18 maggio 2017

Times are gone for honest men, dear Chris Cornell

Maggio 1995, sono chiuso in un ospedale: ne avrò per cinque mesi pressoché consecutivi. Siamo gli unici quattro malati di tutto il padiglione con problemi veri e seri di salute. Tra noi c'è un'intesa spontanea, quasi cameratesca.
Uno di questi è un giovanissimo bassista hard rock: ascolta la musica dal suo walkman ad altissimo volute, addirittura con le cuffie senza spugne, "perché voglio sentire tutto".

Mentre parla e straparla, da quel walkman parte
Stuttering, cold and damp
Steal the warm wind tired friend
Times are gone for honest men
And sometimes far too long for snakes
In my shoes, a walking sleep
And my youth I pray to keep
Heaven sent hell away
No one sings like you anymore
Black hole sun
Won't you come
And wash away the rain
Black hole sun
Won't you come
Won't you come
È il mio primo incontro con Chris Cornell.
Uomo di rara bellezza e di incredibile vocalità, era tra i pochi rappresentanti del cosiddetto grunge ad essere uscito bene dal "copia-e-scopiazza Neil Young": proponeva, cioè, una musica che sapeva rispettare quella del passato e nel contempo indicare nuovi orizzonti sonori.
Coraggioso, arguto, sensibile, forse cinico, col suo Euphoria Morning mi aprì l'anima, ci entrò dentro e ci sguazzò per mesi, senza mai farmi male, ma lasciandomi un languore e una nostaglia-del-non-so-cosa che ancora oggi sento vibrare in qualche antro nascosto della mia coscienza.
Chris Cornell sapeva essere violento, seducente, sensibile, assoluto, intimo e popolare. E insieme a Live And Let Die dei Wings, il suo opening di Casino Royale resta tra i più devastanti che abbia mai aperto le gesta di 007.

Se l'altro anno abbiamo perso un padre, anzi IL padre, David Bowie; quest'anno è venuto a mancare un fratello.
So long Chris Cornell

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