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18 gennaio 2015

Exodus, quali dèi e quali re

Onestamente, mi aspettavo qualcosa di noiosetto. Invece, questa ennesima fatica di Ridley Scott scorre che è un piacere: a tratti quasi diverte; in alcuni momenti, poi, fornisce addirittura limpidi spunti di riflessione. Certo, non è il migliore Scott: se però vi state annoiando, potete pur sempre gustarvi l'eccellente scelta delle inquadrature, una mirabile lezione di fotografia.
Checché se ne dica, la sceneggiatura non rincorre il modello del Gladiatore, anzi. Sicuramente, e però, i dialoghi profondi sono rari e radi, sin troppo diluiti da una bellissima scenografia deliziosamente ridondante, da (necessari) effetti comunque strabilianti, da un doppiaggio incoerente (si passa dal bravo Giannini all'irritante Lorenzo D'Agata).
Peccato doppiamente, perché qua e là si respira l'intento di restituirci l'idea di un Ramses più umano e interessante del solito, un Mosè presuntuoso e nevrotico (Bale, poi, non sembra al meglio), un Malek arrogante e violento (mirabile l'idea di rappresentarlo come un insolente moccioso).
Sicuramente si anche è condizionati dal fatto che si conosce sin troppo bene la trama (o comunque le sue parti più favolistiche): a furia di pensare "vediamo come mi rappresenta questo o quest'altro", perdiamo di vista il blando tentativo di analisi psicologica.
Considerato che trovo importanti le scelte dei titoli, il fatto che questo contempli anche il sottotitolo Gods and Kings lascia pensare che Scott abbia voluto giocare cou un (bel) po' di significati: visto che il faraone era considerato sia re che dio, considerato anche che il dio ebraico è a sua volta un re, il gioco del plurale sta tutto nel voler capovolgere significanti e significato. E se questa è una facile speculazione ontologica, non lo è la semplice domanda: che razza di dio uccide i bambini? Cui dobbiamo aggiungere: che razza di dio ignora il suo popolo per poi farsi vivo solo dopo 400 anni?
Per i più curiosi, vengono rappresentate otto delle dieci piaghe: le tenebre, infatti, sono quasi accennate; l'arrivo di zanzare e mosche avviene contemporaneamente. A tutte Scott fornisce una più che plausibile spiegazione scientifica, tranne che sulla morte dei primogeniti: per restare nella laica coerenza, forse sarebbe bastato ricordare che i nobili egiziani si sposavano tra fratelli con una certa frequenza, che facilitava tare e problemi genetici di ogni tipo. 
Anche se non siamo esperti di cose egizie, ci sono almeno tre incongruenze eclatanti che saltano subito all'occhio: la camminata del primo Mosè, quello "egiziano" per intenderci, troppo in stile cowboy; la confidenza che in troppi si prendono quando parlano con Ramses; il gesto da marine dell'attendente di Ramses quando gli indica il precipizio (si porta indice e medio verso gli occhi e poi indica il pericolo, manco fosse un agente dellFBI).
Un po' dispersiva la musica di Alberto Iglesias, che peraltro nel leit-motiv che accompagna le intemperanze di Malek ha imitato il Parsifal wagneriano: nel caso di una storia ebraica, non mi è sembrata una scelta proprio felice.


27 aprile 2009

è morto Arrigo Quattrocchi

Oggi questo blog si ferma. Perché un grande dolore mi ha colpito come una mazzata: è morto Arrigo Quattrocchi, un grande del panorama critico musicale non solo italiano.
Due lustri fa fui al servizio di Arrigo per sei meravigliosi mesi, in quel di Esercizi di Memoria, una bellissima trasmissione radiofonica. Eravamo una grande squadra. Ci coordinava Flavia Pesetti, una vera Signora di altri tempi: delicata, educata e ferma nel bisogno. Di quella squadra già era scomparso Massimo Billi, noto romanista dei tempi che furono.
Adesso Arrigo.
E dire che l'avevo letto già da giovanissimo, senza mai immaginare che l'avrei conosciuto, quando approfondivo senza guida alcuna il mondo della cosiddetta musica colta, proprio e anche attraverso i suoi testi su Musica & Dossier (straordinario periodico della Giunti migliore).
Di Arrigo potrei dire tantissime cose, tutte belle e tutte profonde. Anche perché ero il suo assistente, il suo regista, il suo annunciatore, il suo umile servitore (nel senso più romantico del termine).
Un aneddoto. Dovevamo trasporre in digitale un'opera monumentale di Wagner. Ere fa la Rai l'aveva solo registrata nei cosiddetti padelloni. Poco più grande dei 33 giri, potevi registrarci solo 15 minuti di audio. Per cui i gloriosi tecnici Rai appena si avvicinava la fine del supporto, cominciavano a registrare su un altro padellone gli ultimi due minuti. Così non si perdeva nulla. Col tecnico mettevano poi il materiale grezzo su supporti ipertecnologici. Poi dovevamo scovare i due minuti che i due supporti avevano in comune, trovare al millesimo di secondo l'esatto punto del taglio e tagliare.
Arrigo ci guardava divertito, perché proprio lì sarebbe stato l'unico e fondamentale vigile e arbitro di quel lavoro. Noi non contavamo più un tubo. Ebbene, gli bastava sentire di sfuggita una singola nota e immediatamente la scovava nell'enorme tomo della partitura. Ce la indicava distrattamente e poi ci diceva come, dove e quando tagliare. Non ne sbagliava mai una.
E se poco poco gli chiedevi una notazione storica in merito, ti ammaliava con la sua disarmante semplicità di uomo dotto sopra ogni cosa. E senza vaniloquenza, senza termini complessi, senza fare il fighetto.
Quando inventai il primo sito di Cinema Ebraico in Europa, gli chiesi conto dell'importanza della tradizione musicale ebraica nella musica che Visconti aveva rubato dalla Quinta Sinfonia di Mahler. Fu la pagina più letta tra tutte quelle che avevo compilato con scientifica cura.
Qui di seguito vi propongo il nostro ultimo scambio epistolare... dimenticavo: una rara malattia aveva costretto Arrigo a vivere su una sedia a rotelle elettrica. Poteva muovere la testa e parte delle dita. Lui che sapeva suonare con grazia quelle note che ancora risuonano nel mio cuore.



----- Original Message -----

From: Alessandro
To: Arrigo
Sent: Tuesday, February 03, 2009 11:04 AM
Subject: un caro saluto


Caro Arrigo,
sei sempre nel mio cuore, e lo sai.
Poi magari non ci sente, legge e cose simili. Ma resti sempre un punto fermo della mia vita.
Appena tornato a Roma, il 7 gennaio mi sono frantumato la mia gamba sana.
Il che ha comportato un’operazione di ricostruzione delicatissima di oltre sei ore in anestesia generale, i cui giusti esiti si potranno conoscere solo tra qualche mese.
Insomma: sono obbligato a non posare l’arto e cose simili.
Vivo dentro una sedia a rotelle.
Ho la fortuna di sapere che prima o poi ne uscirò.
Se prima ti stimavo in senso idealistico e solidale, adesso sei il mio faro di riferimento.
Ad ogni difficoltà che incontro, ad ogni minima cretinata che mi impedisce di “vivere” come vorrei, penso a te.
Lascia perdere il tuo cinismo e tutto il resto.
Sei il mio eroe. Punto e basta.
Ti abbraccio con tanto affetto
Alessandro

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Da: Arrigo
Inviato: martedì 10 febbraio 2009 2.16
A: Alessandro
Oggetto: Re: un caro saluto



Carissimo Alessandro,
scusa per il ritardo con cui ti rispondo.
Credimi, non ho la stoffa dell'eroe, e non ho mai pensato di essere un eroe. Gli eroi si sacrificano per qualcosa, io non mi sacrifico, e cerco solo di vivere la mia giornata quanto più agevolmente possibile. L'ammirazione di cui mi fai oggetto da una parte mi lusinga, da un'altra mi trova un po' distaccato. In fondo, quando uno si trova in una certa situazione, o affonda o galleggia, e allora cerchiamo di galleggiare al meglio, valutando e calibrando ogni opportunità per una migliore qualità della vita. E questo vale per tutti.
Spero piuttosto che tu possa presto ritrovare una condizione fisica migliore, che ti faccia tornare in piena forma.
Un forte abbraccio,
Arrigo