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03 settembre 2025

LIVE AID (Arcana)

Il Live Aid è stato un concerto musicale svoltosi il 13 luglio 1985 al Wembley Stadium di Londra e al John Fitzgerald Kennedy Stadium di Philadelphia.
È stato il più grande collegamento satellitare e la più grande trasmissione su televisione di tutti i tempi: si stima infatti che quasi due miliardi di telespettatori in centocinquanta nazioni diverse abbiano assistito al concerto in diretta.
Il Live Aid è stato organizzato da Bob Geldof e Midge Ure allo scopo di ricavare fondi per alleviare la carestia che aveva colpito l'Etiopia in quegli anni

Io c'ero, e lo vidi fino alla fine. La RAI lo trasmise integralmente ma a pene di cane: una sorta di prima parte, in televisione; la seconda parte, alla radio; la terza e ultima parte, di nuovo in televisione, fino a notte tarda. Poi, il giorno dopo, propose in televisione quella parte che era andata solo alla radio.
Il vero problema furono i commentatori italici: sbrodoloni e chiacchieroni fin troppo.
Il libro di Arcana rende merito e omaggio a quell'impresa, riuscendo a coniugare dati statistici, elementi storici, aneddotica, dietro le quinte, scalette, analisi di tutte le performance (con tanto di minutaggio e orario), biografie dei protagonisti (aggiornate fino a oggi).
Un lavoro difficile e complesso, ma perfettamente riuscito.
Il suo unico apparente difetto è che potrebbe sembrare un'operazione nostalgia, mentre invece sono convinto che meriti una profonda lettura anche da parte delle nuove generazioni: quando storciamo il naso di fronte ai "vostri" cantanti non è solo per incomprensione tra generazioni (che poi nella musica non sussiste), ma perché anche quando i "nostri" erano commerciali, non usavano l'autotune, le basi preregistrate e sapevano sdrumare l'universo con la qualità.

19 gennaio 2024

DAL BASSO VERSO L'ALTRO di Alessandro Loppi con Enzo Pietropaoli (ARCANA)

“dal Basso verso l’altro - un giorno e la vita di un musicista” è nato durante l’assalto a una carbonara, in quel di una tipica trattoria di Testaccio, nell’ottobre del 2020, a lockdown appena concluso.

Il protagonista, Enzo Pietropaoli, è uno dei contrabbassisti non-solo-jazz più bravi in circolazione da quasi 50 anni: vanta una prestigiosa carriera musicale tra le più eterogenee dell’intero panorama musicale italiano e straniero.
Sin dall’inizio
non volevamo proporre una canonica autobiografia fatta di eventi, di drammi, di cronologie e di ovvietà. Nel contempo, non abbiamo cercato l’originalità ad ogni costo. Sicuramente, è un libro per chi ama la musica, ma punta anche ad andare oltre: abbiamo voluto rappresentare un uomo, i suoi dubbi, i suoi entusiasmi, le sue passioni e anche il mondo che cambiava sotto i suoi occhi.
La sinossi:

È dal dicembre del 2011 che si conoscono. Ed è da quei giorni che Alessandro ha chiesto ad Enzo di raccontare la sua storia, tempestandolo di domande, di proposte, di progetti. Ma Enzo ha sempre declinato l’invito; lui, così riservato e poco attratto dall’autocelebrazione.
Da quell’assedio è nata comunque un’amicizia, fatta di lunghe passeggiate, di confidenze, di passioni comuni e di carbonare fumanti.
Finché, la notte prima di compiere 65 anni, Enzo vive un’esperienza nuova. È solo, nel suo lettone, sta riguardando The Last Waltz di Martin Scorsese che lo sta portando da qualche parte: da sotto la porta di casa scintillano sensazioni, immagini del passato, sapori e sguardi di mille concerti che hanno costellato la sua lunga carriera. Anziché nascondersi sotto le coperte, Enzo decide di lasciarli entrare uno ad uno, riempiendo la casa di ricordi, di gioie e di dolori, di note e di passioni.
Ne parla con Alessandro e decidono di creare qualcosa: un testo che magari esca dalle liturgie della biografia classica e possa coinvolgere chiunque, non solo il musicista o l’appassionato. 
Questo libro coglie gli attimi e li raccoglie dentro capitoli brevi. Un flusso di memorie in cui si rincorrono racconti della vita del musicista, il percorso di un artista, le emozioni, le dinamiche dei gruppi, le diverse epoche storiche e i diversi generi musicali.
E ad ogni istante si accosta una carriera che matura, che mastica la vita, accanto a nomi che hanno segnato la Storia della Musica e non solo: Chet Baker, Enrico Rava, Massimo Urbani, Enrico Pieranunzi, Bob Berg, Danilo Rea, Ginger Baker e tantissimi altri. E poi il cinema, la radio, la televisione, che diventano pretesto per riflessioni sul mestiere del musicista, ma, soprattutto, sui sentimenti universali.
Ad ogni capitolo, segue una recensione non convenzionale e non cronologica, per prendersi una pausa, prima di riprendere la lettura.

02 aprile 2015

The Alan Parsons Project, il saggio di Francesco Ferrua

Quando mi chiedono quale sia la mia idea di canzone pop perfetta, non esito un secondo e dico Eye in the sky di Alan Parsons Project
Credo sia un brano da far ascoltare sia nelle scuole generiche che in quelle specialistiche, da cui c'è sempre qualcosa da imparare, ascolto dopo ascolto, senza mai stancarsi, senza che risulti stucchevole dopo la centesima volta.
Dall'intro al ritornello, passando per gli arrangiamenti, finendo con il breve solo di chitarra, con un reprise di rara asciuttezza, Eye in the skye ha il solo e unico difetto che non può essere sfiorato di un millimetro dalla sua essenza: la versione di Noa, per dire, è orribile; le esecuzioni dal vivo, poi, perdono per strada quell'insieme strutturale che mantiene limpida la versione in studio.
Qualcuno penserà che una canzone abbia senso anche se proposta live. Sono d'accordo. Però ci sono casi in cui il pop ha bisogno della sola ipocrisia di una buona produzione in studio; e non per questo perde di forza artistica e di essenza estetica.
E se è vero che chi non frequentava il Project lo ha sempre e solo ricondotto a questo singolo brano, è anche vero che l'attitudine produttiva del duo ha regalato alla storia della musica molti insospettabili gioielli.
Attenzione, non siamo nella stanza dei campioni ineludibili: però chi è appassionato di musica - e non si ferma di fronte a nulla - dovrebbe acquistare questo volume così corposo ed esauriente che sa raccontare l'intera vicenda del Project nelle sue innumerevoli forme, con una ricca aneddotica e un'esauriente appendice storica.
Paradossalmente, non so dire quanto Ferrua sia ben documentato, perché questo è il tipico caso di complesso che si conosce bene ma senza averlo approfondito più di tanto. In più ho pochissimi agganci con le mie conoscenze. 
Però ha tutta l'aria di essere un saggista corretto nei confronti del suo pubblico e onesto sotto il profilo della prolusione. Poca agiografia, pochissime sbavature nella sintassi, una narrazione scorrevole e avvincente.
 

17 febbraio 2015

King Crimson, il pensiero del cuore - Un buon libro

Finalmente un buon libro sui "miei" King Crimson. E non tanto per quello che dice, ma per l'impostazione. 
Nicola Leonzio, cioè, racconta la storia (e la geografia) musicale della grande invenzione di Robert Fripp, senza mai strafare. Riesce a separare accuratamente il proprio gusto personale dalla cronaca, dalla tecnica, dalla qualità delle esecuzioni, dal profilo dei protagonisti.... senza mai sconfinare nell'uno o nell'altro campo.
È un libro denso ma ben scritto (un solo refuso, finora), dove si capisce l'impegno dello scrittore nell'aver voluto dire tanto ma senza aggredire il lettore, senza affogarlo con la sua presunzione.
Paradossalmente, è quasi un libro didattico, senza avere però quel peso liturgico che i libri didattici portano con sé, perlomeno nel nostro immaginario.
Certo, personalmente non condivido gli eccessivi riferimenti beatlesiani, specie ricordando certe dichiarazione proprie di Fripp. In più, non riesco a capire come mai Arcana si ostini a non guarnire questo tipo di libri con un accurato indice analitico. Ma sono due macchie trascurabili.
Mi piace poi il fatto che Leonzio non si scateni a farsi notare interpretando testi e dichiarazioni a proprio comodo. Ancor più va apprezzato il suo aver ascoltato anche cd meno noti, o comunque relegabili sullo scaffale per collezionisti: chi conosce bene i KC sa che vanno ascoltati anche questi live perché indicativi di un percorso tecnicoartistico di rara importanza storica. Mirabile, infine, la scelta di raccontare accordi e tecniche esecutive con linguaggio tecnico ma comprensibile.
In coda troviamo anche tre intriganti appendici: estratti da un’intervista a Robert Fripp; il chitarrista jazz Claudio Fiorentini illustra e analizza il solo acustico di Cirkus, il solo elettrico di The Night Watch (rivelando un segreto che non vi dirò) e il riff di Frame by Frame (con tanto di partiture esplicative); un altro chitarrista jazz, Andrea Gomellini, racconta la sua esperienza con il Guitar Craft.
Un libro che piace agli appassionati, ma che consiglio soprattutto ai giovani 2.0, quelli che non si fermano di fronte all'"antico" o che magari vogliono entrare nel cuore o nella memoria dei papà (e degli zii).

08 febbraio 2015

Peter Erskine fuori e dentro i Weather Report

Divertente, interessante e anche istruttivo: i tre aggettivi che vengono in mente appena conclusa la lettura di questa autobiografia di Peter Erskine
Un libro che merita l'acquisto, anche da parte di chi non è appassionato di batteria e percussioni.
Salta subito all'occhio l'intenzione di non perdersi dietro inutili racconti d'infanzia o aneddoti troppo personali. Peter Erskine, infatti, ama divertirsi e far divertire il lettore, mettendo immediatamente in primo piano la musica e il suo strumento preferito: quella batteria, cioè, che lo trasformò in brevissimo tempo in un innovatore ancora attualissimo e in un pioniere della fusion meno ovvia (anche se lui per primo rifugge da questa definizione, ammettendo però la necessità economica di essersi dovuto cimentare anche con la muzak più insopportabile). 
Ritroviamo grandi del passato come Jaco Pastorius, Joe Zawinul e Mike Brecker, più altri come gli Steps Ahead, Stan Kenton, Dave Weckl, Joni Mitchell, gli Steely Dan, Pat Metheny, Elvis Costello, Diane Krall, Wayne Shorter, John Patitucci... la lista è lunga e piena di sorprese. 
Anzi, scopriamo pure gli angoli segreti di autentici monumenti come Manfred Eicher (un caratterino niente male) o Chick Corea (nella veste di inedito quanto eccellente batterista). In coda al testo figurano cinquanta titoli preferiti dall'autore tra i centinaia cui ha collaborato, anche come leader (anche qui molte sorprese).

03 febbraio 2015

Senza frontiere. Vita e musica di Peter Gabriel

Finalmente Arcana azzecca una buona biografia musicale, mantenendo al minimo i refusi (meno gravi del solito), poco più che decente la traduzione, e soprattutto aggiungendo alla fine un indice analitico (la discografia completa, invece, è implicitamente e chiaramente schematizzata all'interno del libro). Insomma, un eccellente passo avanti rispetto alle ultime uscite.
Daryl Easlea ha scritto un'ottima biografia su un personaggio musicale che io personalmente ho sempre amato/odiato, trovandolo forse troppo sopravvalutato; sicuramente pionieristico nell'aggiornare o precedere i linguaggi, ma abbastanza statico nello stile. In fondo, ragionandoci sopra con un po' di onestà intellettuale, basta prendere la quarta opera di PG (nota anche come Security) per avere un'idea precisa dei sei/sette paradigmi della sua scrittura musicale. Infatti, escludendo la mirabile eccezione di Passion, le altre opere sembrano abbozzi e tentativi (i primi tre lp), o stanche ripetizioni (da So ad Up passando per lo sconnesso Us)
Al di là del gusto personale, va detto che il libro riesce con raro e preciso equilibrio a raccontarci un'era (più ere) musicale, un complesso storico (i Genesis), personaggi musicali di assoluto rilievo o importanza (Ezrin, Fripp, Rodhes, Levin e altri), il progresso tecnologico, le tecniche musicali, la vita privata di PG (senza esagerare con i pettegolezzi)... insomma, un gioiello di biografia che scade nell'agiografia solo una volta - a pagina 396 (l'ho volutamente segnata) - e che non rincorre mai i difetti della critica italiana, dove il relatore invece tende a parlare solo di se stesso e delle sue pippe mentali.
C'è solo un errore storico da chiarire: Easlea scrive che Levin si unì a Gabriel per il suo primissimo lp, proveniendo dai King Crimson.  In realtà, Levin iniziò la collaborazione con il Re Cremisi nel 1981 (preceduto da un tour nel 1980), quando Car era già uscito da tempo (nel 1977).
Detto ciò, è un libro godibile e fluente che ha la rara capacità di farti venire voglia di riascoltare tutta la discografia di PG più e più volte; cosa che io ho appena finito di fare.



07 luglio 2014

chiediti chi erano Crosby, Stills, Nash (& Young)

Ho letteralmente divorato questo "Wild tales. La mia vita rock'n'roll" di Graham Nash, godibile autobiografia, ma soprattutto ritratto a tutto tondo di un'epoca musicale irripetibile, inarrivabile e inestimabile.
Oltretutto, il nostro è tra i pochi fortunati ad aver fatto parte in primissima persona sia del panorama rock inglese che di quello americano, in egual misura, mietendo successi e consensi in ambedue le terre e seminando uno stile e un approccio ancora oggi validi e moderni.
Un viaggio, insomma, privo di sovrastrutture, ricco di aneddoti mai fini a se stessi, con ritratti onesti e mai livorosi di (quasi) tutti i nomi più importanti di ambedue le realtà musicali del periodo.
Purtroppo l'edizione italiana è tradotta coi piedi e manca totalmente di un indice analitico oltreché di una discografia più o meno parziale. È un difetto che ho riscontrato in quasi tutte le (auto)biografie musicali di questi anni, forse perché si pensa che il lettore debba per forza connettersi per trovare una precisa discografia online, forse per risparmiare i costi su un sedicesimo in più... ma resta comunque una grave lacuna.
Fatto sta che per ricostruire le peculiarità di una specifica canzone o di un intero lp (ancora esistevano gli lp!), dovrete armarvi di penna/evidenziatore per ricostruirvi un vostro personalissimo indice. Ne vale la pena.
Tempo fa avevo letto anche l'autobiografia di Neil Young, scontroso e ombroso sempre e ovunque. Onestamente, mi sembra meno genuina di questa, e comunque poco edificante.
Se insomma avete voglia di conoscere un'America che non c'è più, un modo di fare musica umano e tutt'altro che prefabbricato... questo è il libro che fa per voi.

02 maggio 2013

biografie musicali: "Luce e ombra. Incontro con Jimmy Page"

Reduce dalla lettura de Il martello degli dei, mi sono avvicinato con un po' di scetticismo a questo bellissimo Luce e ombra. Incontro con Jimmy Page.
E già: ero rimasto così scottato dal sensazionalismo e dalla morbosità gratuita di Stephen Davis, che temevo in un doppione. 
L'unico elemento a favore era l'impostazione: un'intervista è pur sempre una voce senza filtri; a meno che non fai domande proprio sceme, qualcosa di buono uscirà fuori. 
Ed infatti Brad Tolinski riesce a restituirci una figura a tutto tondo di un chitarrista decisamente leggendario ma anche storicamente necessario.
Gli stessi aneddoti proposti da Davis, qui diventano qualcosa di più profondo e sferico, nonché sensato e contestualizzato. 
In più, si parla di musica, sia sul piano storico/culturale che su quello tecnico. Certo, gli smanettoni delle sei corde chiederanno di più, ma c'è quanto basta per deliziare gli ascoltatori più curiosi ed esigenti.
Incontrerete anche le testimonianze di Eric Clapton, John Paul Jones, Paul Rodgers e Jack White, nonché curiose collaborazioni con Tom Jones, Shirley Bassey, Burt Bacharach... e 007!
E subito dopo, imbraccerete il vostro stereo per spararvi ad alto volume How the West Was Won... tutto d'un fiato.

15 aprile 2010

delitti rock

Ezio Guaitamacchi appartiene a quella rara categoria di persone cui vuoi bene subito, senza indugio. Nonostante sia di una competenza mostruosa, nonostante conosca perfettamente il mondo della musica, è ancora umile, simpatico, affabile e comprensibile. È un gran peccato che non abbia spazio nelle reti televisive nazionali.
Ricordo con commossa nostalgia le sue recensioni - con quei baffoni lunghi come il suo cognome - in quel di Tele+3, la brevissima parentesi televisiva gratuita e veramente culturale, veramente aperta, che caratterizzò la televisione italica privata.
Eppoi la sua Enciclopedia del Rock divisa per decadi è la meno strafalciona di tutte quelle che abbia mai letto; altro che le assurdità di wikipedia italia o di altri testi epigoni!
Per non parlare della sua Jam, una rivista che sa parlare di musica cercando disperatamente di restare fedele all'entusiasmo e contemporaneamente all'onestà intellettuale.
In questi giorni, quatto quatto, zitto zitto, ci ha regalato quest'ottimo saggio sui morti della musica rock. Posta così sembra quasi una provocazione, una mancanza di gusto, una morbosità senza remore. E invece Ezio Baffonemacchi riesce ad evitare ogni possibile buffoneria, regalandoci un saggio che in realtà celebra la grandezza di questi straordinari artisti.
Alla fine più che un'enciclopedia dei morti (tipo quella asciutta e asettica dei mormoni) questo saggio è la storia del rock in tutta la sua essenza: perché quando tocchi il cielo con un dito ti bruci sempre; e i grandi musicisti scomparsi prematuramente sono quelli che meglio hanno saputo raccontare un frammento dell'immensità del cielo.
A ogni pié sospinto ritrovi vecchi amici che ormai fanno parte del tuo ascolto musicale quotidiano, e ti commuovi nel vedere quanto dolore o quanta sfortuna (o quanta fatalità) si siano accaniti sulle menti più profonde o più vivaci. Dove la debolezza del saper vivere si trasforma in arte pura. Dove la paura della morte si trasforma in destino ignobile e cialtrone.
Un libro commovente, insomma. Ve ne consiglio caldamente l'acquisto.

11 giugno 2009

trilogia berlinese

Di tutti i libri dedicati alla storia della musica, questo è quello che più stavo aspettando. Ed è un ottimo testo.
La storia della musica, di tutta la Musica, passa per questo particolare periodo storico (anni '70 o giù di lì), quando cioè David Bowie, gonfio di coca e di manie varie, decide di rintanarsi nell'allora divisa capitale tedesca, per scappare dai suoi incubi e per inventare qualcosa di diverso, di insolito.
Bowie compie un'operazione incredibile, perché riesce a fondere le grandi tradizioni soul, pop e rock insieme alle novità elettroniche portate avanti dai Tangerine Dream (allora molto cerebrali), dai Popol Vuh (i più "coerenti") e dai Kraftwerk (i più rivoluzionari).
Ne nasce un trittico di (capo)lavori che ancora oggi si dimostra moderno e ricco di spunti per il futuro. Tra i collaboratori, si sa, figura l'immarcescibile Brian Eno. Mentre tra i collaboratori registriamo il monumento Robert Fripp.
Che poi parlare di trittico è forse inappropriato, visto che l'ultimo, Lodger, è il meno berlinese dei tre (anche se risente delle sperimentazioni lasciate a metà durante la lavorazione di Low e Heroes).
L'autore del testo si dimostra ben documentato e molto acuto, oltreché capace di saper raccontare il tutto con profonda semplicità e delicata ironia. Oltretutto va ben oltre altri testi e interviste già noti, riuscendo a regalarci un documento imprenscindibile anche per chi non fosse poi così interessato all'argomento.