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01 gennaio 2016

a #UJW23 scorre il Vinodentro la tromba di Fresu

Nato come colonna sonora dell'omonimo film di Ferdinando Vicentini Orgnani, questo progetto di Paolo Fresu ha dovuto superare lo scoglio stancoso del duo Lewis Nash che apriva la serata; e che forse lo ha un po' penalizzato.
Fatto sta che di tutte le prove del bravissimo musicista sardo che abbia mai ascoltato, è quella che mi ha convinto di meno: troppo scollata, quasi meccanica, senza peraltro un supporto adeguato da parte degli archi (in alcuni momenti addirittura scordati). Da rimproverare ad alta voce l'ultimo dei violoncellisti, pessimo nell'affrontare le partiture, addirittura maleducato nei confronti del pubblico.
Fresu è sembrato lavorare di mestiere, quasi recitare quei trick tecnici e elettronici che lo rendono comunque un genio dello strumento. Quasi sacrificato Daniele Di Bonaventura, capace comunque di un'ottima direzione musicale. Certo, stiamo sempre pur parlando di un concerto di Paolo Fresu: ma proprio per questo si pretende da lui sempre il meglio.
Tra i due bis da sottolineare il secondo: una dolcissima lettura della sempreverde Answer Me, My Love, nota grazie anche a Joni Mitchell, e che i meno giovani conoscono grazie all'ellenica interpretazione di Nat King Cole, la cui figlia Natalie ci aveva lasciati poche ore prima l'inizio della serata (quando si dicono le coincidenze).

26 marzo 2015

Manu Katché - Live in concert

Un capolavoro, un autentico capolavoro.
Sensuale, caparbio, aggressivo, dolce, romantico, languoroso, moderno, tradizionale, intrigante, raffinato, sofisticato... impossibile trovare un solo binario entro cui costringere questa splendida opera di uno dei più dotati batteristi degli ultimi vent'anni.
Ed è ancora più sorprendente come lavoro perché è riuscito inaspettatamente a lib(e)rarsi da certi lacci seriosi e ammiccanti dei precedenti ultimi due cd, dove secondo me l'eccesso di "stile ECM" aveva sempre più congelato l'animo dell'ex batterista di Peter Gabriel, Pink Floyd, Dire Straits, Jan Garbarek e di mille altri.
Forse il passaggio alla ACT, forse il pubblico presente (una sorta di dodicesimo giocatore in campo), forse l'attitudine live, o forse tutte queste cose messe insieme, regalano all'ascoltatore un'esperienza musicale di rara bellezza.
Da evidenziare l'elegante timidezza di Luca Aquino, trombettista leggermente legato al suo vate Paolo Fresu, che riesce però ad inserirsi con scioltezza nel combo senza temere il confronto con Tomasz Stańko, Mathias Eick o Nils Petter Molvær (suoi autorevoli predecessori alla corte di Katché). 
Riuscitissimi il pianoforte e l'hammond di Jim Watson. Contenuto e sobrio il sassofonismo gotico di Tore Brunborg.

La sequenza dei brani (tutti di Katché) 
1 Pieces Of Emoion - 06:18
2 Shine And Blue - 05:12
3 Song For Her (di cui potete ammirare l'esecuzione qui sotto) - 07:44
4 Loving You - 02:48
5 Clubbing - 09:45
6 Springtime Dancing - 05:17
7 Walking By Your Side - 06:54
8 Beats And Bounce - 07:55
9 Drum Solo - 04:56
10 Snapshot - 09:03


31 dicembre 2014

Paolo Fresu / Daniele Di Bonaventura duo a #UJW22

Qualsiasi genere musicale venga sfiorato dalla grazia di Fresu, diventa magia. Non so come faccia, né tantomeno voglio saperlo, ma è una dote così rara e profonda che dopo ogni suo concerto non voglio ascoltare più musica alcuna per il resto della giornata.
Questo con Di Bonaventura è stato un viaggio nel mondo del bandoneon, senza però mai toccare la parte più ovvia - quella del tango, cioè - se non con una premessa ironica alla conclusione del set (la sempiterna Adios Muchachos di Gardel).
Commovente, ai limiti dei lucciconi, la sofisticata esecuzione di Non Ti Scordar Di Me; aggraziata la variazione intorno a una tradizionale ninna nanna bretone; felicissime citazioni di Puccini, Bach e Stravinsky, di El Pueblo Unido e di antichi echi del Sudamerica meno noto; doppio omaggio all'amico e sodale Ermanno Olmi; conclusione d'obbligo con la sempre attuale Te recuerdo Amanda.
Un concerto tondo, pulito, elegante e ricco di suggestioni che ritroveremo in altre forme nel marzo venturo in un cd ECM.

Omar Sosa / Paolo Fresu duo a #UJW22

Ho volutamente spostato l'ordine degli artisti rispetto al programma ufficiale perché quello di ieri è stato un concerto tribale, non europeo.
Sosa, cioè, ha creato dal nulla una meravigliosa sfera musicale che via via si è dilatata, sul palcoscenico prima e in platea poi, coinvolgendo tutti ad assaporare le "sommesse magiche note" di tutto lo scibile musicale umano (anche quello che dev'essere ancora composto).
Un concerto in cui persino Fresu si è dolcemente trasformato da dio a sacerdote, fluttuando con insospettabile devozione dentro quei magici momenti.
Da questo progetto nascerà un disco: chissà se la tecnologia sarà capace di restituire la magia di ieri sera. Non lo spero solo per me, privilegiato comunque dall'averla vissuta dal vivo, ma per voi che non c'eravate.

01 gennaio 2014

Originals di Fresu e Caine a #UJW21 (recensione da #Orvieto, #jazz)

Mirabile conclusione di questa irripetibile tetralogia nel mondo musicale di Fresu e Caine, sofisticato e nel contempo alla portata di chiunque sappia/voglia ascoltare senza limiti e preconcetti: un concerto che ha lasciato il segno nel cuore e nell'anima.
Fresu e Caine hanno presentato quasi tutti i brani da loro composti e contenuti in Things e Think., di cui vi consiglio caldamente l'acquisto; brani agili ma profondi, lineari ma anarchici. Ma soprattutto hanno confermato ancora una volta come il jazz di un ebreo nordamericano e di un minuscolo sardo di provincia - un incrocio improbabile di se per stesso - possa convivere senza difficoltà alcuna con la musica nera, il blues, il ragtime, il soul, il barocco, la lirica... senza però perdere identità e intenzioni, obiettivi e ideali.
Di tutti i progetti presentati in questo Winter, credo che quello di Fresu e Caine sia stato il più intrigante, sfrontato e coraggioso; speriamo che l'eco di questa dolce impresa vada oltre i confini dei soliti quattro "addetti ai lavori". Il jazz merita più spazio, più attenzione e anche più soldi.

31 dicembre 2013

Il barocco di Fresu e Caine a #UJW21 (recensione da #Orvieto, #jazz)

Che serata!
Fresu e Caine hanno raccontato il barocco e la classica con rara perfezione, divertendo, commuovendo e incuriosendo un pubblico abbastanza attento, in un contesto sempre molto evocativo come solo sa essere il Teatro Mancinelli.
Si inizia con il Bach più intimo per poi passare al noto canone di Mahler dalla sua Prima Sinfonia. E qui mi sono commosso, sia perché amo il compositore, sia perché mi sono ricordato di quando il compianto Quattrocchi commentò per me il progetto che Caine propose proprio sulle musiche di Mahler.
Poi, un salto dentro Monteverdi. La notizia è che anche Fresu sbaglia: ha preso una stecca niente male che però ha dissimulato con mestiere.
Grande lettura delle Variazioni Goldberg, superbo rispetto per la Mimì pucciniana, grandissima Lascia Ch'io Pianga di Händel che mi ha ricordato alcune cose privatissime che mi legano a mia moglie.
Dopodiché i due ci hanno accompagnati dentro le composizioni di Barbara Strozzi, semisconosciuta perché donna e perché soffocata comunque dall'invadenza di Monteverdi.
Gran finale con l'inno di Händel e una Butterfly nostalgica, con un bis baroccheggiante di estrema bravura.
Disco in arrivo? Speriamo, perché il concerto è stato bellissimo.

30 dicembre 2013

Gli Standard di Fresu e Caine a #UJW21 (recensione da #Orvieto, #jazz)

Più che un viaggio negli standard, è stato un percorrere in lungo e in largo il mondo del Miles Davis premodale. Molti brani proposti, infatti, erano cavalli di battaglia del trombettista nero, che Fresu e Caine hanno riletto con molto mestiere ma poco coraggio.
Dispiace dirlo, ma dai due mi aspettavo molto di più, specie da Caine, che ha maltrattato il piano e il Rhodes come fossero scarne pareti da riempire di chiodi e puntine.
Ad alcuni momenti di rara bellezza (specie nel bis, con Valentine e But Not For Me) si sono intervallati lunghi episodi di "duelli" musicali che hanno coinvolto vittime inconsapevoli da Porgy and Bess (ben due) o cose tipo Cheek To Cheek.
Mirabile il purtroppo breve gioco delle parti su Night In Tunisia (che si mantiene giovane, nonostante l'età), velleitario e quasi ridondante il consueto uso di effetti elettronici da parte del sardo.
Insomma, quando gli Dei suonano non possono perdersi in giochetti da comuni mortali.
Vedremo stasera cosa accadrà.

09 aprile 2013

il Mare Nostrum di Fresu, Galliano e Lundgren

Abbacinati come siamo dalle meraviglie della ECM, spesso perdiamo per strada le etichette altre, come la ACT. Oltre ad avere nomi di spessore, riesce comunque a sorprendere anche quando la fama non c'è.
Certo, poi, uno si lascia condizionare dai nomi e quindi va sul sicuro su questo Mare Nostrum di Paolo Fresu, Richard Galliano e Jan Lundgren... e resta di stucco.
Musica languorosa ma mai stucchevole (nonostante il rischio ci sia con un'eccellente versione di Que reste-t-il de nos amours? che sarebbe piaciuta a Trénet)
Jazz fluido al servizio dell'ascoltatore. Mai una sbavatura. Tanta bravura, tanta grazia, e tanti ricordi che si adagiano delicatamente sul nostro sguardo perduto.
Se volete assaggiare il cd, questo live fa per voi:

03 febbraio 2012

Danny Grissett, il pianista elegante

Ogni numero di Musica Jazz è una delizia. C'è sempre tanto da imparare, ma soprattutto le recensioni sono sempre più aperte alla frontiera, dove jazz e musica altra si sfiorano appena (recentemente hanno elogiato addirittura alcune cose di David Sylvian e Jean Michel Jarre). 
In uno degli ultimi numeri avevo letto la recensione di Stride del pianista Danny Grissett (con Vicente Archer al basso e Marcus Gilmore alla batteria): un cd eccellente, sotto ogni punto di vista.
Onestamente, non avevo mai sentito parlare di Grissett prima di quest'opera (la terza del terzetto), e a un primo ascolto ero rimasto scettico. In fondo, si sa, ci sono due tipi di jazzisti: quelli che la musica la servono (tipo Fresu, per intenderci), e quelli che si servono della musica (tipo Jarrett).
Poi, però, ci sono quelli alla John Lewis, che la musica la rispettano, a volte esplorandola, a volte inventandola. Sono i meno vistosi, e quindi da assaggiare lentamente. Grissett è tra questi: e il mio fare un cenno a John Lewis ci sta tutto (cfr il video qui sotto, dove ci sta molto MJQ e nulla di Jacques Loussier... per fortuna).
Va detto che trovo la qualità della registrazione poco dinamica, e che forse un missaggio più accorto avrebbe restituito tutte le eccellenti qualità del trio. Però la forza e la potenza di questo raffinato combo ci sono tutte, e vanno assaporate con attenzione.
Ogni nota raccontata dalla mano destra ha la sua esattezza e ineludibilità. La mano sinistra - apparentemente sorniona - lavora, invece, con armonie moderne e contrappunti amabilmente retro. Gli spart e i rispettivi solisti sembrano proposti da una sola mente, tanto si rispettano e contemporanemante si sfidano con la giusta destrezza. Un approccio generale e condiviso fino all'ultima nota che sottolinea implicitamente una severa attenzione per i particolari. Infine, un paio di brani (Stride e Close Quarters) che potrebbero tranquillamente diventare degli standard.
Insomma, un cd che non dovrebbe mancare nella vostra discoteca.

19 gennaio 2012

Paolo Fresu ad #UmbriaJazzWinter

Parliamo di trombe; le migliori.
Più volte vi ho raccontato quella di Fabrizio Bosso: è coinvolgente, assoluta, e ti mitraglia sulla poltrona senza darti il tempo di respirare (i bossoli di Bosso; la battuta vien da sé). È la follia fatta suono: perfetta quanto irrimediabilmente legata all’istante dell'ascolto.
Quella di Paolo Fresu, invece, avvolge, e te lo porti dentro per giorni. Non ne puoi fare a meno, e nello stesso tempo hai quasi il terrore di sperimentarla in nuovi brani, perché è così unica e assoluta che diventa fisicamente impegnativo avventurarsi dentro altri suoni.
L’abbiamo ascoltata nella Sala dei 400 di Orvieto, durante Umbria Jazz Winter, e mi sento di dire che - dopo gli scrosci delle Cascate di Iguaçu - è stata una delle più sorprendenti esperienze spirituali che abbia mai provato; io che non sono credente, e non sopporto le mode esoteriche di certe proverbiali zecche.
Avevamo due posti eccezionali, per posizione e visibilità. La sala era un continuo architetturare di elementi antichi e di soluzioni moderne, per cercare di mantenerla in un buon alveo musicale. Acustica peregrina a parte, tutto molto suggestivo. Di fronte a noi, un semplice pianoforte respira in attesa di un prossimo concerto. Poi, cinque sedie, quattro per l’Alborada String Quartet; una per Fresu.
Solo il quartetto si siede, le luci calano poco (gravissima pecca per come si sono evolute poi le note), e gli archi cominciano a suonare. Ma Fresu dov’è? Fresu dov’è? Il quartetto continua col suo canone, anche abbastanza “facile” se vogliamo. E Fresu non si materializza da nessuna parte.
Poi, come se fosse ovvio, spontaneo e naturale, una sontuosa ed elegantissima nota di flicorno comincia a viaggiare dall’entrata della sala, lì in fondo, dove i commessi fanno a gara a chi si annoia di più. Le nota gira per la sala, percorre il corridoio, per poi avvolgere sapientemente l’intero quartetto, Fresu ancora non c’è, ma la sua musica sì.
Il resto è stata una costante e inebriante successione di momenti musicali veramente indimenticabili, precisi quanto eterei, tecnici quanto spontanei. 
Un concerto strabiliante, insomma, dove il piccolo sardo ha commistiato sapientemente tradizione antica e attitudini moderne (quanto dell'amico Jon Hassell pervade la sua tecnologia, eh?), a conferma della citazione mahleriana che troviamo come prefazione alla sua biografia: "La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione della cenere".
Qualche pezzo da novanta del jazz lo ha definito "Napoleone": eppure, Fresu sembra di un'umiltà e di una disponibilità complete. Lo si percepisce sia nella sua musica, sia nel suo suono, che nel suo modo di parlare col pubblico e di porsi con gli strumenti e con i compagni di esibizione.
Un concerto, insomma, che mi ha dato molto da pensare, anche sul piano profondamente intimo e personale, e che mi ha aperto delle porte nuove, forse difficili da varcare, ma sicuramente stimolanti e avvincenti.