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20 novembre 2013

quando #Murakami racconta il #jazz

Come facciano gli artisti giapponesi ad essere sempre così naturalmente seducenti, resta un mistero.
Non ricordo un testo/brano giapponese che non porti con sé questa rara attitudine alla seduzione.
Ma non parlo di sesso né di senso: è che si respira sempre l'aria del piacere, dell'elegante piacere, del piacere senza enfasi e senza misteri, del piacere fine a se stesso, del piacere senza ansie o finzioni.
E se pensiamo che buona parte di noi miseri occidentali non conosce una virgola di giapponese, evidentemente - e nonostante - il lavoro dei traduttori riesce nella difficile impresa di mantenere almeno questa rara qualità, che in noi non giapponesi è pressoché inesistente.
Non sono un grande fan di Murakami: gli voglio bene perché rappresenta un collegamento profondissimo e intimo con mia moglie; ma per quel poco che ho letto, non mi sono sentito così in sintonia come invece mi càpita - quasi istericamente - con Mishima.
Eppure, e proprio per questo, trovo questi suoi Ritratti in jazz un piccolo gioiello che potrebbe piacere sia agli appassionati sia a chi non frequenta le innumerevoli stanze del jazz di ogni tempo.
Descrizioni brevi, precise e molto personali, ma anche semplici, ma anche ricche di riferimenti e di indicazioni. Disegni lineari, evocativi e ben fatti (di Makoto Wada) che confezionano al meglio questa piccola prova di seduzione musicale (appunto).
A conclusione di ogni ritratto, brevissime ma azzeccate biografie/discografie, utili a chi si è dimenticato qualcosa del personaggio trattato o a chi non ne sa nulla.
Per invogliarvi all'acquisto (o al regalarlo), ecco un brevissimo passaggio dalla voce dedicata alla sublime voce dell'eterna Billie Holiday: 
Può darsi che si tratti din una sorta di "perdono" - questa è la sensazione che provo di recente. Quando ascolto le canzoni di Billie Holiday degli anni '50, sento che lei prende su di sé in blocco tutti gli sbagli che ho commesso fino ad oggi, tutte le ferite che ho inferto finora a tante persone attraverso quello che creo, cioè attraverso la scrittura: e mi perdona. "Dimentica, ormai non importa più", sembra dirmi Billie. La sua non è una cura. Non voglio curarmi. Di qualsiasi cosa si tratti, non è qualcosa che possa essere curato. Perdonato però sì, semplicemente perdonato.
E che dire di quella su Bill Evans (il pianista; non l'omonimo sassofonista):
Quando l'ego umano (e quello di Evans doveva comportare parecchi problemi) passa attraverso quel sistema di filtraggio che è il talento, possiamo vedere con i nostri occhi gioielli di bellezza impareggiabile rotolare al suolo.
O su quella di Bix Beiderbecke (eccellentemente raccontato dal migliore Pupi Avati, ricordate?)
La gioia e la tristezza che la sua musica esprime sono prodigiosamente vivide, il fascino scaturisce come acqua da una fontana e penetra in noi che l'ascoltiamo senza ostentazione ma anche senza esitazioni.
Insomma, una gran bella esperienza.


19 marzo 2011

ogni uomo è giapponese, non manco di nulla

Sto provando quasi un dolore fisico nell'assistere al dramma giapponese.
Nella testa rivivo tutto quelle volte che ho incontrato questa straordinaria cultura, restandone sempre e solo ammaliato, affascinato, invidioso quasi.
Ricordo 15 abbondanti anni fa, quando, ricoverato per quasi 5 mesi, ancora non erano certi se fosse un cancro o la sarcoidosi, e io leggevo quasi un libro al giorno. Non so per quale motivo caddi dentro La pioggia nera di Masuji Ibuse, tipico romanzo dopobomba (quella vera, e non quella ipotizzata dal vate Philip K. Dick), ricco di suggestioni e di umanità.
E che dire della Donna di sabbia di Kobo Abe? O dei capolavori "minori" di Mishima, che proprio in quegli anni venivano ricicciati da tutti, alla disperata ricerca di qualcosa all'altezza del Padiglione o della Maschera.
Il Giappone, che volevo visitare a Natale prossimo.
Il Giappone, che guardandolo nei film di guerra, non riuscivo mai a parteggiare contro: tifavo - questo sì - per gli eroi americani; ma mai riuscivo a "odiare" il nemico, come invece facevo con i "perfidi" nazisti.
Il Giappone, che ricordo quella mostra ad Arezzo sul periodo Edo, che gustai per due giorni consecutivi, imparando tante di quelle cose, che però la mia - la nostra - cultura così egoista ed individualista, impedisce poi di saper perlomeno ripetere, se non seguire, imitare.
Il Giappone, sono i tocchi di pianoforte di Sakamoto, che rende apprezzabili le altrimenti dolenti e monotone ballate di David Sylvian.
Il Giappone, che guida a sinistra, che si inchina sempre e ovunque, che è Takeshi Kitano, con quei film mirabili e delicati, anche quando parlano di mafia.
Il Giappone, che è Takashi Miike e il suo dirompente cinematografare così proiettato verso il futuro.
Il Giappone, che è Kurosawa, quando andai al Mignon a vedere i Sette samurai, e conobbi il compagno di mia madre. O quando seguivo le lezioni di Marotti alla Sapienza gustando inediti di questo straordinario maestro del persempre.
Il Giappone, che è Toshiro Mifune che chiede il permesso a Charles Bronson di uccidere Alain Delon, e per questo titubare si becca una pallottola nella pancia, e muore. E allora Bronson consegnerà al suo posto la preziosa katana.
Il Giappone, che legge più libri di chiunque altro al mondo, ma che poi li butta per mancanza di spazio.
Il Giappone, che adesso fanno la fila ordinata anche durante le evacuazioni, rispettando le distanze di sicurezza.
Il Giappone, che la gente ha fame ma non ha soldi; e allora i negozianti concedono comunque credito, perché sanno che la gente tornerà per pagare il dovuto.
Il Giappone, che sa sopravvivere e soffrire con immensa dignità.
Il Giappone, che vorrei abbracciare con tutto il mio spirito.

Message from Ryuichi Sakamoto

25 novembre 2010

forbidden colours

Quarant'anni fa si suicidava Yukio Mishima (Tokyo, 14 gennaio 1925 - 25 novembre 1970), uno dei più grandi scrittori di tutti tempi.
Nella mia vita esistono pochi momenti "prima/dopo"; sicuramente prima di leggere Mishima il mio rapporto con la vita era misero, rispetto al dopo aver letto i suoi capolavori.
Se non lo conoscete, vi consiglio di iniziare questo viaggio senza ritorno.