Le malelingue vogliono che il giovanissimo pianista goda di tanta attenzione perché figlio di un componente l'entourage di Super Rava.
Che sia vero o no, Giovanni Guidi ha molta strada da fare, forse tanta. Una mano sinistra quasi assente, timidi jarrettismi senza l'arroganza necessaria, mani troppo vicine e nascoste nelle due ottave centrali, schemi audaci ma senza guizzo decisivo.
No, non vuole essere solo una feroce stroncatura senza speranza. Semmai una stoccata irritata per un inizio poco rispettoso verso il pubblico: non si parte, cioè, con un pezzo di un quarto d'ora abbondante di jazz freddo alla
Ecm (mitica etichetta che lo ha cooptato per un'imminente uscita su cd); non si fa, specie quando si deve raccontare (e raccontarsi) qualcosa a un pubblico smaliziato quale è quello di
Umbria Jazz.
È vero che quando si è giovani si tende a strafare. Ma chi lo produce dovrebbe suggerire un minimo di umiltà e di senso della misura.
Tra gli standard proposti, buona lettura della "By This River" di Brian Eno (la conoscete grazie anche alla "Stanza del figlio" di Moretti), molto simile a quella del Martin Gore di "Counterfeit 2". In più, deliziosa versione del classico "Qui sas qui sas qui sas".
Concerto interessante, quindi, ma niente di più. Da segnalare solo l'ottima prova di Joao Lobo, batterista riflessivo, puntuale e raffinato, di quelli che sanno quando parlare e quando stare in disparte.