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14 dicembre 2023

THE CLONE WARS da vedere è

Il fanciullino che cerca di sopravvivere in me trova avvilente questo proliferare di serie tv intorno la saga di Star Wars.

Già il trittico prequel e quello sequel cinematografici sono stati fastidiosi da digerire, figuriamoci le trame e sottotrame televisive da inseguire per ritrovare sensazioni che in realtà dovrebbero restare nell’eterno passato.

Certo, Mandalorian è “carino”, Ahsoka regge bene, Andor è potenzialmente intrigante; ma l’insieme è diventato la sag(r)a della porchetta, ammettiamolo.

Un bel giorno, mentre registravo un mio intervento per Digital World, il tecnico del suono mi ha parlato molto bene della serie animata The Clone Wars: per chi conosce poco il franchising, è l’ideale prosecuzione delle vicende narrate nel cinematografico Guerra dei cloni.

A suo tempo, ne avevo già assaporato qualche frammento, ma avevo trovato i disegni fastidiosi. Però ho deciso di riprovarci: resta un prodotto difficile da accettare, ma ha dalla sua alcuni elementi narrativi che trovo stimolanti.

Anakin/Dart Fener acquista molte più sfumature, rendendo corposo e credibile il suo futuro passaggio al lato oscuro; i cloni sono “buoni”, eroici, coraggiosi, ti ci affezioni (del resto, benché identici, ognuno di loro ha una cifra nel vestiario che li rende individuabili); Kenobi, invece, diventa sapientino e antipatico, ben lontano dall’aura di Alec Guinness nel “nostro” Guerre Stellari.

Niente di eccezionale, per carità, ma guardandolo da questa angolatura, l’intera saga cinematografica vi si ripresenterà poi in una forma diversa.

Una curiosità che riguarda trasversalmente l’intero franchising: il personaggio del pilota “buono” Wedge Antilles è interpretato da Denis Lawson; nel mondo reale è lo zio di Ewan McGregor, che a sua volta interpreta Obi-Wan Kenobi da giovane; nel mondo reale è il marito di Mary Elizabeth Winstead, che a sua volta interpreta Hera Syndulla…

12 aprile 2010

pollanski nell'ombra


L'uomo nell'ombra parte benissimo, alla grande, con mille inquadrature che indugiano su mille cose per dirti che prima o poi te le risolveranno tutte; una parabola narrativa che sale sale sale sale sale sale e... PATAPUMFETE!, lo sceneggiatore versa un po' di caffè sul suo manoscritto e si dimentica di dare un senso compiuto al tutto, butta via la penna e scarabocchia di fretta un finale di due-minuti-due che poteva scrivere anche uno dei miei pupazzetti.
Eppoi perché cercare l'incercabile e quindi finire nella banalità? Per dirne una: all'inizio, a McGregor càpita una cosa negativa. E come me la risolve il film? Con un chiarimento telefonico!!! "Eh sì, m'è capitato questo per questo, questo e quest'altro motivo"... e così sono bravo pure io!
Dico io, fai tanto l'Hitchcock dei poveri, te la tiri come chissà chi, eppure ancora non hai imparato che in un thriller anche l'inquadratura-puzzetta deve avere un senso. Un bicchiere non è un bicchiere, una finestra che sbatte non è una finestra che sbatte.
Peccato, un gran peccato, perché forse era la prima volta che guardavo un film di Polanski senza pensare ad altro.
Poi magari a voi piacerà: a me non ha detto un granché.
Solo una scommessa: una cena all'Hilton se vi ricordate come si chiama il personaggio interpretato da Ewan McGregor.