12 novembre 2014

#Rosetta, che non è solo l'hashtag #CometLanding

Le circostanze spesso regalano curiose coincidenze: Rosetta sta per concludersi (o per iniziare) proprio al limitare dell'imminente Natale, evento comunque planetario che con una cometa c'ha fatto i conti simbolicamente, esotericamente... e anche nell'immaginario del bambino che con le sue manine la ripone maldestramente sul presepe famigliare.
Ebbene, mi ritorna in mente un bellissimo racconto di Clarke (o era di Brown?) in cui, in un futuro prossimo venturo, la nostra civiltà atterra su un pianeta di Classe M in cui chiaramente era fiorita una civiltà straordinaria, pacifica, scientificamente ed intellettualmente avanzata, che però si è spenta nell'arco di una sola notte.
Una civiltà che aveva raggiunto il suo acme proprio quando noi avevamo ancora quella romana in piena conferma. E poi, puff!, sparita per sempre.
Ai più maliziosi verrebbe in mente la trama "scespiriana" del bellissimo Pianeta Proibito; e invece no. La stupefacente superciviltà non si è estinta per colpe proprie, o per la troppa perfezione raggiunta. Ma per il passaggio troppo ravvicinato di una cometa. E non una cometa qualsiasi. Ma quella che a noi annunciava la nascita del Salvatore per eccellenza.
I toni del racconto non erano certo polemici o atei, ma solo fatalisti, dubbiosi, quasi ironici e sicuramente educativi.
Io penso alla missione Rosetta ogni giorno.
E come tutti gli eterni bambini, rimpiango di non aver avuto un corpo perfetto come Luca Parmitano o Samantha Cristoforetti, di essere nato in questo periodo scientifico ancora così approssimativo ed arcaico. 
Mi piacerebbe, cioè, essere nel futuro del futuro. Da sempre.
Però, e nel frattempo, nelle mie condizioni attuali, così come sono adesso, mi auguro che gli scienziati dell'Esa non trovino risposte. Nulla di nulla. 
Io voglio ancora immaginare, tutto qua. 

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