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26 gennaio 2015

Ciao Edgar Froese

Che questo pianeta sia bislacco, lo dimostra il fatto che solo oggi sui giornali è apparsa la notizia della morte di Edgar Froese
Ed è ancora più triste immaginare il vostro legittimo "... e chi è?".
Mettiamola così: se non ci fossero stati i suoi Tangerine Dream, oggi non parleremmo di Pink Floyd e di David Bowie, o di William Friedkin e Werner Herzog... per buttare giù i primi nomi che mi vengono in mente.
I Tangerine Dream non solo sono stati tra i pionieri della musica elettronica, ma qualcosa di più: sono riusciti, cioè, a coniugare con rara sapienza e maestria lo sperimentalismo più estremo con un saper raccontare storie musicali perlomeno in maniera popolare, o comunque virtualmente accessibili a tutti.
Possiamo discutere per ore se la musica elettronica possa essere o no "potabile", ma dovremo sempre e comunque qualcosa ai Tangerine Dream. Ed Edgar Froese ne è stato valido sacerdote e onniscente protagonista (l'unico presente in tutte le multiformi formazioni).
Dai 103 album (più 34 colonne sonore) risulta difficile proporvi qualcosa, per almeno due motivi: le opere degli anni '70 sono molto dilatate e forse datate; fornire degli assaggi musicali è sempre rischioso, perché per essere ammiccanti si rischia di essere scorretti.
Però vi posso assicurare che se provaste a esplorare cose come Logos o come Livemiles potreste già farvi un'idea dei due estremi compositivi. 
Certo, le primissime prove sono più genuine di Thief; però è l'idea Tangerine Dream a essere rimasta sempre intatta, coerente con se stessa. 
Ciao, Edgar Froese, che la terra ti sia lieve.


20 settembre 2013

William Friedkin, tante lezioni in un'autobiografia

Ho fatto un test, raccontando a chi mi stava intorno i seguenti aneddoti, ma senza specificare chi ne fosse il protagonista pasticcione: un tipo si ritrovò tra le mani alcuni fogli disegnati in maniera poco ortodossa, e decise di buttarli nella spazzatura. Peccato che l'autore fosse Basquiat.
Allo stesso tipo arrivarono i nastri di un giovane musicista di colore che lo pregava di dirigere alcuni suoi video. Li ascoltò, non li gradì, e diniegò l'offerta. Peccato che il musicista fosse Prince.
Infine, un bel giorno, gli si avvicinò un giovane diabetico e insicuro che gli propose la produzione di un film ambientato nello spazio. Il nostro tipo rifiutò, e Star Wars divenne leggenda.
Insomma, chiunque abbia ascoltato queste tre storielle, ha subito reagito esclamando "ma questo è proprio uno scemo".
E, invece, è William Friedkin, un regista "osservatore", di quelli cioè che usa la macchina da presa come fosse una testimone discreta, quasi trasparente, ma che poi sa anche spostare il climax di un'azione, smanettando a dovere le fasi di montaggio. Ancora oggi, il celeberrimo inseguimento del suo Il braccio violento della legge viene visto e rivisto da imberbi montatori per imparare l'abc della difficile arte del montaggio.
William Friedkin ha scritto una bellissima autobiografia, tradotta coi piedi però, che riesce a raccontare contemporaneamente i propri pregi/difetti, la storia del cinema, la tecnica del cinematografare. 
È un libro ricco anche di aneddoti e di curiosità, senza che affatichino la lettura, ma che trascinano il lettore in un vortice di tante cose belle e saporite che vorresti non finissero mai.
In più, dimostra fattivamente che la voglia di fare, il coraggio - e anche un minimo di incoscienza - vengono sempre premiati... in un ambiente che lo permette, figuriamoci.
Se poi volete una guida all'acquisto dei dvd delle sue opere, vi consiglio (in ordine di gusto):
  • Festa per il compleanno del caro amico Harold (The Boys in the Band, 1970)
  • L'esorcista (The Exorcist, 1973)
  • Il braccio violento della legge (The French Connection, 1971)
  • Vivere e morire a Los Angeles (To Live and Die in L.A., 1985) 
  • Cruising (1980) 
  • The Hunted - La preda (The Hunted, 2003) 
  • Regole d'onore (Rules of Engagement, 2000)