24 luglio 2013

la sensibilità

Tutti sono sensibili.
Anche chi consideriamo una bestia.
Perché la sensibilità è un attitudine neutra. Prendiamo come esempio la pellicola fotografica, che appunto è "sensibile": può impressionare il sorriso di un bambino o una bomba atomica.
Stabilita questa ovvietà, c'è però un passo successivo da fare, che forse è addirittura banale: esiste una misura della sensibilità che può essere soggettiva (io piango per Il paziente inglese, tu per l'inno della tua squadra; eguale dignità, quindi), ma esiste anche un valore assoluto della sensibilità (che più o meno forzatamente deve essere condiviso).
Sensibilità come valore è fare silenzio in chiesa, anche se non si crede.
Sensibilità come valore è non rubare il posto di un disabile.
Sensibilità come valore è riconoscere il diritto di chi ci sta di fronte, e rispettarlo indipendentemente dal nostro tornaconto e dalla sua condizione.
Ma siamo ancora nel banale, lo so e me ne scuso.
Ebbene, se durante un gioco di qualsivoglia tipo, ci lasciamo andare, sta alla nostra sensibilità stabilire i limiti dei nostri eccessi o sta alla sensibilità come valore assoluto?
Ecco, io credo, sono convinto, che in questo caso queste due interpretazioni debbano coincidere na-tu-ral-men-te, senza tante chiacchiere.
E credo anche che chi viola questa sensibilità come valore debba essere punito e messo in condizioni di non avere gli stessi diritti di chi, invece, questa sensibilità come valore ce l'ha.
Per dire: usare una condizione sessuale come insulto; usare una scelta religiosa come insulto; usare una provenienza geografica come insulto... non sono scelte sensibili, né tantomeno ascrivibili a una qualsivoglia forma di sensibilità.
Ebbene, la notte scorsa a Testaccio è accaduta qualcosa di molto grave: se ci fosse stato ancora Alemanno come sindaco, Repubblica - e i giornali che menano moralismi a go-go - si sarebbero fatti in quattro per esprimere sdegno e condanna. E, invece, la cosa è letteralmente passata inosservata, avallando di fatto la non sensibilità dei 500 teppisti che hanno lanciato bombe carta e imbrattato le mura pubbliche con scritte indegne e bestiali.
E di tutte quelle porcate che ho visto compiere dalla teppaglia, quella che mi fa ancora soffrire è quell'aver usato come fosse un insulto il cognome di un poliziotto ucciso dalla teppaglia catanese.
Filippo Raciti fu ucciso nel 2007 a lavandinate in faccia (ripeto: lavandinate in faccia), mentre cercava di sedare una megarissa a ridosso dello stadio del Catania.
Immaginate la scena. 
Immaginate queste bestie che sghignazzano mentre vedono un loro amico colpire a morte questo ragazzo. 
Immaginate la moglie e i famigliari di Filippo Raciti che a loro volta immaginano questa terribile scena.
E poi guardate questa scritta. 
Cosa suggerisce la sensibilità? La vostra, eh!




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