«Se scoppia una bomba adesso, John Denver torna primo in classifica»
«Lasciate il vostro ego fuori dalla porta»
Con queste due boutade, possiamo riassumere quella notte in cui USA for Africa registrò “We Are the World”. Una e una sola notte per mettere insieme 46 stelle di prima grandezza del panorama musicale americano degli anni ‘80, e far cantare loro un piccolo gioiello pop che ancora oggi potrebbe tranquillamente scalare le classifiche di mezzo mondo.
Nato come “risposta” a Band Aid («i bianchi che hanno fatto qualcosa per i nostri fratelli, ma prima di noi»), il brano fu composto da Lionel Richie e Michael Jackson… con una quasi aggiunta di Stevie Wonder, che intervenne in ritardo, a demo in corso di registrazione, perché non aveva risposto in tempo alle numerose telefonate di Quincy Jones, l’architetto dell’intera operazione.
C’è un film online che racconta bene l’intera vicenda, dove si respira un modo di fare canzoni, di organizzare eventi, che oggi potrebbe anche far sorridere, ma che di fatto restituisce nitidamente l’inventiva e le capacità “analogiche” di promoter, registi, organizzatori, compositori, musicisti, cantanti.
Già la scena in cui viene spedito a ognuno dei partecipanti un demo su musicassetta - solo due giorni prima la registrazione (!) - fa pensare che a quell’età della pietra c’erano modi e modalità che funzionavano solo grazie alla tensione e attenzione delle persone in carne e ossa, e non delle “macchine”.
E che dire di chi studiò le sequenze degli assolo, scegliendo chi e come dovrà partecipare, e chi verrà escluso? Oggi sarebbe impensabile.
L’intero film è denso di aneddoti tecnici, musicali, umani, anche di pettegolezzi, di ripicche nascoste, di personalismi, di vizi e di incapacità. Valga per tutti Bob Dylan che chiede aiuto proprio a Wonder su come improvvisare il suo passaggio solista.
Certo, ad essere cinici si possono avanzare tante riserve su iniziative come queste. Ma il modello che noi viviamo è questo, prendere o lasciare: se non ci sta bene, siamo addirittura liberi di contestarlo, anche se poi facciamo di tutto per restarci dentro, quatti quatti e ben lontani dall’autocritica autentica
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Saluti,
Alessandro