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16 dicembre 2024

IL CRISTO VIRTUALE: UN INCUBO DIVENTATO REALTÀ

Prima di diventare il papà di Star Wars, George Lucas iniziò la sua carriera con un film autoriale, che il bambino che ero soprannominò “Ritratto di donna pelata” (citavo questo sceneggiato).

Stiamo parlando di THX 1138 (1971), tradotto in italiano con L’uomo che fuggì dal futuro.

È un capolavoro di rara bellezza, ambientato in una distopia peggiore di “1984”, dove le persone non hanno nome, se non codici alfanumerici (da qui il titolo); per rendere il tutto più ansiogeno, sono costrette a vivere calve, a vestire in un anonimo bianco, a lavori automatici e ripetitivi. Private di identità, sessualità, diritti, vivono nell’alienazione totale, senza respiro, senza speranza, senza passato o presente o futuro.

Stranamente, persiste una parvenza di conforto spirituale: un confessionale trasparente che consente di rivolgersi ad un Gesù digitale, ripetitivo e algido (guardate qui).

Una follia del genere non potrebbe mai accadere nella realtà… tranne che a Lucerna, dove l'installazione Deus in Machina permette di confessarsi con un Gesù virtuale

22 aprile 2014

rivedere "THX 1138 - L'uomo che fuggì dal futuro"

Non so se ho fatto bene: due giorni fa ho rivisto THX 1138 - L'uomo che fuggì dal futuro dopo ben 39 anni (il film è del 1971, ma io lo vidi nel 1975).
Per carità, è un capolavoro. 
Il mio unico dubbio viene dal fatto che ho visto il director's cut (non esiste copia in dvd dell'edizione originale). A leggere wikipedia (quindi con moltissima cautela), sembra che i ritocchi non siano così rilevanti: però resta il dubbio d'aver comunque ucciso la Memoria.
Fatto sta che la trama è attuale, attualissima, e la visione distopica del futuro è molto sofisticata ma credibile; Donald Pleasence, poi, riesce a rubare la scena a Robert Duvall con esemplare eleganza. In più, il motivo "commerciale" del come si conclude la trama, è drammaticamente possibile.
La sceneggiatura e la scenografia reggono al cospetto di certe ovvietà di oggi (che immagino siano invece pensate per un pubblico più stupido), e George Lucas si dimostra uomo di talento sprecato, sprecatissimo. Io adoro Guerre Stellari e posseggo un'inifità di edizioni diverse. Ma mai ci si aspetterebbe che questo THX sia un'opera del papà di Luke e Han Solo. Anzi, se esistesse un universo parallelo, sarebbe divertente scoprire cosa sarebbe diventato Lucas se non avesse azzeccato lo strasuccesso del western spaziale (la definizione è di Sergio Leone).
Trama all'osso, attori straordinari, fotografia da Premio Nobel, e un iperrealismo di fondo che ricorda molto certe intuizioni di Heinlein e/o di Matheson.
Due consigli (tra i tanti). Date un'occhiata ai titoli di testa: oltre a scorrere al contrario (evento ancor più raro di quando alcuni optano per questa scelta con quelli di coda), presentano nomi allora giovanissimi che poi disegneranno il futuro del cinema di sempre (non ultimo, il magistrale Walter Murch).
Seguite attentamente la temporanea "prigionia" dei protagonisti: vengono rappresentate figure e personalità in maniera quasi pirandelliana, con disinvolti riferimenti e ammiccamenti antropologici di rara nitidezza.
Una lezione, insomma.
Per i patiti del genere, poco prima della scena finale, la radio della polizia annuncia l'investimento di un wookie.