01 giugno 2010

Don Mario Picchi e l'Impero della Solitudine

Quand'ho saputo della morte di Don Mario Picchi, mi son sentito fisicamente uscire da un incubo, un incubo iniziato nel 1985. Ma purtroppo i gravissimi danni che ho subito nella mia vita, quindici inutili mesi a fare il volontario nel suo Impero della Solitudine, quelli non me li restituirà mai nessuno. Così come nessuno potrà più restituirmi quel mio sorriso ingenuo ed entusiasta che tutti i diciottenni dovrebbero avere e che purtroppo persone come Don Mario Picchi provano caparbiamente a distruggere e mortificare. Che poi io ne sia uscito fuori, e che abbia continuato nelle mie lotte è tutta un'altra cosa. Ma quella ferita, quella piaga costantemente cosparsa dal suo arrogante sale, resta, dolorosamente resta nella mia memoria.
Ne sentii parlare dalla mia prof di biologia (una che comunque era contro l'aborto, e che era convinta che una donna se vuole può non farsi stuprare), e forte della mia volontà di impegnarmi nel sociale, di dare e dire la mia, andai subito nella sua sede a Piazza Cairoli a chiedere se potevo svolgere il Servizio Civile accanto a lui. Attenzione: essere obiettore e fare il Servizio Civile. Troppi scemi dicono fare l'obiettore; che invece è simbolo di furbizia all'italiana. Ma tra poco ci torniamo.
Fatto sta che iniziai una lunghissima gavetta dentro l'ufficio del suo bimestrale. Forte delle mie sperienze giornalistico scolastiche, dell'essere papabile di accettazione all'Accademia degli Incolti e dell'aver frequentato corsi con maestri come Biagi e Roidi, la cosa capitava a fagiolo. L'inizio fu strano, ma sensato: anziché sfruttarmi come redattore - seppur imberbe ma motivatissimo - mi schiaffarono a tagliare e incollare pezzi di giornale. Va bene: la gavetta deve essere anche questo.
Ma il salto di qualità era aggravato da limiti che di sensato non avevano nulla, né di meritocratico. Sì, traducevo testi, ripulivo materiale tradotto, organizzavo i rapporti con altre riviste. Ma niente di così vicino al mondo della tossicodipendenza. Attenzione: è vero che io non ero e non sono uno psicoterapeuta; ma è anche verò che un minimo di attività parallela si poteva fare, e in molti la facevano, non per forza formati, non per forza tranquilli.
Son cose difficili da restituire: il mio vero torto non stava nell'assenza di chissà quale qualità, ma nel fatto che non avevo mai fatto terapia. Era come se il mio non essere mai stato un tossico fosse una colpa. Una sorta di mondo al contrario.
In più il mio responsabile viveva dentro un cilicio psicologico, per cui riconoscere un merito, uscire alle 18,00 anziché alle doverose 20,00, sorridere anziché imbronciarsi, sperimentare le altrui bravure, erano tutte cose proibite e vietate.
Fatto sta che mi sentivo a disagio, perché inutile, perché costretto a fare cose che di aiuto concreto potevano pure stare bene all'inizio, ma dopo 9 mesi sapevano di punizione per colpe mai commesse o perlomeno ipotizzate.
Il risultato finale è che per fortuna non ero solo io a vivere questo disagio e durante la primavera accadde il finimondo.
Si rivoltarono i terapeuti pagati poco, i volontari sfruttati, noi obiettori trattati come bamboccetti fastidiosi. In molti ne parlarono durante un'assemblea, ma nel giro di pochissimi giorni la controriforma li colpì tutti, ad uno ad uno, tranne il sottoscritto e un mio collega, perché non potevamo essere ricattati del nostro passato. E già, non essendo ex tossici, che leva mai avrebbe potuto inventarsi Don Picchi per zittirci? Insomma, la comunità si rivelò per quello che era: si passava dalla tossicodipendenza alla picchidipendenza. E se quella di Muccioli era fisica (almeno così sembra), quella di Picchi era psicologica (almeno così la vidi io).
La goccia che fece traboccare il vaso fu quando scoprii che io non stavo facendo il Servizio Civile, ma coprivo insonsapevolmente un giornalista, che così poteva continuare a fare il suo lavoro. Per 15 mesi era come se non fossi esistito, né per loro, né per il Ministero. Ovvio che non potrei mai dimostrare il dolo diretto da parte di Don Mario Picchi, ma quello morale c'era tutto.
Certo è che ero diventato un fastidio, perché ormai consapevole del mio non ruolo. Ho perso il conto delle volte che qualcuno dentro la sede dell'ex Casa del Fanciullo (e non mi chiedete che fine ha fatto quel fanciullo, che è meglio) i soliti ignoti mi hanno bucato le ruote della vespa, oppure l'hanno imbrattata di rosso, oppure mi hanno anonimamente denunciato per ingiurie mai proferite, oppure anonimamente denunciato per un furto commesso da un collega. La mazzata finale me la diede il Ministero, che mi dichiarò Obiettore in un altro ente. E quindi dovevo ricominciare tutto d'accapo: tanto che credo di essere l'unico obiettore ad aver svolto 35 mesi di Servizio Civile. Un incubo totale!
Quando feci notare quest'ultima assurdità a Don Mario Picchi, mi rispose "vabbe', vorrà dire che questi 15 mesi ti son serviti come esperienza di volontariato".
Per fare il mio dovere ancora non mi ero iscritto all'università. Per fare il mio dovere avevo sacrificato 15 mesi di pura gioventù, la migliore. Per un mito della mia adolescenza avevo accettato di svolgere una mansione inutile e priva di crescita spirituale e lavorativa. Per un ideale nobile, ero stato usato per coprire un giornalista un po' furbetto.
Ho tentato recentemente a chiedere al mio ex capo cosa provava ad avermi trattato in quel modo. Ma non ha avuto i coglioni per rispondermi.
Negli anni successivi a quel dramma, ho combattuto ad armi impari contro Don Mario Picchi, non dico per farlo chiudere, ma almeno affinché venisse fuori la verità. Ma ho sempre trovato un muro di gomma. Tra giornalisti, intellettuali, sindacalisti, membri della lega obiettori, radicali... sempre un muro di gomma. Ed evito di raccontare chi/come/perché/dove una mia circostanziata denuncia ufficiale fu cestinata: gli avvocati costano, e il passato è passato.
Concludo con una domanda: come mai nei necrologi non è apparso neanche un nome di un vip, di quelli i cui figli Don Picchi prese in cura?
Quello che mi dispiace è che se esiste un Inferno, prima o poi io e lui ci ritroveremo... non so quanto ad armi pari, però.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Certo che un Don che si chiama Picchi è tutto un programma, comunque io farei un bell'articolo in più su queste assurdità e magari intervisti qualcuno che faccia da testimonianza di oggi e contrapposta a quello che sai tu

AL ha detto...

Mah, sai, ormai son passati tanti anni, e parte di quelli che vissero l'intera vicenda o l'hanno cancellata o l'hanno riletta in altro modo.
Una cosa è certa: a me quei 15 mesi non li restituirà più nessuno, e questo pessimo individuo non l'ha mai pagata in alcun modo.
Ciao,
Alessandro