20 maggio 2010

la rete sotto controllo

La cosa di cui parla Gilioli sembra solo tecnica, ma di fatto c'è un pesante ed evidente tentativo di controllare la rete... un po' come sta accadendo in Iran o in Thailandia. Solo che lì il sangue si vede; qui si vedono solo tanti sorrisi, un popolo ebete, un'opposizione inconsistente e un presidente della Repubblica che sembra non voler capire quello che sta succedendo... ah dimenticavo, prendendo a pretesto queste mie frasi qualcuno in futuro potrebbe chiudere questo blog.

Prendere mouse e tastiera per denunciare come questo benedetto governo cerca di soffocare la rete è ormai diventato noioso per chi lo fa, figuriamoci per chi lo legge: sicché a scrivere post come questo viene prima da chiedere scusa per la ripetitività.
Ma d’altro canto forse è proprio quello su cui contano: prenderci per stanchezza, e quindi poter fare come gli pare.
Così, a costo di essere pallosi, tocca chiedere a tutti di leggersi con attenzione lo spaventoso articolo 3 del “codice di autoregolamentazione del Web” varato da Maroni (Interni) e Romani (comunicazione) o almeno dare un’occhiata all’analisi del sempre lucido Guido Scorza.

No, perché qui siamo di fronte a un inedito obbrobrio, con la richiesta esplicita ai service provider di rimuovere tutti «i contenuti illeciti o potenzialmente lesivi della dignità umana».
In altre parole, agli Isp viene conferita una funzione di poliziotti della Rete, di censori che devono vigilare sui loro utenti e valutare (loro!) quali contenuti sono «illeciti o potenzialmente lesivi della dignità umana» e quindi censurarli.
Non so se è chiaro: un bel giorno un signore che lavora a Vodafone o a Tiscali, a Telecom o a Fastweb, può decidere che il vostro post su Balotelli o su Berlusconi, su D’Alema o sul ristorante cinese sotto casa vostra, è “illecito” e quindi cancellarlo.
Bisogna avere la lucidità e la pacatezza di Scorza per vincere la tentazione di prendere a maleparole i due ministri e notare semplicemente che «in un ordinamento democratico è illecito solo ciò che contrasta con una norma di legge e solo dopo che un giudice lo ha dichiarato tale».

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