16 marzo 2024

FAIR PLAY, UN FILM CHE ARRIVA "DOPO"

Fair Play (2023) è un film strano: presi singolarmente gli elementi che lo compongono non funzionano; ma la loro somma, invece, segna la mente dello spettatore a distanza di tempo.

Interpretato da due attori sottotono (lei, l’avete vista su Bridgerton; lui, su Solo), con una fotografia didascalica, una regia sommessa e una musica che dimentichi dopo un minuto, ha una trama prevedibile e senza ritmo: “un disastro”, penserete.

Eppure, la storia di una donna in carriera che riesce a sfondare, con un fidanzato che invece non sa accettare quei successi, colpisce proprio perché è tutto così banale e finto e mal raccontato, che il guizzo finale (veramente alla fine: dura cinque secondi, neanche) sembra “solo” un rimedio narrativo per salvare il film.

Poi, però, dopo accade qualcosa dentro la mente dello spettatore, qualcosa che lavora inesorabilmente e con dissimulata caparbietà, che riempie gli spazi delle giornate, che pone dei dubbi e falsa tutte le risposte, che rende esattamente l’angoscia della donna, la sua difficoltà di realizzarsi, la pochezza del maschio “ferito” (da cosa? vallo a capire).

Insomma, io vi consiglio di vederlo perché sono convinto che lavorerà nella vostra anima così come ha scavato nella mia

09 marzo 2024

ORCHE, DI MARE, DI LIBRO E DI CINEMA

Piccola premessa: è impossibile fotografare le balene mentre si accoppiano. Così impossibile che questa foto, così dolce e sorprendente, ha immediatamente fatto il giro del mondo: Lyle Krannichfeld e Brandi Romano hanno catturato due megattere mentre fanno l’amore.

Solo dopo, ad una visione più attenta, si è scoperto che a scambiarsi le effusioni sono due maschi. Quello che per certi ominicchi è contronatura, in realtà (e per fortuna) è Natura. Sempre.

Da un mammifero acquatico di eleganti movenze (benché Melville considerasse “pesci” le balene), passiamo a un mammifero acquatico di elegante ferocia: l’orca, definita maldestramente “assassina” (“killer”, per gli anglofoni).

Quindici giorni fa, è uscita un'argomentata polemica sul presunto inedito di Stefano D’Arrigo, finora noto solo per il suo poderoso Horcynus Orca (1975), romanzo post-verista di indubbio fascino. 

Neanche a farlo apposta, un mese fa, in Sud Africa, è stata ripresa un’orca mentre strappava il fegato a uno squalo nel giro di pochi minuti.

Non è la prima volta che càpita. La tecnica venatoria di questo meraviglioso mammifero consiste nell’approfittare di un “difetto di fabbrica” degli squali: se li giri su loro stessi, vanno in tanatosi, rendendoli indifesi e inoffensivi quel tanto che basta per farne scempio. Per carità, un essere umano neanche riuscirebbe a fare il solletico a uno squalo… ma l’orca è l’orca.

Al che, potere della memoria, viene immediatamente in mente una scena simile da L’orca assassina (1977, una quasi risposta allo Squalo), quando uno dei protagonisti sta per essere ucciso da uno squalo e viene appunto salvato dalla possanza di un’orca di passaggio, che scaraventa per aria il perfido pescione, per poi farlo a pezzi. 

Un film discreto, molto amato dal protagonista (Richard Harris), che vede l’esordio della bellona Bo Derek, ben prima di esplodere con 10 (1979). Esordio sfortunatissimo, va detto: a metà film, l’orca le spezza una gamba; alla fine, non paga, gliela divora, gesso compreso.

Il regista Michael Anderson lo conoscete per un mucchio di film eterogenei: uno di questi, La fuga di Logan (1976, quasi risposta a L’uomo che fuggì dal futuro), vede il quasi esordio della bellona Farrah Fawcett: anche in questo caso, il suo personaggio muore male, molto male.

06 marzo 2024

NYAD

In questi giorni, Jodie Foster è in cima all’attenzione dei media perché coinvolta nel quarto True Detective. Tra i tanti film che ha impreziosito con la sua eccellente recitazione, segnalo uno tra gli ultimi, Nyad (dov’è candidata all’Oscar come non protagonista, peraltro), perché si presta a qualche ragionamento.

Leggendo la scheda sul Wikipedia inglese, infatti, in coda vengono indicate molte e consistenti polemiche che sminuiscono la portata dell’impresa raccontata: una donna ormai 64enne riesce a nuotare, in solitaria e senza gabbia di protezione, da Cuba fino alla Florida; 177 chilometri faticosi e rischiosissimi.

Il film è così potente e credibile, che alla fine poco importa se le cose non siano andate proprio come vengono raccontate, poco interessa sapere che l’impresa non sia stata catalogata perché non conforme al regolamento vigente del Guinnes dei Primati. Il film racconta una storia, punto.

E lo sottolineo perché i temi narrati sono universali, la tenacia e la credibilità delle due protagoniste va ben oltre le personalità rappresentate, perché le imprese impossibili riescono solo quando sei circondato da chi sa criticarti e appoggiarti al tempo stesso.

Nyad non celebra una donna, ma la potenza insita della femminilità. Nonostante non voglia essere femminista, è molto più femminista di certi film dichiarati, perché delinea le sfumature delle incertezze che le donne vivono sulla propria pelle ogni giorno, anche quelle combattute contro sé stesse.

E il finale, così vivo e palpitante, strappa più di una lacrima di commozione, perché sono convinto che ogni spettatrice vi intraveda le proprie battaglie quotidiane - e quella rara capacità di rialzarsi immediatamente, costi quello che costi

05 marzo 2024

WE ARE THE WORLD - LA NOTTE CHE HA CAMBIATO IL POP

«Se scoppia una bomba adesso, John Denver torna primo in classifica»

«Lasciate il vostro ego fuori dalla porta»

Con queste due boutade, possiamo riassumere quella notte in cui USA for Africa registrò “We Are the World”. Una e una sola notte per mettere insieme 46 stelle di prima grandezza del panorama musicale americano degli anni ‘80, e far cantare loro un piccolo gioiello pop che ancora oggi potrebbe tranquillamente scalare le classifiche di mezzo mondo.

Nato come “risposta” a Band Aid («i bianchi che hanno fatto qualcosa per i nostri fratelli, ma prima di noi»), il brano fu composto da Lionel Richie e Michael Jackson… con una quasi aggiunta di Stevie Wonder, che intervenne in ritardo, a demo in corso di registrazione, perché non aveva risposto in tempo alle numerose telefonate di Quincy Jones, l’architetto dell’intera operazione.

C’è un film online che racconta bene l’intera vicenda, dove si respira un modo di fare canzoni, di organizzare eventi, che oggi potrebbe anche far sorridere, ma che di fatto restituisce nitidamente l’inventiva e le capacità “analogiche” di promoter, registi, organizzatori, compositori, musicisti, cantanti.

Già la scena in cui viene spedito a ognuno dei partecipanti un demo su musicassetta - solo due giorni prima la registrazione (!) - fa pensare che a quell’età della pietra c’erano modi e modalità che funzionavano solo grazie alla tensione e attenzione delle persone in carne e ossa, e non delle “macchine”.

E che dire di chi studiò le sequenze degli assolo, scegliendo chi e come dovrà partecipare, e chi verrà escluso? Oggi sarebbe impensabile.

L’intero film è denso di aneddoti tecnici, musicali, umani, anche di pettegolezzi, di ripicche nascoste, di personalismi, di vizi e di incapacità. Valga per tutti Bob Dylan che chiede aiuto proprio a Wonder su come improvvisare il suo passaggio solista.

Certo, ad essere cinici si possono avanzare tante riserve su iniziative come queste. Ma il modello che noi viviamo è questo, prendere o lasciare: se non ci sta bene, siamo addirittura liberi di contestarlo, anche se poi facciamo di tutto per restarci dentro, quatti quatti e ben lontani dall’autocritica autentica

07 febbraio 2024

MAESTRO

Quella di Leonard Bernstein è stata una personalità così multiforme e multicolore, che è complicato riassumerla in poche righe.

Innanzitutto, fu tra i pochi suoi contemporanei a credere nella contaminazione tra generi, tanto che le sue stesse composizioni spaziano in maniera dolce e credibile dal Mozart più austero al jazz be-bop, passando per Beethoven o per la dodecafonia.

È stato tra i primi a restituire la giusta visibilità alla musica di Gustav Mahler, dando risalto alla sua insospettabile leggerezza, ma anche enfatizzandone i riferimenti alla cultura ebraica, sparsi nelle sue nove sinfonie. Personalmente, preferisco le direzioni del compianto Sinopoli, asburgiche e spirituali al tempo stesso; ma il Mahler di Bernstein è veramente oltre.

Bernstein sapeva divulgare con grazia, competenza e misura, coinvolgendo anche le menti poco avvertite e i giovanissimi. Inoltre, ha stravolto la composizione dei musical, con partiture di rara modernità e freschezza, aggiornando l’intero genere e donandogli nuova linfa vitale.

Le sue direzioni erano muscolari, esagerate, esagitate, piene di sudore e fatica, ma anche di sorrisi e rinascite; sicuramente, uniche e indimenticabili.

Non ha mai sofferto la sua bisessualità né tantomeno obbligato i suoi cari a comprenderla.

Ebbene, tutto questo (e molto altro che ho dimenticato) s’intravede appena in Maestro, un film fatto di molti (troppi) accenni. Molti critici hanno insistito nel dire che il perno della trama sia l’omosessualità di Bernstein - e la sua sofferenza nel viverla. In realtà, tutta questa sofferenza nel film non si vede. Oltretutto, era cosa nota a tutti! Perché inventarsi un drammone così inesistente?

Il vero problema è che il film non funziona del tutto, risultando piacevole ma lungo e rarefatto. Non ha un vero e proprio riferimento, non centra l’importanza di una figura così fondamentale per la cultura occidentale. Certo, la direzione della fotografia è impeccabile, Bradley Cooper è esatto, Carey Mulligan è magnifica; ma non bastano

06 febbraio 2024

IL MONDO DIETRO TE

La trama de Il mondo dietro di te è ansiosa e ansiogena, anche se non ha guizzi o cali. Poi, dopo un’ora e poco più, sembra arenarsi in attesa del non-finale.

Una coppia con due figli passerà un weekend fuori New York, affittando una villetta d’élite poco lontano dalla Grande Mela. Proprio mentre salta la connessione internet, apparentemente per banali motivi tecnici, si presentano alla porta il presunto proprietario dello stabile e la figlia adolescente. Mentre la realtà intorno alla villetta comincia a perdere pezzi, il rapporto tra le due famiglie subisce continui strappi e connessioni, arrivando a un finale in levare che volutamente non risolve il dramma tecnologico (e militare) che si sta prospettando all’orizzonte.

A differenza di altri film sul tema, la regia e la direzione della fotografia puntano moltissimo sulla forma, tanto che in alcuni momenti è così bello il come viene raccontata la trama, da farci perdere di vista il cosa. Non è una colpa, per carità; però il film dura troppo e tanta bellezza formale sembra più un riempitivo che una cifra stilistica.

La scena da salvare è quella con le Tesla (non aggiungo altro), mentre qualche taglio qua e là avrebbe limitato al minimo il sospetto di approccio semplicistico a temi invece allarmanti che ci riguardano tutti e molto da vicino.

Se sulle scene con i cervi stenderei un velo pietoso, sulla scelta del regista di usare Friends come MacGuffin, Wired ha scritto questo (leggetelo dopo la visione)

19 gennaio 2024

DAL BASSO VERSO L'ALTRO di Alessandro Loppi con Enzo Pietropaoli (ARCANA)

“dal Basso verso l’altro - un giorno e la vita di un musicista” è nato durante l’assalto a una carbonara, in quel di una tipica trattoria di Testaccio, nell’ottobre del 2020, a lockdown appena concluso.

Il protagonista, Enzo Pietropaoli, è uno dei contrabbassisti non-solo-jazz più bravi in circolazione da quasi 50 anni: vanta una prestigiosa carriera musicale tra le più eterogenee dell’intero panorama musicale italiano e straniero.
Sin dall’inizio
non volevamo proporre una canonica autobiografia fatta di eventi, di drammi, di cronologie e di ovvietà. Nel contempo, non abbiamo cercato l’originalità ad ogni costo. Sicuramente, è un libro per chi ama la musica, ma punta anche ad andare oltre: abbiamo voluto rappresentare un uomo, i suoi dubbi, i suoi entusiasmi, le sue passioni e anche il mondo che cambiava sotto i suoi occhi.
La sinossi:

È dal dicembre del 2011 che si conoscono. Ed è da quei giorni che Alessandro ha chiesto ad Enzo di raccontare la sua storia, tempestandolo di domande, di proposte, di progetti. Ma Enzo ha sempre declinato l’invito; lui, così riservato e poco attratto dall’autocelebrazione.
Da quell’assedio è nata comunque un’amicizia, fatta di lunghe passeggiate, di confidenze, di passioni comuni e di carbonare fumanti.
Finché, la notte prima di compiere 65 anni, Enzo vive un’esperienza nuova. È solo, nel suo lettone, sta riguardando The Last Waltz di Martin Scorsese che lo sta portando da qualche parte: da sotto la porta di casa scintillano sensazioni, immagini del passato, sapori e sguardi di mille concerti che hanno costellato la sua lunga carriera. Anziché nascondersi sotto le coperte, Enzo decide di lasciarli entrare uno ad uno, riempiendo la casa di ricordi, di gioie e di dolori, di note e di passioni.
Ne parla con Alessandro e decidono di creare qualcosa: un testo che magari esca dalle liturgie della biografia classica e possa coinvolgere chiunque, non solo il musicista o l’appassionato. 
Questo libro coglie gli attimi e li raccoglie dentro capitoli brevi. Un flusso di memorie in cui si rincorrono racconti della vita del musicista, il percorso di un artista, le emozioni, le dinamiche dei gruppi, le diverse epoche storiche e i diversi generi musicali.
E ad ogni istante si accosta una carriera che matura, che mastica la vita, accanto a nomi che hanno segnato la Storia della Musica e non solo: Chet Baker, Enrico Rava, Massimo Urbani, Enrico Pieranunzi, Bob Berg, Danilo Rea, Ginger Baker e tantissimi altri. E poi il cinema, la radio, la televisione, che diventano pretesto per riflessioni sul mestiere del musicista, ma, soprattutto, sui sentimenti universali.
Ad ogni capitolo, segue una recensione non convenzionale e non cronologica, per prendersi una pausa, prima di riprendere la lettura.