Ti chiami Ridley Scott e sai escogitare inquadrature incredibili, e hai anche un inimitabile senso dei tempi narrativi.
Ti chiami Cormac McCarthy, e scrivi ottimi romanzi da cui è quasi spontaneo tirar fuori sceneggiature eccellenti.
Ti chiami Pietro Scalia, e sei tra i primi dieci montatori di tutti i tempi.
Ti chiami Michael Fassbender, e sai recitare alla grande (e sei pure bono e interessante al tempo stesso).
Ti chiami Javier Bardem e sei tra i pochi attori spagnoli con un viso che non ricorda canonici rodei e nacchere...
Insomma, comunque ti chiami potresti fare solo che un ottimo film. E, invece, The Counselor - Il procuratore è proprio venuto male. E di brutto pure.
Lento, ovvio, banale, privo di suspense, con un finale così scioccherello che potreste scriverlo anche voi dal tinello di casa, mentre vostra moglie sbollenta il cibo di due giorni fa.
Addirittura, la distribuzione dei ruoli è così sconclusionata che mia moglie ha interpretato quello di Brad Pitt in un modo, e io nell'altro: il bello è che coincidono comunque.
La Cruz si conferma la madrina del club Le insopportabili.
Bardem si è dimenticato di svestire il ruolo di villain che aveva in 007 SkyFall.
Alla Diaz, invece, è sfuggito il chirurgo.
Infine, Fassbender riesce a fare la figura del fesso (perennemente fesso, eh!).
Tra le curiosità spicciole: l'iniziale danza sessuale tra le lenzuola è identica a quella di Identificazione di una donna (ci fosse un critico che se ne sia accorto); è la prima volta nella storia del cinema in cui Brad Pitt non mangia e non si succhia poi le dita; c'è una brevissima e deliziosa inquadratura di Fassbender che guarda un poster con... Steve McQueen (l'attore, non il regista); il doppiaggio supera la follia quanto un banchiere chiede a Cameron Diaz "ti mancano le tue cìta?" (in inglese il ghepardo si chiama, appunto, cheetah).
Peccato.
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Saluti,
Alessandro