16 novembre 2010

the social network

Credo sia molto difficile raccontare qualcosa senza schierarsi: bisogna essere persone molto intelligenti, e in un certo senso umili, nonostante il mondo dell'arte cinematografica - specie quello americano - pretenda e preveda anche spavalderia, pragmatismo, spirito d'iniziativa e di competizione.
Conosco bene il regista David Fincher, avendone apprezzato tutti i film (tranne qualcosa in Zodiac e tutto Button) e amato profondamente quella cifra stilistica dove l'artificio dell'effeto non è mai fine a se stesso, ma parte integrante della storia.
In questo film si parla di Facebook, e della personalità del suo ideatore/fondatore: un genio dell'informatica ma un pessimo essere umano. Ma già io sono andato oltre, esprimendo un giudizio pesante (e voluto/pensato) che nel film non traspare. Anzi: la cronaca del disagiato (del "nerd") che vince con i propri mezzi (o quasi), grazie anche alla filosofia americana dove meritocrazia e coraggio possono andare a braccetto, è resa in maniera apparentemente asettica, per cui alla fine è lo spettatore che deve decidere da che parte stare, e come porsi di fronte all'indiscutibile intelligenza del tipo, messa però al servizio di un suo immorale senso dei rapporti umani.
È un film che scorre abbastanza bene, anche se quando si è arrivati all'ultima decina di minuti ti rendi conto che sembra lungo. Ottimo il continuo lavorare su un puntuale montaggio avanti/indietro nel tempo, proponendo la breve biografia del nostro sia attraverso i fatti per come sono accaduti, sia attraverso gli incontri tra gli avvocati delle parti lese dall'incredibile ascesa di Zuckerberg. Ottima pure la musica, sempre puntuale e coerente alle scene. Ho trovato, invece, un po' statico il protagonista, quel Jesse Eisenberg che già vi avevo raccontato in Zombieland. Ma forse in un film così corale, una recitazione eccessiva avrebbe nuociuto al concerto delle parti.
Più in generale, è un film che sembra filare liscio liscio, e che si impone dopo, solo all'uscita, prendendo per il bavero lo spettatore e la sua autocoscienza chiedendogli prepotentemente: cosa c'è in questo film? Di cosa vuole parlare realmente? Qual è il tuo ruolo in questo momento?
Ma soprattutto: a cosa serve Facebook? A niente? Uhm... a niente!

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