C'è un mondo sospeso tra il sellino e quel mezzo metro da terra; ed è un mondo in cui ti senti padrone del tuo tempo, l'unico e insostituibile padrone del tuo tempo.
Lasci che le gambe si muovano ritmicamente, controlli il manubrio senza pensarci, cambi le marce con misurato istinto... e poi ti guardi intorno: e la magia scorre che è un piacere.
Non credo nel ciclismo come forma di lotta contro le auto e non credo neanche nella purezza dei ciclisti, perché quelli che si sentono puri sono insopportabili come un vegano che non scopa da mesi. Credo nella magia del moto ciclistico, dove ti devi rassegnare a distanze esigue, a un paesaggio che cambia superlentamente, a un mondo che non esiste più quando scendi dal sellino.
Ho visto la magia della valle antistante Salisburgo, sgranocchiando con dolcezza i laghi e i campi che si profilavano a perdita d'occhio.
Ho sfiorato la Storia, quella vera, dentro ai confini tra Austria e Ungheria, passando per la Slovacchia, assalito da odori pieni di sterco e fieno, accompagnato dalla lingua asciutta dalla sete e da pietruzze di fiume che si infilavano ovunque. Navigando dentro il Danubio, mi sono chiesto quanto ci fosse di mare e quanto di fiume dentro quell'acqua che non aveva confini.
Ho seguito la Leggenda di Che Guevara dentro il Nord di Cuba meno turistico, accompagnato da condor e insetti grandi come uno smartphone. Ho percorso l'unica autostrada di quell'isola, sicuramente più efficiente e bentenuta della Salerno - Reggio Calabria.
Ho chiacchierato con i confini dell'Alsazia, sfiorando centrali nucleari, un Reno sonnacchioso, cantine e campi e formaggio e paté fritto e castelli e persone e boschi, tanti boschi, foreste e insetti sotto le ruote e una lignea chiesina del '700 incastonata tra querce e pini e gnomi.
Ho visto i Castelli, quelli della Loira, più di quanti ne possa visitare un turista-tipo. Fai 10/20 km, poi scendi, visiti, e poi risali, e poi pedali, e poi riscendi, e poi visiti... Una vacanza spezzagambe dove alla scorbutica scortesia dei parigini si frapponeva la dolce accoglienza dei provinciali.
Ho percorso 615 km tra Berlino e Copenaghen, frastornato da boschi e foreste e una giornata così ventosa che ancora oggi la ricordo come un seducente incubo. La Sirenetta è una presa per il culo, ma il tragitto è tra i più maravigliosi e intensi che abbia mai intrapreso.
Ho vissuto dentro la leggendaria Avenue Verte, che ti accompagna da Parigi fino a Londra: le Scogliere di Dover non le vedrai mai, perché attracchi a New Haven; ma tutto quello che vorresti immaginare ti si materializza addosso come fosse una leggenda appositamente scritta per te in quel preciso momento. Ed è un continuo flusso di sensazioni, di sapori, di paesaggi e di... pioggia. Ha piovuto poco - e solo l'ultimo giorno; ma chi se lo dimenticherà mai: temperatura estiva che diventa invernale e gocce gelide che si infilano sin dentro al culo. Ma che senso avrebbe arrivare a Londra senza pioggia?
Migliaia di chilometri. Migliaia.
Fatica tanta. Dolori ossei, tantissimi.
E forse non tornerò più a pedalare così tanto e così a lungo.
E però, in queste domeniche di caldo egoista e ossessivo, quando salgo sulla mia bicicletta casalinga per fare il giro dell'isolato, dentro questa Roma così egoista e zozza, mi ritrovo subito immerso in quel mondo, tra il sellino e quel mezzo metro da terra, in cui ti senti padrone del tuo tempo, l'unico e insostituibile padrone del tuo tempo.
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08 luglio 2019
17 agosto 2013
Loira, ultima tappa
Ultima pedalata, breve ma decisa, verso la fine di questo tour e l'inizio dei ricordi.
Le immagini si ammucchiano dentro la Memoria con la stessa serena rapidità con cui le hai intraviste durante il pedalare, e già non ricordi più se quel cameriere ti aveva servito a Orléans o a Amboise, se quel Castello stava dietro quel lago o accanto quell'albero antico.
Arrivando inesorabilmente dentro Saumur, mi è venuta già voglia di sventrare la macchina fotografica e carpirle le intime sensazioni provate mentre scattavo ogni singola foto.
Come diceva Brian Eno, "le fotografie sono vacanze predigerite", e io non vedo l'ora di ricordare quei due capoccioni di Alberto e Silvia che per tutto il viaggio hanno sempre indicato percorsi diversi, sbagliandoli vicendevolmente con rara scienza certosina; oppure Sara, che ha la somma pazienza di sopportare l'esuberanza genuina del suo piccolo grande uomo; oppure Alberto, sempre generoso ed entusiasta, che senza Sara sarebbe perduto ben più di quanto non sembri.
Oppure Silvia, la mia unica ragione di vita che ha trovato in questo modo di viaggiare una delle formule migliori per stanare la mia inquietudine e morderla sul collo come merita.
Le immagini si ammucchiano dentro la Memoria con la stessa serena rapidità con cui le hai intraviste durante il pedalare, e già non ricordi più se quel cameriere ti aveva servito a Orléans o a Amboise, se quel Castello stava dietro quel lago o accanto quell'albero antico.
Arrivando inesorabilmente dentro Saumur, mi è venuta già voglia di sventrare la macchina fotografica e carpirle le intime sensazioni provate mentre scattavo ogni singola foto.
Come diceva Brian Eno, "le fotografie sono vacanze predigerite", e io non vedo l'ora di ricordare quei due capoccioni di Alberto e Silvia che per tutto il viaggio hanno sempre indicato percorsi diversi, sbagliandoli vicendevolmente con rara scienza certosina; oppure Sara, che ha la somma pazienza di sopportare l'esuberanza genuina del suo piccolo grande uomo; oppure Alberto, sempre generoso ed entusiasta, che senza Sara sarebbe perduto ben più di quanto non sembri.
Oppure Silvia, la mia unica ragione di vita che ha trovato in questo modo di viaggiare una delle formule migliori per stanare la mia inquietudine e morderla sul collo come merita.
15 agosto 2013
Loira, 5 tappa: Tours>Chinon
Ci sono giorni nelle vacanze in cui magari fai poco il turista culturale e invece molto quello mentale: oggi è stato così.
Vuoi perché - a parte un tour dentro Tours (erano 47 anni che volevo scriverlo) - abbiamo vissuto momenti tutti importanti, tutti divertenti e tutti senza bisogno di una guida tra le scatole.
Prima, un lungo giro intorno a Tours perché non trovavamo la strada; poi, un viaggio radente al limitare di un campo rom; poi, un pic-nic circondati da volti civili e amici; poi, una birra in compagnia di un cagnetto al balcone; poi, una variante verso il Castello della Bella Addormentata, ma che non era quello, ma il successivo; poi, una splendida vista del fiume Cher con tanti pesci gatto e un tandem di neozelandesi che stratrainavano due figlietti paraculi che facevano finta di pedalare; poi, di nuovo alla ricerca della strada giusta, girando in tondo come pecorelle smarrite; poi, la vista romantica del Castello della Bella Addormentata; poi, una salita sdrumamenischi; infine, la vista della Fortezza di Chinon, che si sviluppa fino all'orizzonte.
Certo, siamo partiti tardi perché Alberto voleva andare a messa; e noi ad aspettarlo fuori, prendendo il caffè in compagnia di Gandalf e di Nina Simone
... ma, come si sa, questa è la terra dell'antico adagio "pedalare con amici val bene una messa"... o forse era un po' diverso. Chissà...
Vuoi perché - a parte un tour dentro Tours (erano 47 anni che volevo scriverlo) - abbiamo vissuto momenti tutti importanti, tutti divertenti e tutti senza bisogno di una guida tra le scatole.
Prima, un lungo giro intorno a Tours perché non trovavamo la strada; poi, un viaggio radente al limitare di un campo rom; poi, un pic-nic circondati da volti civili e amici; poi, una birra in compagnia di un cagnetto al balcone; poi, una variante verso il Castello della Bella Addormentata, ma che non era quello, ma il successivo; poi, una splendida vista del fiume Cher con tanti pesci gatto e un tandem di neozelandesi che stratrainavano due figlietti paraculi che facevano finta di pedalare; poi, di nuovo alla ricerca della strada giusta, girando in tondo come pecorelle smarrite; poi, la vista romantica del Castello della Bella Addormentata; poi, una salita sdrumamenischi; infine, la vista della Fortezza di Chinon, che si sviluppa fino all'orizzonte.
Certo, siamo partiti tardi perché Alberto voleva andare a messa; e noi ad aspettarlo fuori, prendendo il caffè in compagnia di Gandalf e di Nina Simone
... ma, come si sa, questa è la terra dell'antico adagio "pedalare con amici val bene una messa"... o forse era un po' diverso. Chissà...
14 agosto 2013
Loira, 4 tappa: Amboise>Tours
Tappa comicoerotica, iniziata a casa di Leonardo Da Vinci, nel Castello di Clos-Lucé.
Ora, perché i francesi mettano l'aglio ovunque, è un mistero; perché mettano i trattini nei nomi delle loro città, è quasi irritante; ma perché si approprino di geni nostri, fa doppiamente incazzare. Fatto sta che il tutto è molto bello, e merita una visita.
Il Castello di Amboise l'abbiamo saltato perché ci sta venendo la castellite acuta; ma ci dicono che in fondo è bello soprattutto fuori.
Dopodiché, abbiamo percorso la lunga e variegata strada fino al Castello di Chenonceau.
Ad un bel punto, durante una tosta salitona, Alberto ha provato a gareggiare con un tipo belgioso che però si è rivelato più tosto. Ma subito dopo ha forato... se sia stata una vendetta del nostro gigantone, non lo so; certo è che prima l'abbiamo snobbato; poi l'abbiamo soccorso, contribuendo in maniera determinante alla totale foratura della sua già provata bicicletta... il mistero s'infittisce se pensiamo che la sua bici aveva un passeggino vuoto. Che fine abbia fatto il bimbo, resterà un mistero.
Il Castello di Chenonceau è molto bello e suggestivo (si appoggia sul fiume Cher, parente della cantante), ma i visitatori sono tra i più stupidi del pianeta: s'imbambolano di fronte al nulla, bloccando pervicacemente il passaggio a chi ha fame di cose belle.
Fatto sta che il fiume è navigabile, e ho intravisto maschi villosi remare stremantemente lungo le rive del fiume per ricavare, immagino, la trombata serale di rito. Bah...
Dopodiché ricca pedalata lungo una sterrata spaccaculo che non finiva più. Il tempo di elencare smadonnamenti da dispersi disperati, che, all'altezza di un paese anonimo dal nome invogliante (la Città delle Dame), un'improbabile esseroncina si staglia al nostro orizzonte per darci un'indicazione sensata dopo tanto inutile e sculevole pedalare.
Sembrava la figlia del pupazzo di JigSaw, con un alito ai limiti delle leggi di chimica, e tre denti che portavano segni evidenti di mozzicamenti autoinferti.
In più, ha fatto la gaia voluttuosa con Alberto, e a me ha invece toccato il pancino. Brrrrrr...
Insomma, e alla fine, ci ha portati al limitare di Tours.
Sicuramente, questa notte io ed Alberto non dormiremo: lui innamorato, io terrorizzato.
Ora, perché i francesi mettano l'aglio ovunque, è un mistero; perché mettano i trattini nei nomi delle loro città, è quasi irritante; ma perché si approprino di geni nostri, fa doppiamente incazzare. Fatto sta che il tutto è molto bello, e merita una visita.
Il Castello di Amboise l'abbiamo saltato perché ci sta venendo la castellite acuta; ma ci dicono che in fondo è bello soprattutto fuori.
Dopodiché, abbiamo percorso la lunga e variegata strada fino al Castello di Chenonceau.
Ad un bel punto, durante una tosta salitona, Alberto ha provato a gareggiare con un tipo belgioso che però si è rivelato più tosto. Ma subito dopo ha forato... se sia stata una vendetta del nostro gigantone, non lo so; certo è che prima l'abbiamo snobbato; poi l'abbiamo soccorso, contribuendo in maniera determinante alla totale foratura della sua già provata bicicletta... il mistero s'infittisce se pensiamo che la sua bici aveva un passeggino vuoto. Che fine abbia fatto il bimbo, resterà un mistero.
Il Castello di Chenonceau è molto bello e suggestivo (si appoggia sul fiume Cher, parente della cantante), ma i visitatori sono tra i più stupidi del pianeta: s'imbambolano di fronte al nulla, bloccando pervicacemente il passaggio a chi ha fame di cose belle.
Fatto sta che il fiume è navigabile, e ho intravisto maschi villosi remare stremantemente lungo le rive del fiume per ricavare, immagino, la trombata serale di rito. Bah...
Dopodiché ricca pedalata lungo una sterrata spaccaculo che non finiva più. Il tempo di elencare smadonnamenti da dispersi disperati, che, all'altezza di un paese anonimo dal nome invogliante (la Città delle Dame), un'improbabile esseroncina si staglia al nostro orizzonte per darci un'indicazione sensata dopo tanto inutile e sculevole pedalare.
Sembrava la figlia del pupazzo di JigSaw, con un alito ai limiti delle leggi di chimica, e tre denti che portavano segni evidenti di mozzicamenti autoinferti.
In più, ha fatto la gaia voluttuosa con Alberto, e a me ha invece toccato il pancino. Brrrrrr...
Insomma, e alla fine, ci ha portati al limitare di Tours.
Sicuramente, questa notte io ed Alberto non dormiremo: lui innamorato, io terrorizzato.
13 agosto 2013
Loira, 3 tappa: Blois>Amboise
La tappa della fatica e delle meraviglie. Il Castello di Blois è molto bello e ricco di cose belle da vedere. La vista della città dalle rive della spumeggiante Loira, poi, è veramente mozzafiato.
Il tragitto si disperde tra boschi e campi sempre silenziosi e ridenti: non c'è, insomma, quel tenebro fascino che si respirava in Austria.
Sfiorato il maniero di Le Plessis, ci siamo schiantati in un pic-nic con baguette, formaggio di capra e prosciutto pieno di grasso. Accanto a noi, in fondo al parchetto, la sferica moglie di un troglodita si spiaccicava sull'erba in attesa che il marito la colpisse prima con la clava per poi possederla gutturando incomprensibili fonemi preistorici.
Dopodiché abbiamo pedalato quel poco che basta per parcheggiare a ridosso del Castello di Chaumont-sur-Loire. Molto bello fuori, inutilmente pretenzioso dentro. Sicuramente le scuderie sono la ciliegina sulla torta, insieme a tutta la parte botanica.
Salite poco impervie mi hanno costretto a scendere un paio di volte. Qui il saggio e buon Alberto mi ha spiegato una parte dell'uso delle marce che io non conoscevo, perché la mia è da città, e certo non regala trucchi e leggi di fisica.
Incredibile la faccenda: più riduci il rapporto di quella davanti e più è facile affrontare le salite aumentando quella di dietro.
Siamo ad Amboise, un altro gioiello francese. Dico io: se noi tenessimo alle nostre cose come loro fanno con le loro, vivremmo solo di turismo.
Dimenticavo: come noto, la mia Silvia canta molto bene, ma ancora non ci ha regalato la grazia della sua voce.
Il tragitto si disperde tra boschi e campi sempre silenziosi e ridenti: non c'è, insomma, quel tenebro fascino che si respirava in Austria.
Sfiorato il maniero di Le Plessis, ci siamo schiantati in un pic-nic con baguette, formaggio di capra e prosciutto pieno di grasso. Accanto a noi, in fondo al parchetto, la sferica moglie di un troglodita si spiaccicava sull'erba in attesa che il marito la colpisse prima con la clava per poi possederla gutturando incomprensibili fonemi preistorici.
Dopodiché abbiamo pedalato quel poco che basta per parcheggiare a ridosso del Castello di Chaumont-sur-Loire. Molto bello fuori, inutilmente pretenzioso dentro. Sicuramente le scuderie sono la ciliegina sulla torta, insieme a tutta la parte botanica.
Salite poco impervie mi hanno costretto a scendere un paio di volte. Qui il saggio e buon Alberto mi ha spiegato una parte dell'uso delle marce che io non conoscevo, perché la mia è da città, e certo non regala trucchi e leggi di fisica.
Incredibile la faccenda: più riduci il rapporto di quella davanti e più è facile affrontare le salite aumentando quella di dietro.
Siamo ad Amboise, un altro gioiello francese. Dico io: se noi tenessimo alle nostre cose come loro fanno con le loro, vivremmo solo di turismo.
Dimenticavo: come noto, la mia Silvia canta molto bene, ma ancora non ci ha regalato la grazia della sua voce.
12 agosto 2013
Loira, 2 tappa: St-Dyé-sur-Loire>Blois
Tappa eccellente sotto ogni punto di vista: tragitto ricco di suggestioni; cibo di qualità; due visite straordinarie.
La prima, il Castello di Chambord. Maestoso, vasto, appetitoso, ricco di cose da vedere e rivedere. Pare una Reggia di Caserta, ma assai più succosa e ben tenuta.
Dopo un tragitto pieno di campi, foreste e cittadine minuscole, abbiamo sfiorato l'entrata del Castello di Villesavin (noto per i suoi fantasmi) per poi mangiare ottimo cibo locale da una rotondetta francesina in quel della vicina brasserie.
E quindi ricca pedalata fino al Castello di Cheverny, i cui proprietari hanno tirato su un'impresa niente male. Insomma, è come se rendeste visitabile casa vostra, cesso compreso. Ma che casa e che cesso.
Immensa e faticosa pedalata fino all'entrata del Castello di Bauregarde. Troppo stanchi, però, abbiamo preferito mangiare delle gustose gallette seccagola che creano arsura al solo immaginarle.
Come faccia Alberto a essere così sereno e sorridente, resta un mistero. Fatto sta che ha la rara capacità di trasmettere giocosa serenità.
Arrivare a Blois è un incanto: l'entrata è decisamente suggestiva e meriterebbe una visita più accurata.
Pazienza, però: le gite in bicicletta hanno questo scotto da pagare; accarezzi le cose belle per poi riviverne subito di nuove.
La prima, il Castello di Chambord. Maestoso, vasto, appetitoso, ricco di cose da vedere e rivedere. Pare una Reggia di Caserta, ma assai più succosa e ben tenuta.
Dopo un tragitto pieno di campi, foreste e cittadine minuscole, abbiamo sfiorato l'entrata del Castello di Villesavin (noto per i suoi fantasmi) per poi mangiare ottimo cibo locale da una rotondetta francesina in quel della vicina brasserie.
E quindi ricca pedalata fino al Castello di Cheverny, i cui proprietari hanno tirato su un'impresa niente male. Insomma, è come se rendeste visitabile casa vostra, cesso compreso. Ma che casa e che cesso.
Immensa e faticosa pedalata fino all'entrata del Castello di Bauregarde. Troppo stanchi, però, abbiamo preferito mangiare delle gustose gallette seccagola che creano arsura al solo immaginarle.
Come faccia Alberto a essere così sereno e sorridente, resta un mistero. Fatto sta che ha la rara capacità di trasmettere giocosa serenità.
Arrivare a Blois è un incanto: l'entrata è decisamente suggestiva e meriterebbe una visita più accurata.
Pazienza, però: le gite in bicicletta hanno questo scotto da pagare; accarezzi le cose belle per poi riviverne subito di nuove.
11 agosto 2013
Loira, 1 tappa: Orléans>St-Dyé-sur-Loire
Conviene visitare Orléans la sera in cui arrivate, sia per la bellissima luce che regalerà degli arancioni notevoli sia perché la vedreste comunque poco.
Di lì, arrivare poi a Meung-sur-Loire è uno scherzo. Il mercatino è così così, ma molto ordinato e pulito. La cittadina è deliziosa, ma il castello costa troppo, e sembra che alla fine il meglio sia quello che avrete già visto da fuori.
Non mangiate sul localino che si vede sulla sinistra appena entrati in paese; non è nulla di eccezionale, e vi spella vivi.
Nel mercatino, invece, c'è dell'ottima frutta. Sara ha acquistato albicocche e ciliegie da un signore truffautiano con le mani piene di dita.
La ciclabile si sviluppa poi dolcemente sino a Beaugency, nota per il lungo ponte che la unisce all'altra riva. Leggenda vuole che fu costruito da un forestiero che però in cambio voleva l'anima del primo che l'avrebbe attraversato. Gli abitanti fecero passare per primo un gatto, e il tipo la prese in saccoccia.
Il posto è notevole, ma le auto sono stranamente ovunque, mentre di gatti non v'è traccia.
Qui Alberto ha perso i suoi superguanti da bici. Sono... erano belli. Qualche abitante se li sarà fregati per vendicare Zidane.
Per arrivare a destinazione abbiamo percorso un bellissimo tratto costeggiando la Loira e una centrale nucleare. Spettrale e affascinante al tempo stesso, è circondata da natura rigogliosa e silente. Un cartello avverte che chi passa lì vicino lo fa a proprio rischio. Eppure, proprio lì abbiamo divorato la frutta di Sara; buona, decisamente buona.
Ora siamo in un albergo di altri tempi. Una signora ci ha accolti con un fare a metà tra un personaggio di Haneke e uno di Tavernier. Confido conosca solo il secondo.
Di lì, arrivare poi a Meung-sur-Loire è uno scherzo. Il mercatino è così così, ma molto ordinato e pulito. La cittadina è deliziosa, ma il castello costa troppo, e sembra che alla fine il meglio sia quello che avrete già visto da fuori.
Non mangiate sul localino che si vede sulla sinistra appena entrati in paese; non è nulla di eccezionale, e vi spella vivi.
Nel mercatino, invece, c'è dell'ottima frutta. Sara ha acquistato albicocche e ciliegie da un signore truffautiano con le mani piene di dita.
La ciclabile si sviluppa poi dolcemente sino a Beaugency, nota per il lungo ponte che la unisce all'altra riva. Leggenda vuole che fu costruito da un forestiero che però in cambio voleva l'anima del primo che l'avrebbe attraversato. Gli abitanti fecero passare per primo un gatto, e il tipo la prese in saccoccia.
Il posto è notevole, ma le auto sono stranamente ovunque, mentre di gatti non v'è traccia.
Qui Alberto ha perso i suoi superguanti da bici. Sono... erano belli. Qualche abitante se li sarà fregati per vendicare Zidane.
Per arrivare a destinazione abbiamo percorso un bellissimo tratto costeggiando la Loira e una centrale nucleare. Spettrale e affascinante al tempo stesso, è circondata da natura rigogliosa e silente. Un cartello avverte che chi passa lì vicino lo fa a proprio rischio. Eppure, proprio lì abbiamo divorato la frutta di Sara; buona, decisamente buona.
Ora siamo in un albergo di altri tempi. Una signora ci ha accolti con un fare a metà tra un personaggio di Haneke e uno di Tavernier. Confido conosca solo il secondo.
10 agosto 2013
Loira, preludio: Parigi
Più che un gruppo di amici, pronti ad avventurarsi lungo la ciclabile della Loira, sembriamo la Compagnia della buona sorte: io ho il ginocchio sinistro con la sinovite cronica, quello destro dolente da un mese; Silvia ha un ginocchio affaticato e una spalla sifulina; Alberto ha un occhio solo, ed è reduce da una caduta dalla bicicletta, con tanto di frattura del naso e ginocchia sbucciate come quelle di un dodicenne... e Sara? Mi sa che confermerà l'atavico urlo di Highlander: "ne resterà soltanto uno... ehm, una".
Dimenticavo: sono appena caduto da fermo mentre mi sedevo in un vagone della metro.
Metro che mantiene costante quell'odore di detersivo dozzinale... metro che trovi ad ogni angolo della strada... metro che accoglie cantori, poeti e musicisti...
Parigi che sono 14 anni che non vedevo, ma lei non se n'è curata.
Stasera si arriva a Orleans, Ingrid Begman compresa.... spero.
Dimenticavo: sono appena caduto da fermo mentre mi sedevo in un vagone della metro.
Metro che mantiene costante quell'odore di detersivo dozzinale... metro che trovi ad ogni angolo della strada... metro che accoglie cantori, poeti e musicisti...
Parigi che sono 14 anni che non vedevo, ma lei non se n'è curata.
Stasera si arriva a Orleans, Ingrid Begman compresa.... spero.
02 giugno 2013
24 agosto 2012
17 agosto 2012
da Friburgo ad Heidelberg - 6. Heidelberg
Siamo arrivati. Tra boschi oscuri ed evocativi, una dolcissima traversata del Reno, e pedalate lungo una Germania sempre pulita ed ordinata... siamo arrivati.
Grazie ad Alberto, il gigante emiliano sempre dal cuore aperto al mondo, con un occhio offeso e uno felice, ci ha guidati - a modo suo, si sa - lungo questa bellissima storia.
Grazie a Sara, la sua fiera compagna, che dissimulatamente muore di preoccupazioni dietro l'animo vivace del marito, e che si è spappolata dalle risate con mia moglie.
Grazie a Silvia, che ha sempre il sorriso sulle labbra e gli occhi veeerdi su cui disperdere la passione.
Grazie al professor Massobrio, che mi salvò letteralmente la gamba destra.
Per ora mi vien da dire che finisco qua questo tipo di vacanze: troppo dolore e troppe fitte.
Poi, domani, si vedrà.
Grazie ad Alberto, il gigante emiliano sempre dal cuore aperto al mondo, con un occhio offeso e uno felice, ci ha guidati - a modo suo, si sa - lungo questa bellissima storia.
Grazie a Sara, la sua fiera compagna, che dissimulatamente muore di preoccupazioni dietro l'animo vivace del marito, e che si è spappolata dalle risate con mia moglie.
Grazie a Silvia, che ha sempre il sorriso sulle labbra e gli occhi veeerdi su cui disperdere la passione.
Grazie al professor Massobrio, che mi salvò letteralmente la gamba destra.
Per ora mi vien da dire che finisco qua questo tipo di vacanze: troppo dolore e troppe fitte.
Poi, domani, si vedrà.
16 agosto 2012
da Friburgo ad Heidelberg - 5. Bruchsal
Giornata pedalosa, ma arida di fiammate, se non quando siamo finiti dentro Karlsruhe. Ricca, moderna e austera, ha un castello con un parco così immenso che termina chissà dove.
Natura a perdifiato, circondata dalla modernità. Tutto è limpido e pulito, civile e grazioso. Si può essere moderni e civili: ma vallo a spiegare a un romano medio.
Il gruppo ha delle dinamiche così oliate che quasi ci si cerca e ci si stimola a vicenda per vederle confermate.
Domani, ultima pedalata. Poi tutto resterà chiuso nella nostalgia.
Natura a perdifiato, circondata dalla modernità. Tutto è limpido e pulito, civile e grazioso. Si può essere moderni e civili: ma vallo a spiegare a un romano medio.
Il gruppo ha delle dinamiche così oliate che quasi ci si cerca e ci si stimola a vicenda per vederle confermate.
Domani, ultima pedalata. Poi tutto resterà chiuso nella nostalgia.
15 agosto 2012
da Friburgo ad Heidelberg - 4. Rastaff
Là dove Strasburgo finisce sul Reno, e ritorni in Germania, dopo un'ora decisa di pedalata, entri in un bosco interrotto da campi, stradine, ponticelli; e qui incroci il nostro gruppo che incontra due giovani.
Siamo italiani, e ci s'intende: perché gli italiani perbene sanno che quella della gita ciclistica è cosa rara, non per cecioni o fighetti o sfigati travet come certi miei colleghi della Rai.
Lui è di Asti, lei di Colonia. Da un anno non vede i suoi. Hanno deciso di percorrere in bici l'intero percorso. Da Asti fino a Colonia!
Ci si scambia pareri, una mappa; il gigante emiliano apre il suo cuore anche a loro, come solo lui sa fare. Le donne, invece, cigolano parlate intorno alla ragazzina. È giovane ed entusiasta, appena uscita da un telefilm tedesco; forse un po' naive... un po' troppo, ecco.
Si prosegue lungo il Reno: è un fiume sornione ed elegante. Si sente che ne ha viste tante. Fa impressione essere dentro la Storia e vedere fi-si-ca-men-te un confine che si sviluppa all'infinito.
Paesaggio monotono ma affascinante: ero così preso dall'armonia che per venti minuti ho pedalato come un folle in compagnia di Lucio Battisti... già, proprio lui.
Siamo italiani, e ci s'intende: perché gli italiani perbene sanno che quella della gita ciclistica è cosa rara, non per cecioni o fighetti o sfigati travet come certi miei colleghi della Rai.
Lui è di Asti, lei di Colonia. Da un anno non vede i suoi. Hanno deciso di percorrere in bici l'intero percorso. Da Asti fino a Colonia!
Ci si scambia pareri, una mappa; il gigante emiliano apre il suo cuore anche a loro, come solo lui sa fare. Le donne, invece, cigolano parlate intorno alla ragazzina. È giovane ed entusiasta, appena uscita da un telefilm tedesco; forse un po' naive... un po' troppo, ecco.
Si prosegue lungo il Reno: è un fiume sornione ed elegante. Si sente che ne ha viste tante. Fa impressione essere dentro la Storia e vedere fi-si-ca-men-te un confine che si sviluppa all'infinito.
Paesaggio monotono ma affascinante: ero così preso dall'armonia che per venti minuti ho pedalato come un folle in compagnia di Lucio Battisti... già, proprio lui.
14 agosto 2012
da Friburgo ad Heidelberg - 3. Strasburgo
Pedalata delicata, tra boschi di altri tempi, cittadine ordinate e tenute agricole dissimulate. 60 chilometri accanto a un fiume/palude/torrente, immersi nel silenzio più totale, dove anche il ritmico rumore del pedalare diventa reato.
Tutto è in armonia, regalando momenti di estasi quasi imbarazzanti per quanto sono assoluti.
Strasburgo è un gioiellino, quasi affettato, ma molto bello. Sembra una Bruges un po' più sorniona, ricca di inquadrature leggere e romantiche.
Domani forse passeremo a Baden-Baden.
Tutto è in armonia, regalando momenti di estasi quasi imbarazzanti per quanto sono assoluti.
Strasburgo è un gioiellino, quasi affettato, ma molto bello. Sembra una Bruges un po' più sorniona, ricca di inquadrature leggere e romantiche.
Domani forse passeremo a Baden-Baden.
13 agosto 2012
da Friburgo ad Heidelberg - 2. Obernai
Secondo giorno con errore strategico: per evitare salite, abbiamo girato intorno a una collinona per poi trovarci dopo - quand'eravamo ormai stanchi - almeno una decina di salitine toste, una dopo l'altra.
Francesi cordiali e puliti.
Organizzazione latita alla grande: neanche ci avevano prenotato la cena già pagata.
Il gigante emiliano ha un'energia mostruosa. Le nostre fanciulle sono stanche. Io deluso da mia lentezza.
Ma i posti sono da sogno. Altroché: da so-gno!
Francesi cordiali e puliti.
Organizzazione latita alla grande: neanche ci avevano prenotato la cena già pagata.
Il gigante emiliano ha un'energia mostruosa. Le nostre fanciulle sono stanche. Io deluso da mia lentezza.
Ma i posti sono da sogno. Altroché: da so-gno!
12 agosto 2012
da Friburgo ad Heidelberg - 1. Colmar
Col gigante emiliano e la sua fanciulla, con mia moglie nel mio cuore, abbiamo aspettato oltre tre ore la consegna delle bici.
Girolibero e il suo omologo tedesco hanno combinato un casino da urla di indignazione, anche dal più paziente dei giobbe circolanti.
Ma il peggio sono le mappe: tradotte con Gugul Transaltor, dànno indicazioni che neanche Fantozzi.
Epperò l'Alsazia è una poesia: silenzio e boschi, silenzio e borghi antichi che appaiono dal nulla, silenzio e campi coltivati.
Primo giorno un po' strano: belle le cose viste; scandalosa l'organizzazione.
Girolibero e il suo omologo tedesco hanno combinato un casino da urla di indignazione, anche dal più paziente dei giobbe circolanti.
Ma il peggio sono le mappe: tradotte con Gugul Transaltor, dànno indicazioni che neanche Fantozzi.
Epperò l'Alsazia è una poesia: silenzio e boschi, silenzio e borghi antichi che appaiono dal nulla, silenzio e campi coltivati.
Primo giorno un po' strano: belle le cose viste; scandalosa l'organizzazione.
25 agosto 2008
la potenza del corpo
Il corpo, non solo quello umano. Ma anche lo "spirito di corpo", che in molti dovreste sperimentare prima di continuare a tediarvi nelle vostre scarne vite.
Da oggi sono un supereroe, perché ho vissuto un'esperienza rara e unica che auguro a tutti di potervi inventare, tanto costa poco e tanto è facile da organizzare: una gita in bicicletta.
In sei giorni, ho percorso 370 chilometri lungo il Danubio, dall'austriaca Vienna, passando per la slovacca Bratislava, per finire all'ungherese Budapest.
370 chilometri in cui ho imparato a conoscere il mio corpo - e lo "spirito di corpo", senza mai perdere contatto con la realtà, ma leggendola da un punto di vista totalmente nuovo, come se fosse la prima volta.
Ogni volta che stavo per cedere, ogni volta che disperavo, ogni volta che sentivo il ginocchio dolorare terribilmente. Ogni volta che la salita si presentava più alta e perigliosa, ogni volta che la strada mordeva tutte le mie membra più recondite, ogni volta che sentivo crollarmi dentro le mie energie... c'erano due persone accanto a me.
Sempre.
Mia moglie o Alberto, un gigante emiliano dal cuore generoso di un bambino maturo e sorridente, che mi aspettavano, mi coccolavano, mi suggerivano, mi sorridevano.
Erano come una luce nel buio di uno sforzo mai intrapreso prima, impossibile per chi ha la sarcoidosi come me, perché il cuore è disperato, i polmoni affaticati, le giunture sfibrate e sfibranti.
E allora senti che avere accanto qualcuno, silente ma presente, che sa darti gioia e coraggio, significa che forse c'è ancora qualcuno che sa esistere e non sopravvivere a se stesso.
Eppoi... che mangiate, ragazzi, che mangiate!
Perché il corpo brucia come una macina. 4 litri d'acqua in 6 ore senza mai andare in bagno. Primo, secondo, terzo, dolce e caffè sia a pranzo che a cena, magari rubando anche dal piatto di mia moglie... il corpo brucia, eccome se brucia.
Non c'è niente di più bello che mangiare con persone belle, una famiglia intorno al cuore di quest'uomo, mia moglie che sorride anche quando dorme, e una bicicletta che non si romperà mai.
Io da oggi sono un supereroe, perché ho conosciuto veri esseri umani.
bicicletta, Ungheria, Austria, Europa, viaggi
Da oggi sono un supereroe, perché ho vissuto un'esperienza rara e unica che auguro a tutti di potervi inventare, tanto costa poco e tanto è facile da organizzare: una gita in bicicletta.
In sei giorni, ho percorso 370 chilometri lungo il Danubio, dall'austriaca Vienna, passando per la slovacca Bratislava, per finire all'ungherese Budapest.
370 chilometri in cui ho imparato a conoscere il mio corpo - e lo "spirito di corpo", senza mai perdere contatto con la realtà, ma leggendola da un punto di vista totalmente nuovo, come se fosse la prima volta.
Ogni volta che stavo per cedere, ogni volta che disperavo, ogni volta che sentivo il ginocchio dolorare terribilmente. Ogni volta che la salita si presentava più alta e perigliosa, ogni volta che la strada mordeva tutte le mie membra più recondite, ogni volta che sentivo crollarmi dentro le mie energie... c'erano due persone accanto a me.
Sempre.
Mia moglie o Alberto, un gigante emiliano dal cuore generoso di un bambino maturo e sorridente, che mi aspettavano, mi coccolavano, mi suggerivano, mi sorridevano.
Erano come una luce nel buio di uno sforzo mai intrapreso prima, impossibile per chi ha la sarcoidosi come me, perché il cuore è disperato, i polmoni affaticati, le giunture sfibrate e sfibranti.
E allora senti che avere accanto qualcuno, silente ma presente, che sa darti gioia e coraggio, significa che forse c'è ancora qualcuno che sa esistere e non sopravvivere a se stesso.
Eppoi... che mangiate, ragazzi, che mangiate!
Perché il corpo brucia come una macina. 4 litri d'acqua in 6 ore senza mai andare in bagno. Primo, secondo, terzo, dolce e caffè sia a pranzo che a cena, magari rubando anche dal piatto di mia moglie... il corpo brucia, eccome se brucia.
Non c'è niente di più bello che mangiare con persone belle, una famiglia intorno al cuore di quest'uomo, mia moglie che sorride anche quando dorme, e una bicicletta che non si romperà mai.
Io da oggi sono un supereroe, perché ho conosciuto veri esseri umani.
bicicletta, Ungheria, Austria, Europa, viaggi
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