13 maggio 2014

le disavventure di un disabile onesto (a Roma) 1/2

Il nostro amico diventa disabile nel 1995. 
Oddio, la definizione potrebbe incutere compassioni o scatenare immaginazioni visive che nulla hanno a che vedere con la condizione del nostro eroe. Per la mentalità furbetta italica, infatti, il suo difetto è doppio: sembra normale, si comporta da normale.
Per farla breve, tra le tante conseguenze della sua complicata patologia autoimmune, c'è una sinovite cronica reattiva al ginocchio sinistro che lo tormenterà dal 1997 fino a quando tirerà le cuoia. Una sinovite ciclica e incoerente che di fatto gli fa molto male, perché continuamente prende storte al ginocchio: un po' come quando vi strusciate i denti perché avete morso male una mela; fa impressione, vero? Ma fa anche moOolto male.
Per farla ancor più breve, grazie ai punti acquisiti per altri problemi collaterali alla sua patologia autoimmune, il nostro infortunato, oltre a ottenere di rientrare nel novero delle categorie protette, potrà poi godere anche del permesso disabili. 
Ovviamente dovrà prima soddisfare due requisiti: il primo, che la sua invalidità superi una certa quota percentuale; il secondo, dovrà dimostrare che la patologia che compromette la sua deambulazione sia in qualche modo peggiorativa: né sospesa chissà come/dove, né tantomeno suscettibile di leggeri quanto improbabili miglioramenti. Insomma, il legislatore di allora non aveva immaginato che potessero esistere persone perbene; per cui, o entri strisciando nella stanza dei valutatori e fai scena, o ti attacchi al tram del destino, subendo i capricci del valutatore insofferente e distratto.
Fatto sta che la prima commissione disabili gli regala un 64% di invalidità; dopo tre anni di attesa e peggioramenti vari, la seconda commissione disabili gli commina un 85%, poi però rettificato - per volere del nostro eroe - a 70%. 
Orbene, perché il nostro onesto scemo ha optato per un'invalidità minore? Perché se fosse rimasto così, e se avesse trovato un lavoro fisso, lo avrebbero relegato in un centralino o a fare il commesso da bancone, con prospettive di carriera e soddisfazioni pressoché nulle.
Tant'è che la commissione di verifica capisce la situazione, e restituisce la dignità al nostro onesto disabile. Nel 2002, l'invalidità viene confermata e stabilizzata in una percentuale meno eclatante. Credo sia la prima volta in Italia che un invalido chiede di rettificare verso il basso la propria percentuale di disabilità.
Orbene, raggiunto questo livello di invalidità, e in quelle condizioni di deambulazione, ottenere il permesso auto per disabili sarebbe stato uno scherzo. Macché. Nel frattempo la legge si è fatta più rigida, anche se ancora oggi di fatto non riesce a contrastare i finti disabili che se ne approfittano e/o i parenti carogna che usano i permessi pur non avendone diritto.
Al controllo, la commissione permessi preposta decide che il suo permesso sarà temporaneo e di soli due anni, nonostante la commissione di verifica avesse stabilito in via definitiva come croniche e invalidanti le cause della sua invalidità.
Il nostro, però, non sbatte ciglio e accetta la sentenza. Il permesso, però, gli arriva con sei mesi di ritardo, perché nel frattempo uno dei sindaci più incompetenti che Roma abbia mai avuto, per facilitare certe pratiche ha ovviamente... aumentato sportelli e subappalti. E la cosa bella è che il nostro cittadino riesce ad ottenere il permesso entro quesi sei mesi, solo perché usa la parolina magica: "io lavoro per..." e parte il nome di una supermegazienda.
Una volta ottenuto il permesso disabili... fioccano le multe per aver oltrepassato ZTL e parcheggiato in aree per disabili (nonostante il permesso esposto e la targa registrata). Il Comune di Roma e il registro permessi disabili... non si parlano. Grazie a un amico avvocato, il nostro vince ben 20 ricorsi su 20, ottenendo una media di 200 euro di danni per ricorso che regolarmente rigira al suo avvocato come contributo spese.
Passati due anni, tocca rinnovare il permesso. La nuova commissione permessi si rende conto che il nostro disabile avrebbe diritto al permesso definitivo. E già, nel frattempo la sinovite è peggiorata, e pure le condizioni della patologia autoimmune. Certo, il nostro non lo dà a vedere, continuando a vivere senza piagnisteismi e a lavorare anche per aziende di un certo prestigio. Ma i dati oggettivi, stilati da eminenti prof e da scienziati di ogni dove, garantiscono una cronica disabilità.
Quella commissione permessi gli dice chiaramente: "lei avrebbe diritto al permesso definitivo, ma non ce la sentiamo di darglielo noi; tanto la prossima commissione glielo darà sicuramente". Oltre al danno, anche la beffa: il nuovo permesso gli viene consegnato - nuovamente! - con sei mesi di ritardo.
Dopodiché, e finalmente, passati altri due anni, il nostro disabile incontra un'altra commissione permessi, pensando che sarà una passeggiata. Il medico legale di turno lo guarda e gli consiglia di... pulirsi il culo con i suoi documenti, che tanto si vede che cammina, che deve portargli ulteriori documenti sui suoi problemi... polmonari (notoriamente camminiamo sui polmoni, no?). Gli regala solo sei mesi di permesso, e poi "saranno cazzi suoi".
Il nostro disabile non si perde d'animo e racconta la vicenda via raccomandata al direttore della ASL, che prontamente gli telefona chiedendogli scusa per il comportamento inqualificabile del collega. 
Nel giro di sei mesi, dopo un'accurata e puntigliosa disamina di tutta la sua documentazione, un'altra commissione permessi - la quarta, quindi - lo autorizza a prendere il permesso definitivo... che sarà nelle sue mani dopo qualche giorno (nel frattempo, internet è entrato nel Comune di Roma).
E poi?... alla prossima puntata.

ps ringrazio il disabile che mi ha reso partecipe dell'intera vicenda. Ovviamente ho omesso il suo nome

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