12 aprile 2012

Cesare deve morire, un delicato capolavoro

Ho cominciato a frequentare i fratelli Taviani da Sotto il segno dello scorpione (1969), seguendoli poi pressoché cronologicamente con San Michele aveva un gallo (1972), Allonsanfan (1974, il mio preferito), Padre padrone (1977), Il prato (1979), La notte di San Lorenzo (1982, straordinario), Kaos (1984). 
Poi ho dovuto vedere anche gli altri, ma sempre più controvoglia, e sempre più irritato: noia, autoreferenzialità, stucchevolismo a go-go e anche un po' di sfacciata ripetività, complice soprattutto una critica nostrana incapace di uscire da se stessa; critica molto conventicolare e poco colta, insomma.
Fatto sta che accostarmi a questo Cesare deve morire mi è costata molta fatica, quasi disturbo. Però ero curioso. Però io adoro Shakespeare. Però non sopporto il dialetto napoletano, sempre piagnone e sempre rassegnato.
Insomma, le possibilità che l'operazione potesse piacermi erano minime: eppure è stata un'esperienza straordinaria, di quelle che ti restano appiccicate per un bel po'.
Ad essere cattivo, cattivissimo, devo dire che dei Taviani c'è ben poco (se non un inutile e nenioso canone musicale, guarda caso scomposto dal figlio di uno dei due): c'è molto, invece, di genuino e autentico (non nel senso sbrodolone di Baricco, of course), come anche una profonda dignità da parte dei criminali coinvolti nell'operazione.
Certo, si rischiava di sfiorare la furba piaggeria tardoborghese del pietismo ad ogni costo per siffatti personaggi, sentimento tipico del garantismo peloso. Ma per fortuna sono proprio i delinquenti coinvolti che sanno tenersi ben distanti da queste attitudini, coinvolgendo lo spettatore non per quello che sono ma per quello che fanno e per come lo fanno.
L'altro rischio era di cadere nel tranello di Ladri di biciclette, dove sull'altare del neorealismo furono sacrificate le vite dei poveracci coinvolti. Anche qui i nostri protagonisti sembra ne usciranno meglio, anche se non lo posso dire con certezza per tutti (cfr titoli di coda), e soprattutto diciamo che nel caso loro il verbo "uscire" sembra bassa ironia.
Certo, se il cinema italiano d'autore si risvegliasse partendo proprio da questa esperienza, io ne sarei più che lieto. Ma con questi chiari di... Giordana, mi sa che dobbiamo tenerci ben stretto questo Cesare deve morire: un'eccezione che conferma la regola.

 

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