05 gennaio 2018

Umbria Jazz Winter, tutto fuorché le auto

È la sesta edizione consecutiva di Umbria Jazz Winter che mi vede come spettatore vorace. 
E ogni volta sbatto il grugno sugli stessi problemi di sempre. Per carità, nulla a che vedere con la musica: è l'amministrazione che mi inquieta. Di sinistra o di destra che sia (stata), si ostina a commettere sempre gli stessi errori.
Per dire: perché le auto possono girare dentro Orvieto? È una cittadina microscopica, ricca di scorci e testimonianze antiche. Che senso ha violentarla con la nostra maleducata pigrizia? Al netto di invalidi e persone anziane, che hanno tutti i diritti del mondo, il resto delle auto dovrebbe sparire immantinente.
Perché le attività commerciali chiudono all'ora di pranzo per poi riaprire il pomeriggio tardi? Capisco durante i periodi meno turistici, ma farlo durante le feste natalizie è controproducente.
Perché le attività ricettive sparano prezzi mostruosi che di fatto sottraggono i più giovani dalla possibile possibilità di assistere a concerti comunque istruttivi?
E, tanto per tirare le orecchie anche all'organizzazione: perché parte dei concerti è stata proposta in sale con regolare prevendita, ma senza poltrone numerate? D'inverno a Orvieto fa freddo, o comunque è umido: costringere le persone a file di quasi un'ora, nonostante il biglietto regolarmente acquistato, è da sciocchi.
Per tacere degli spazi tra una fila e l'altra: io sono alto solo 1,73, e mi sono trovato le ginocchia dentro le orecchie; chi mi supera in altezza, tanto vale che resti a casa.
Non credo di aver denunciato chissà quali problemi irrisolvibili. Poi, fate voi...

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