Che poi tutti questi giornalisti che fanno a gara per definirlo "poeta maledetto". Ma cosa mi significa? Frasi inutili e vuote per relegare un talento mostruoso nella gora dell'eterno borghesismo perbenista.
Lou Reed era una miniera ricca di gemme preziose, a volte seducenti, spesso così ben intarsiate da essere difficili da individuare, che comunque scoprivi lentamente e con gusto, sorseggiando caffè e fumando una Lucky Strike. Ogni tanto ti fermavi accanto alla sua ombra e ti beavi di una sua idea, nel semibuio della tua coscienza, per poi riprendere il cammino là dove volevi, perché tanto la strada da percorrere era senza meta e senza indicazioni.
Potevi tornare indietro, pensando che fosse un indietro; oppure potevi girare forse verso che quella sembrava una svolta; oppure ti fermavi di nuovo e cercavi la cicca semispenta e quel sapore sornione di New York che permeava ogni sua singola ruga.
Lou Reed è nato con le rughe pronte a segnarlo, che poi si sono mostrate come autostrade verso il subconscio, o verso un vizio, un'indulgenza, una rara capacità di essere consapevoli che il mondo è fatto com'è fatto, puoi sperare di cambiarlo, ma in realtà devi evitare di soccombere te stesso nel tentativo inutile di renderlo migliore.
Non c'è un'immagine precisa e decisa di Lou Reed nella mia vita. So solo che c'è sempre stato. Ora che è morto, ho capito che si è portato via una parte di me; il giorno che capirò quale, forse sarà tardi.
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28 ottobre 2013
30 novembre 2007
tassisti e buoi
dei paesi tuoi
I post su commissione sono stimolanti e impegnativi al tempo stesso: mentre Benigni mi deliziava col suo irrefrenabile Quinto Canto dantesco, Andrea D. mi manda un sms chiedendomi un post sui tassisti nostrani.
Be', innanzitutto la parola taxi mi rimanda irrimediabilmente a Rilke, uno dei miei poeti preferiti. Le sue mirabili elegie duinesi furono intarsiate durante i soggiorni in quel della magione di Duino, di proprietà della principessa Marie Hohenlohe von Thurn und Taxis. Non ci vuole un genio per intuire che i tassisti di tutto il pianeta prendono il nome da una felice intuizione di quei nobili, ancor oggi una delle casate più raffinate e ammirate d'Europa.
Già, che noi invece li chiamiamo tassinari perché spesso sa più di insulto classista che di riconoscimento professionale. Non voglio fare la mia solita polemica trasversale contro i vari sofrimillescalfarotti, perché tanto non sortisce l'effetto voluto/dovuto: ho notato, però, che nessuno di questi accoliti veltroniani ha speso una parola una su come Valter stia permettendo a questi figuri di comportarsi come si comportano. Se siamo arrivati all'assedio fascistoide è perché finora Veltroni si è dimostrato non credibile. Silenzio per malafede, ipocrisia o censura? Fate voi.
Arrivate a Fiumicino e venite accolti da loschi figuri che impongono cifre scandalose. Alla Stazione Termini è ancor peggio... eppoi fumano, blaterano contro tutto e contro tutti, non rispettano il codice della strada. E dire che hanno sulle portiere il simbolo del Comune di Roma (dico: Roma!).
Ricordate Il collezionista di ossa, film che fece conoscere ai più le michelin di Angelina Jolie? In una scena di raccordo, un tassista taglia impercettibilmente la strada a un'auto. Immediatamente gli si accosta un tipo col tesserino comunale per multarlo; una sorta di poliziotto dei tassisti. Poi si scopre che l'altro è l'assassino... ma l'idea culturale resta, e fa impressione. A New York, infatti, i tassisti rispettano le regole in maniera direi paranoica. Non rompono le scatole coi loro deliri, rilasciano la ricevuta fiscale senza che tu debba chiedergliela; fantascienza forse, ma New York è mille volte più grande di Roma, quindi certi giustificazionismi sinistrorsi nostrani sono indecenti.
Ad Amsterdam era saltata la corrente elettrica: il trenino per l'aeroporto non poteva partire. Nel giro di pochi minuti, decine di taxi hanno prelevato gli appiedati per portarli di corsa alla mèta. Sempre rispettando i limiti di velocità, le strisce pedonali e... il tariffario, visibile e vincolato.
Ad Anversa un tipo silmil Camus si è prodigato a spiegarci i posti più attraenti e quelli più pericolosi dell'intera città. Nessuna ricevuta, ma il tarrifario è regolarmente segnalato da un cartellone grande così dentro la splendida stazione ferroviaria.
A Barbados le cifre/tragitto sono regolamentate da tabelle governative. L'isola è microscopica, non puoi metterti certo a fare il furbacchione. Va detto che anche a Roma ci sarebbero cifre/base su alcuni tragitti ben precisi. Inutile chiedersi quanto vengano rispettate.
A Barcellona il servizio è sobrio, senza pretese, ma preciso e puntuale. Diciamo che litigano col codice della strada, ma quel poco che basta. Comunque impongono tariffe bassissime.
Da Bergen dovevo andare in un hotel disperso tra i boschi norvegesi. Prima di servirmi, il tassista mi ha indicato la cifra approssimativa e la durata del tragitto (così eventualmente potevo prendere il pullmann), offendendosi quando gli ho chiesto se mi avrebbe rilasciato la ricevuta per il mio ufficio. Lì è cosa naturale, con tanto di segnalazione scritta del tragitto e delle aree tariffarie.
A Berlino, codice della strada puntigliosamente rispettato, perfetto inglese, cortesia di circostanza ma ineccepibile.
A Dublino il tipo quasi si scusò per aver rivolto la parola a me e mia moglie. Il bello è che non si è mai permesso di guardarla o di rivolgersi direttamente a lei; passava sempre per il mio sguardo. Uomo di popolo, ma attento al suo ruolo istituzionale.
Nell'alto Egitto (che poi è nel sud, lo sapete) sono gli stessi tassisti ad autotutelarsi, limitando lo spazio ai furbi e agli illegali.
In Kenia i tassisti cattivelli vengono filtrati. A meno che uno non sia un imbecille, è pressoché impossibile farsi raggirare, perlomeno all'uscita dell'aeroporto.
A Lisbona il tassista ci ha portati in loco senza fiatare, guidando civilmente e depositandoci esattamente all'entrata del nostro settore. Ricevuta fiscale e sorriso sbiadito.
A Miami i quattro taxi che abbiamo preso si son comportati egregiamente, rilasciando ricevuta fiscale e abbassando la musica senza che noi lo chiedessimo.
A Toronto nessun problema di sorta. Tassisti discreti e attenti, osservano meticolosamente il codice della strada, tariffario rispettato e nessuna confidenza.
Vi dirò, a Creta ho incontrato l'unico tassinaro veramente cretino: guidava con le ginocchia, contromano in curva, a 130 km orari, agitando il telefonino e guardando dallo specchietto le scollature della mia signora e della sorella... sembrava di stare a Roma.
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29 marzo 2007
il lungo addio
Per una serie di circostanze, prima di tornare in Italia abbiamo dovuto passare un'altra giornata a New York. È stata la più sofferta. Doppiamente sofferta: la nostra vacanza, la nostra lunga luna di miele, il nostro esplorare il Nuovo Mondo... tutto questo stava finendo. In più ci stavamo congedando proprio dalla città che ci aveva dato così tante cose che nessun post saprebbe restituire, per quanto lungo ed esauriente.
New York. L'ombelico del futuro.
Mia moglie ed io abbia rintracciato i nostri passi, ripercorso quelle fraterne strade, alla ricerca dei nostri giorni migliori. E la città, clemente e solidale, ci ha regalato una splendida giornata colma di suoni e di colori.
Era doloroso sapere che tra poche ore saremmo volati via, ma lo era ancor più l'attendere quell'inevitabile sentenza.
In aereo, poi, abbiamo subito cinque ore di toste turbolenze che neanche Satana avrebbe immaginato. Io non conosco la paura del volo, la mia signora un po'. Mentre mi godevo per l'ennesima volta la visione di Casablanca, lei provava a riposare... mozzarellandomi il braccio.
Tanto erano di acciaio le folate di vento che il capitano ha preferito togliere l'audio a film e radio per eventuali comunicazioni urgenti. Poco male: ho rivissuto Bogart e Bergman seguendo il languore della mia memoria. Ogni singolo dialogo, ogni singolo momento, sono sempre ben impressi nella mia capocciona. Tanto che ho iniziato a raccontarlo ad alta voce alla mia signora, per distrarla e per restare ancor più nel mondo dell'immaginazione.
Il ritorno a Milano (e poi a Roma) è stato una mazzata: la realtà cinica ci ha detto chiaramente che era tutto finito.
21 giorni di vacanza spazzati via all'istante dall'orribile visione di Malpensa e Fiumicino.
E il commovente sigillo finale l'ha messo proprio la mia signora. Per mesi era stata la protagonista di tutto: il mio chiederle di sposarla, i preparativi, la cerimonia al Comune, la luna di miele. Appena arrivati a casa, ha detto: "e adesso che facciamo?".
tag: Canada, Miami, New York, Nostalgia, Viaggi
New York. L'ombelico del futuro.
Mia moglie ed io abbia rintracciato i nostri passi, ripercorso quelle fraterne strade, alla ricerca dei nostri giorni migliori. E la città, clemente e solidale, ci ha regalato una splendida giornata colma di suoni e di colori.
Era doloroso sapere che tra poche ore saremmo volati via, ma lo era ancor più l'attendere quell'inevitabile sentenza.
In aereo, poi, abbiamo subito cinque ore di toste turbolenze che neanche Satana avrebbe immaginato. Io non conosco la paura del volo, la mia signora un po'. Mentre mi godevo per l'ennesima volta la visione di Casablanca, lei provava a riposare... mozzarellandomi il braccio.
Tanto erano di acciaio le folate di vento che il capitano ha preferito togliere l'audio a film e radio per eventuali comunicazioni urgenti. Poco male: ho rivissuto Bogart e Bergman seguendo il languore della mia memoria. Ogni singolo dialogo, ogni singolo momento, sono sempre ben impressi nella mia capocciona. Tanto che ho iniziato a raccontarlo ad alta voce alla mia signora, per distrarla e per restare ancor più nel mondo dell'immaginazione.
Il ritorno a Milano (e poi a Roma) è stato una mazzata: la realtà cinica ci ha detto chiaramente che era tutto finito.
21 giorni di vacanza spazzati via all'istante dall'orribile visione di Malpensa e Fiumicino.
E il commovente sigillo finale l'ha messo proprio la mia signora. Per mesi era stata la protagonista di tutto: il mio chiederle di sposarla, i preparativi, la cerimonia al Comune, la luna di miele. Appena arrivati a casa, ha detto: "e adesso che facciamo?".
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