Per chi ama il genere, i Morelenbaum possono essere un bene; per chi non lo ama, sono meglio. Il motivo è da esplorare con l'attento ascolto: Jacques Morelenbaum frequenta la bossa nova senza prona liturgia, ma con la voglia di renderla fresca e attuale senza snaturarla delle sue radici più profonde (e sofferte, considerando le mortali censure subite dai grandi che l'hanno regalata a noi).
Insomma, il tropicalismo diventa pretesto per raccontare il Brasile tutto, anche con strumenti canonicamente europei (il violoncello in primis), senza perdersi nei meandri irritanti del facile ritmo con le spallucce borghesi o di una cerveza bevuta senza gusto.
Buon concerto, insomma, con insoliti picchi solistici (lui accarezza le corde con maschile deferenza) e vocalismi corretti ed eleganti. Da segnalare la sobria e metronomica batteria di Marcelo Costa con ricchi controtempi, sempre discreti, sempre raffinati.
Ad essere pignoli, la voce di Paula sente il peso della maturità e andrebbe riregistrata dentro stanze musicali più appropriate. Carino e curioso il cameo vocale della figlia Dora, voce fotocopia della mamma, ancora timida e insicura, ma dalle interessanti prospettive.
Brani? I classici di sempre, più alcune cose di Donato e Morelenbaum. No, niente "Garota de Ipanema" - per fortuna - ma una "Insensatez" da pelle d'oca e una "Manhã de Carnaval" da lacrime di gioia.
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