esseri si fossero presentati come attori parlanti, avremmo assistito a una pretesa di definizione e di oggettivazione, più che a una rivendicazione di soggettivazione del subalterno. In altre parole, se il subalterno potesse parlare raccontare la propria storia, si costituirebbe come soggetto. Ma se il regista avesse approfondito questo passaggio, probabilmente avrebbe abbandonato il terreno che gli era permesso di scuotere il nostro inconscio e contaminare l'immaginario.
Confesso: quando leggo queste cose, metto mano alla fondina.
In realtà è un brano, un brandello (è il caso di dirlo), estirpato dal saggio scritto a tre mani e mezzo, dal titolo "L'alba degli zombie - Voci dall'Apocalisse: il cinema di George Romero".
Ora, per come sono appassionato io, un saggio su questo genere è già scritto nella mente e nella memoria di chiunque lo ami. Anzi: paradossalmente, non verrebbe in mente a nessuno di scriverlo, proprio perché tali e tante sarebbero le citazioni, i riferimenti, gli incroci più o meno congrui, che si faticherebbe non poco a tenersi sotto le 500 pagine. In più, è un argomento con così tante implicazioni di vario livello, che comunque sarebbe meglio mantenersi con un italiano (e una sintassi, cazzo!) di medio livello.
Insomma, era facile scrivere qualcosa di degno; impossibile fare una pecionata. Eppure questi tre giovanotti e mezzo ci sono riusciti, sia perché hanno spesso scritto cose inesatte (la lista sarebbe lunga, e ve la risparmio), sia perché si sono incaponiti in quel modo di fare criticismo supponente che tanto andrebbe estirpato dalle università italiche: parlano di loro, non dell'argomento; interpretano le intenzioni del regista senza averle verificate; qualora il regista abbia già sconfessato i loro appunti, li perpetuano senza tanto pudore; trascurano alcuni film nodali, e ne infilano altri fuori contesto; si ostinano a ritenere il genere qualcosa di interessante solo se inserito in un contesto polemico-politico; scomodano con smisurata saccenza riferimenti inutili e malcelatamente forzati (c'è addirittura Hobbes... ma senza Calvin... oh, è una battuta).
Vi chiederete: allora perché ne parli? 
Perché mi hanno fatto soffrire, pagina per pagina, riga per riga, appunto per appunto. Considerato che di libri sugli zombi ce ne sono veramente pochi, e rari (il precedente a questo, curato da Ortoleva, vale meno di niente), tanto vale che evitiate spreco di soldi e tempo... a meno che non l'abbiate già acquistato: allora saltate tutto, e andate direttamente alla brevissima e banalotta intervista a Romero; è l'unica cosa che si salva.

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