26 aprile 2022

LA MIA VITA NEI DIRE STRAITS di John Illsley (EPC)

Hai capito il bassista dei Dire Straits? Tira fuori dal cilindro dei suoi riccioloni un'autobiografia niente male.
Umile, intelligente, onesto e autentico: un personaggio che non ha difficoltà a confessarsi, senza drammatizzare e senza darsi arie. 
Conosciamo anche la storia di un complesso fuori da molti schemi, che ha segnato la Storia della Musica e della Cultura anni '80, lasciando per strada piccoli gioielli, irripetibili quanto inaspettati. 
Una storia senza mitologie o agiografie, dove conosciamo anche i pregi di Mark Knopfler, visto che la sua riservata riservatezza veniva spesso scambiata per spocchia. 
Una storia dove comprendiamo perché i tre/quattro chitarristi di supporto si siano avvicendati quasi naturalmente, all'ombra di un leader che apparentemente sembrava invece non averne bisogno.
Una storia che finalmente introduce un uomo di cui onestamente sapevo ben poco e immaginavo pochissimo: altone, ricciolone, John Illsley sembrava solo di mero supporto a quel batterismo spumeggiante di cui i Dire Straits hanno sempre goduto, mentre invece si capisce che anche e solo la sua presenza dava senso e cifra a quelle composizioni così cristalline. 
Un libro dove si conosce anche un'Inghilterra inconsueta, rarefatta ma anche poco leggendaria, dove la gente perbene viveva vite anonime ma dignitose, dove fare musica e proporsi anche e solo in un pub scalcinato, poteva essere un'impresa ma anche una grande soddisfazione da conservare con cura.
Un libro, infine, che chiarisce come mai i Dire Straits si siano sciolti così spontaneamente e, direi, "ovviamente": come progetto erano esauriti; non avrebbero più aggiunto niente di nuovo, se non noiose ripetizioni di note già sentite.
Insomma, un libro che si legge tutto d'un fiato e che fa venire voglia di riascoltare "Telegraph Road", in tutta la sua retorica quasi progressive, quasi springsteeniana, molto Dire Straits.

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