10 ottobre 2013

la colpa di Peter Banks

La Storia della musica popolare (nella sua accezione più vasta) registra almeno due colpe... involontarie per chi le subisce, intendiamoci: la prima è di essere stati dei pionieri, però non riconosciuti dai più; la seconda di essere stati degli ottimi professionisti, finiti nel posto giusto ma al momento sbagliato.
Come esempio della prima "categoria" mi viene sempre in mente John Paul Jones. Lo storico bassista/tastierista dei Led Zeppelin non viene mai ricordato da chi almeno li conosce per sentito dire; pochissimo da chi ha l'intera collezione di quei dischi così preziosi. Tutti straparlano di Page, Plant e di "Bonzo" Bonham (più per la morte che per i suoi meriti artistici, va detto)... però di Jones se ne parla poco. Eppure, un buon terzo della riuscita dei Led Zeppelin è merito suo, se non qualcosina in più. 
Per la seconda categoria citerei Peter Banks, primissimo chitarrista degli Yes. Il suo era un chitarrismo semplice ma esatto, preoccupato che il necessario virtuosismo del suo strumento non entrasse in conflitto con l'insieme del gruppo. Un chitarrista, insomma, che sapeva quando parlare e quando tacere, pronto a mantenere però un tappeto di accordi sempre in linea con le necessità della struttura musicale.
Ricordiamoci che gli Yes diventeranno poi i paladini di un rock progressivo molto elaborato, ai limiti dello stucchevole (anche se io li ho sempre preferiti ai Genesis), quasi venerato dai paladini dell'attuale metal progressive.
Ebbene, l'equivoco dello stile di Peter Banks era proprio nel suo essere troppo dentro il gruppo, tanto che le sue tessiture così asciutte ma pertinenti vennero ben presto destinate agli archi, lasciando spesso relegato sullo sfondo quel suo arguto pizzicare. 
Lo sappiamo: i rappresentanti del progressive meno colto scambiarono la presenza degli archi come un must necessario. Momento che durò veramente poco, ma che nel viverci dentro Peter Banks mal tollerava, regalando il suo posto al formidabile Steve Howe, sicuramente più bravo, certamente più individualista. 
E purtroppo per lui le tre opere migliori degli Yes sono venute esattamente dopo quella defezione.
Non si è più sentito parlare di Peter Banks, perlomeno dalle primissime file della platea musicale. E chissà quante volte si è arrovellato su quel suo insistere troppo sul tessuto e così poco sull'ego.
È morto per un infarto nel marzo di quest'anno.

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