Io c'ero, e lo vidi fino alla fine. La RAI lo trasmise integralmente ma a pene di cane: una sorta di prima parte, in televisione; la seconda parte, alla radio; la terza e ultima parte, di nuovo in televisione, fino a notte tarda. Poi, il giorno dopo, propose in televisione quella parte che era andata solo alla radio.
03 settembre 2025
LIVE AID (Arcana)
Io c'ero, e lo vidi fino alla fine. La RAI lo trasmise integralmente ma a pene di cane: una sorta di prima parte, in televisione; la seconda parte, alla radio; la terza e ultima parte, di nuovo in televisione, fino a notte tarda. Poi, il giorno dopo, propose in televisione quella parte che era andata solo alla radio.
19 gennaio 2024
DAL BASSO VERSO L'ALTRO di Alessandro Loppi con Enzo Pietropaoli (ARCANA)
“dal Basso verso l’altro - un giorno e la vita di un musicista” è nato durante l’assalto a una carbonara, in quel di una tipica trattoria di Testaccio, nell’ottobre del 2020, a lockdown appena concluso.
Il protagonista, Enzo Pietropaoli, è uno dei contrabbassisti non-solo-jazz più bravi in circolazione da quasi 50 anni: vanta una prestigiosa carriera musicale tra le più eterogenee dell’intero panorama musicale italiano e straniero.
Sin dall’inizio non volevamo proporre una canonica autobiografia fatta di eventi, di drammi, di cronologie e di ovvietà. Nel contempo, non abbiamo cercato l’originalità ad ogni costo. Sicuramente, è un libro per chi ama la musica, ma punta anche ad andare oltre: abbiamo voluto rappresentare un uomo, i suoi dubbi, i suoi entusiasmi, le sue passioni e anche il mondo che cambiava sotto i suoi occhi.
La sinossi:
È dal dicembre del 2011 che si conoscono. Ed è da quei giorni che Alessandro ha chiesto ad Enzo di raccontare la sua storia, tempestandolo di domande, di proposte, di progetti. Ma Enzo ha sempre declinato l’invito; lui, così riservato e poco attratto dall’autocelebrazione.
Da quell’assedio è nata comunque un’amicizia, fatta di lunghe passeggiate, di confidenze, di passioni comuni e di carbonare fumanti.
Finché, la notte prima di compiere 65 anni, Enzo vive un’esperienza nuova. È solo, nel suo lettone, sta riguardando The Last Waltz di Martin Scorsese che lo sta portando da qualche parte: da sotto la porta di casa scintillano sensazioni, immagini del passato, sapori e sguardi di mille concerti che hanno costellato la sua lunga carriera. Anziché nascondersi sotto le coperte, Enzo decide di lasciarli entrare uno ad uno, riempiendo la casa di ricordi, di gioie e di dolori, di note e di passioni.
Ne parla con Alessandro e decidono di creare qualcosa: un testo che magari esca dalle liturgie della biografia classica e possa coinvolgere chiunque, non solo il musicista o l’appassionato.
Questo libro coglie gli attimi e li raccoglie dentro capitoli brevi. Un flusso di memorie in cui si rincorrono racconti della vita del musicista, il percorso di un artista, le emozioni, le dinamiche dei gruppi, le diverse epoche storiche e i diversi generi musicali.
E ad ogni istante si accosta una carriera che matura, che mastica la vita, accanto a nomi che hanno segnato la Storia della Musica e non solo: Chet Baker, Enrico Rava, Massimo Urbani, Enrico Pieranunzi, Bob Berg, Danilo Rea, Ginger Baker e tantissimi altri. E poi il cinema, la radio, la televisione, che diventano pretesto per riflessioni sul mestiere del musicista, ma, soprattutto, sui sentimenti universali.
Ad ogni capitolo, segue una recensione non convenzionale e non cronologica, per prendersi una pausa, prima di riprendere la lettura.
02 aprile 2015
The Alan Parsons Project, il saggio di Francesco Ferrua
Credo sia un brano da far ascoltare sia nelle scuole generiche che in quelle specialistiche, da cui c'è sempre qualcosa da imparare, ascolto dopo ascolto, senza mai stancarsi, senza che risulti stucchevole dopo la centesima volta.
Dall'intro al ritornello, passando per gli arrangiamenti, finendo con il breve solo di chitarra, con un reprise di rara asciuttezza, Eye in the skye ha il solo e unico difetto che non può essere sfiorato di un millimetro dalla sua essenza: la versione di Noa, per dire, è orribile; le esecuzioni dal vivo, poi, perdono per strada quell'insieme strutturale che mantiene limpida la versione in studio.
Qualcuno penserà che una canzone abbia senso anche se proposta live. Sono d'accordo. Però ci sono casi in cui il pop ha bisogno della sola ipocrisia di una buona produzione in studio; e non per questo perde di forza artistica e di essenza estetica.
E se è vero che chi non frequentava il Project lo ha sempre e solo ricondotto a questo singolo brano, è anche vero che l'attitudine produttiva del duo ha regalato alla storia della musica molti insospettabili gioielli.
Attenzione, non siamo nella stanza dei campioni ineludibili: però chi è appassionato di musica - e non si ferma di fronte a nulla - dovrebbe acquistare questo volume così corposo ed esauriente che sa raccontare l'intera vicenda del Project nelle sue innumerevoli forme, con una ricca aneddotica e un'esauriente appendice storica.
Paradossalmente, non so dire quanto Ferrua sia ben documentato, perché questo è il tipico caso di complesso che si conosce bene ma senza averlo approfondito più di tanto. In più ho pochissimi agganci con le mie conoscenze.
Però ha tutta l'aria di essere un saggista corretto nei confronti del suo pubblico e onesto sotto il profilo della prolusione. Poca agiografia, pochissime sbavature nella sintassi, una narrazione scorrevole e avvincente.
17 febbraio 2015
King Crimson, il pensiero del cuore - Un buon libro
Nicola Leonzio, cioè, racconta la storia (e la geografia) musicale della grande invenzione di Robert Fripp, senza mai strafare. Riesce a separare accuratamente il proprio gusto personale dalla cronaca, dalla tecnica, dalla qualità delle esecuzioni, dal profilo dei protagonisti.... senza mai sconfinare nell'uno o nell'altro campo.
È un libro denso ma ben scritto (un solo refuso, finora), dove si capisce l'impegno dello scrittore nell'aver voluto dire tanto ma senza aggredire il lettore, senza affogarlo con la sua presunzione.
Paradossalmente, è quasi un libro didattico, senza avere però quel peso liturgico che i libri didattici portano con sé, perlomeno nel nostro immaginario.
Certo, personalmente non condivido gli eccessivi riferimenti beatlesiani, specie ricordando certe dichiarazione proprie di Fripp. In più, non riesco a capire come mai Arcana si ostini a non guarnire questo tipo di libri con un accurato indice analitico. Ma sono due macchie trascurabili.
Mi piace poi il fatto che Leonzio non si scateni a farsi notare interpretando testi e dichiarazioni a proprio comodo. Ancor più va apprezzato il suo aver ascoltato anche cd meno noti, o comunque relegabili sullo scaffale per collezionisti: chi conosce bene i KC sa che vanno ascoltati anche questi live perché indicativi di un percorso tecnicoartistico di rara importanza storica. Mirabile, infine, la scelta di raccontare accordi e tecniche esecutive con linguaggio tecnico ma comprensibile.
In coda troviamo anche tre intriganti appendici: estratti da un’intervista a Robert Fripp; il chitarrista jazz Claudio Fiorentini illustra e analizza il solo acustico di Cirkus, il solo elettrico di The Night Watch (rivelando un segreto che non vi dirò) e il riff di Frame by Frame (con tanto di partiture esplicative); un altro chitarrista jazz, Andrea Gomellini, racconta la sua esperienza con il Guitar Craft.
Un libro che piace agli appassionati, ma che consiglio soprattutto ai giovani 2.0, quelli che non si fermano di fronte all'"antico" o che magari vogliono entrare nel cuore o nella memoria dei papà (e degli zii).
08 febbraio 2015
Peter Erskine fuori e dentro i Weather Report
Un libro che merita l'acquisto, anche da parte di chi non è appassionato di batteria e percussioni.
Salta subito all'occhio l'intenzione di non perdersi dietro inutili racconti d'infanzia o aneddoti troppo personali. Peter Erskine, infatti, ama divertirsi e far divertire il lettore, mettendo immediatamente in primo piano la musica e il suo strumento preferito: quella batteria, cioè, che lo trasformò in brevissimo tempo in un innovatore ancora attualissimo e in un pioniere della fusion meno ovvia (anche se lui per primo rifugge da questa definizione, ammettendo però la necessità economica di essersi dovuto cimentare anche con la muzak più insopportabile).
Ritroviamo grandi del passato come Jaco Pastorius, Joe Zawinul e Mike Brecker, più altri come gli Steps Ahead, Stan Kenton, Dave Weckl, Joni Mitchell, gli Steely Dan, Pat Metheny, Elvis Costello, Diane Krall, Wayne Shorter, John Patitucci... la lista è lunga e piena di sorprese.
Anzi, scopriamo pure gli angoli segreti di autentici monumenti come Manfred Eicher (un caratterino niente male) o Chick Corea (nella veste di inedito quanto eccellente batterista). In coda al testo figurano cinquanta titoli preferiti dall'autore tra i centinaia cui ha collaborato, anche come leader (anche qui molte sorprese).
03 febbraio 2015
Senza frontiere. Vita e musica di Peter Gabriel

Daryl Easlea ha scritto un'ottima biografia su un personaggio musicale che io personalmente ho sempre amato/odiato, trovandolo forse troppo sopravvalutato; sicuramente pionieristico nell'aggiornare o precedere i linguaggi, ma abbastanza statico nello stile. In fondo, ragionandoci sopra con un po' di onestà intellettuale, basta prendere la quarta opera di PG (nota anche come Security) per avere un'idea precisa dei sei/sette paradigmi della sua scrittura musicale. Infatti, escludendo la mirabile eccezione di Passion, le altre opere sembrano abbozzi e tentativi (i primi tre lp), o stanche ripetizioni (da So ad Up passando per lo sconnesso Us)
Al di là del gusto personale, va detto che il libro riesce con raro e preciso equilibrio a raccontarci un'era (più ere) musicale, un complesso storico (i Genesis), personaggi musicali di assoluto rilievo o importanza (Ezrin, Fripp, Rodhes, Levin e altri), il progresso tecnologico, le tecniche musicali, la vita privata di PG (senza esagerare con i pettegolezzi)... insomma, un gioiello di biografia che scade nell'agiografia solo una volta - a pagina 396 (l'ho volutamente segnata) - e che non rincorre mai i difetti della critica italiana, dove il relatore invece tende a parlare solo di se stesso e delle sue pippe mentali.
C'è solo un errore storico da chiarire: Easlea scrive che Levin si unì a Gabriel per il suo primissimo lp, proveniendo dai King Crimson. In realtà, Levin iniziò la collaborazione con il Re Cremisi nel 1981 (preceduto da un tour nel 1980), quando Car era già uscito da tempo (nel 1977).
Detto ciò, è un libro godibile e fluente che ha la rara capacità di farti venire voglia di riascoltare tutta la discografia di PG più e più volte; cosa che io ho appena finito di fare.
07 luglio 2014
chiediti chi erano Crosby, Stills, Nash (& Young)
Oltretutto, il nostro è tra i pochi fortunati ad aver fatto parte in primissima persona sia del panorama rock inglese che di quello americano, in egual misura, mietendo successi e consensi in ambedue le terre e seminando uno stile e un approccio ancora oggi validi e moderni.
Un viaggio, insomma, privo di sovrastrutture, ricco di aneddoti mai fini a se stessi, con ritratti onesti e mai livorosi di (quasi) tutti i nomi più importanti di ambedue le realtà musicali del periodo.
Purtroppo l'edizione italiana è tradotta coi piedi e manca totalmente di un indice analitico oltreché di una discografia più o meno parziale. È un difetto che ho riscontrato in quasi tutte le (auto)biografie musicali di questi anni, forse perché si pensa che il lettore debba per forza connettersi per trovare una precisa discografia online, forse per risparmiare i costi su un sedicesimo in più... ma resta comunque una grave lacuna.
Fatto sta che per ricostruire le peculiarità di una specifica canzone o di un intero lp (ancora esistevano gli lp!), dovrete armarvi di penna/evidenziatore per ricostruirvi un vostro personalissimo indice. Ne vale la pena.
Tempo fa avevo letto anche l'autobiografia di Neil Young, scontroso e ombroso sempre e ovunque. Onestamente, mi sembra meno genuina di questa, e comunque poco edificante.
Se insomma avete voglia di conoscere un'America che non c'è più, un modo di fare musica umano e tutt'altro che prefabbricato... questo è il libro che fa per voi.
02 maggio 2013
biografie musicali: "Luce e ombra. Incontro con Jimmy Page"
15 aprile 2010
delitti rock
Ricordo con commossa nostalgia le sue recensioni - con quei baffoni lunghi come il suo cognome - in quel di Tele+3, la brevissima parentesi televisiva gratuita e veramente culturale, veramente aperta, che caratterizzò la televisione italica privata.
Eppoi la sua Enciclopedia del Rock divisa per decadi è la meno strafalciona di tutte quelle che abbia mai letto; altro che le assurdità di wikipedia italia o di altri testi epigoni!
Per non parlare della sua Jam, una rivista che sa parlare di musica cercando disperatamente di restare fedele all'entusiasmo e contemporaneamente all'onestà intellettuale.
In questi giorni, quatto quatto, zitto zitto, ci ha regalato quest'ottimo saggio sui morti della musica rock. Posta così sembra quasi una provocazione, una mancanza di gusto, una morbosità senza remore. E invece Ezio Baffonemacchi riesce ad evitare ogni possibile buffoneria, regalandoci un saggio che in realtà celebra la grandezza di questi straordinari artisti.
Alla fine più che un'enciclopedia dei morti (tipo quella asciutta e asettica dei mormoni) questo saggio è la storia del rock in tutta la sua essenza: perché quando tocchi il cielo con un dito ti bruci sempre; e i grandi musicisti scomparsi prematuramente sono quelli che meglio hanno saputo raccontare un frammento dell'immensità del cielo.
A ogni pié sospinto ritrovi vecchi amici che ormai fanno parte del tuo ascolto musicale quotidiano, e ti commuovi nel vedere quanto dolore o quanta sfortuna (o quanta fatalità) si siano accaniti sulle menti più profonde o più vivaci. Dove la debolezza del saper vivere si trasforma in arte pura. Dove la paura della morte si trasforma in destino ignobile e cialtrone.
Un libro commovente, insomma. Ve ne consiglio caldamente l'acquisto.
11 giugno 2009
trilogia berlinese
La storia della musica, di tutta la Musica, passa per questo particolare periodo storico (anni '70 o giù di lì), quando cioè David Bowie, gonfio di coca e di manie varie, decide di rintanarsi nell'allora divisa capitale tedesca, per scappare dai suoi incubi e per inventare qualcosa di diverso, di insolito.
Bowie compie un'operazione incredibile, perché riesce a fondere le grandi tradizioni soul, pop e rock insieme alle novità elettroniche portate avanti dai Tangerine Dream (allora molto cerebrali), dai Popol Vuh (i più "coerenti") e dai Kraftwerk (i più rivoluzionari).
Ne nasce un trittico di (capo)lavori che ancora oggi si dimostra moderno e ricco di spunti per il futuro. Tra i collaboratori, si sa, figura l'immarcescibile Brian Eno. Mentre tra i collaboratori registriamo il monumento Robert Fripp.
Che poi parlare di trittico è forse inappropriato, visto che l'ultimo, Lodger, è il meno berlinese dei tre (anche se risente delle sperimentazioni lasciate a metà durante la lavorazione di Low e Heroes).
L'autore del testo si dimostra ben documentato e molto acuto, oltreché capace di saper raccontare il tutto con profonda semplicità e delicata ironia. Oltretutto va ben oltre altri testi e interviste già noti, riuscendo a regalarci un documento imprenscindibile anche per chi non fosse poi così interessato all'argomento.