13 gennaio 2013

l'Italia e il metodo ECM

Conosco l'etichetta ECM dal 1985. A Disco Boom, in via del Tritone, ci si trovava spesso per parlare di musica, acquistare dischi rari e costosi (perlomeno per le nostre tasche), senza sapere che di lì a poco ci sarebbe stata una rivoluzione tecnologica che oggi appare vecchia: l'arrivo dei CD.
E dato che Eicher, il guru dell'etichetta, aveva naso fino, cominciò a dismettere tutti i vecchi supporti del suo catalogo: fu in quell'occasione che acquistai a pochissimo prezzo nastri preziosissimi. Metheny, Jarrett, Surman, Rypdal, Micus, Corea... l'elenco è lunghissimo e ancora oggi fa tremare i polsi.
Per chi ama la musica, innamorarsi della ECM è quasi un passo obbligatorio, nonostante certe attitudini un po' fighette che diventano deliziose appena parte la musica: i famosi cinque secondi di vuoto iniziali, la grafica sobria e sempre all'avanguardia, la scoperta di autori comunque all'altezza delle più rosee aspettative, una implicita ricerca continua, un marketing quasi assente ma non per questo distratto.
E lui sempre presente come produttore, discreto ma totale (indicativa una bella copertina del duo Rava/Bollani, in cui lui s'intravede nella penombra a sinistra, sornione).
Ma c'è un altro elemento caratteristico che ho scoperto solo questi giorni, e che mi ha aperto un mondo di suggestioni: (quasi) tutti i musicisti devo sottostare alla rigida regola del registrare entro due giorni; il terzo è dedicato al missaggio finale.
Ora, immaginatevi la scena, specie per una guest star dell'ultima ora: hai un calendario fitto di concerti e registrazioni, e quindi/anche di impegni mentali non indifferenti, e c'hai incastonato questo salto in Norvegia (e già, si registra lì), sperando magari di passare qualche giorno in profonda contemplazione compositiva. Neanche arrivi con la fiatella dell'affamato, che già devi imparare pezzi altrui o comporre roba tua, poi orchestrare e/o seguire orchestrazioni altrui, creare/accettare un amalgama soprattutto psicologico e spirituale con gli altri, provare, ed eseguire senza tanti errori... in 48 ore! Quarantotto ore!
Ora, è ovvio che uno può aver composto dal tinello di casa propria, e aver provato mesi nel garagetto in fondo al viale, e avere comunque delle belle idee/partiture in mente. Può essere tutto quello che volete, specie tenendo conto che la squadra di musicisti ECM non è fatta di seghe sprovvedute. Ma anche e solo a livello mentale, è un limite terrificante.
È in casi come questo che o hai palle/ovaie e professionalità o te ne stai a casa.
E che c'entra l'Italia citata nel titolo? Niente.

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