09 aprile 2025

SUL VIDEO FAKE DI ALESSANDRO BARBERO / LUCA BOTTURA

Qualche giorno fa, il fine umorista Luca Bottura (non sono ironico) ha postato su Twitter/X un fake video di quattro minuti in cui lo storico Alessandro Barbero professa dichiarazioni verosimili, ma totalmente inventate. Solo alla fine dei quattro minuti viene chiarito l’inganno. Uno scherzo, insomma. Satira, insomma.

A questo, ha risposto sulla stessa piattaforma il direttore de Le Scienze, Marco Cattaneo, chiedendo prudenza: bastava avvisare in apertura di video e non in chiusura, oppure mantenere costante un avviso in sovrimpressione semitrasparente, visto che nessuno ha la pazienza di sorbirsi quattro minuti di video e quindi sapere che è un fake.

Dopo un cortese botta-e-risposta, Bottura ha scritto un pippone generico in cui si rifugia dietro tutti i suoi piùcchesacrosanti diritti, dimenticando però che esistono anche dei doveri, gli stessi che lui pretende dagli altri, quando agita il ditino da professorino casto e puro.

Appunto acido: direttamente, i due si sono trattati con le molle (sono colleghi e soprattutto ex vicini di stanza); quando, però, si sono rivolti al popolo, hanno usato ben altri toni.

Torniamo a noi. C’è un elemento che i due hanno dimenticato: quel video resta e resterà. Non basta allisciare i propri follower scrivendo che il “pubblico intelligente” capisce o ha capito l’operazione di Bottura o la replica di Cattaneo (a seconda delle fazioni); innanzitutto, perché anche il più intelligente a volte scrolla pigramente senza approfondire; ma, soprattutto, perché il video resterà online in quell’“eterno mentre” che è internet

In futuro, chi si imbatterà in quel video composto in quel modo, che sia tra un mese o tra trent’anni, non avrà gli strumenti, o il tempo, o la voglia, per capire che era un fake. Ma è così difficile da capire?

Quando entriamo in rete, dobbiamo sempre ricordarci che non esiste un prima o un dopo quello che poi faremo, ma solo quello che facciamo, avulso, indipendente, eterno, senza contorni o chiarimenti o approfondimenti o spiegazioni o contesti. Quella cosa fatta verrà compresa così com’è e rappresenterà quello che sembrerà in quel momento; una rappresentazione che il giorno dopo potrà essere opposta.

Aggiungo due corollari un po’ provincialotti: il primo, la calunnia è un venticello e quel video “sembra” qualcosa che non è, ma che basta a generare anche pettegolezzi e dicerie. Il secondo corollario, sono i commenti sotto i tre tweet coinvolti: la quantità di affermazioni benealtriste o lassiste o menefreghiste, fa paura. E, paradossalmente, dimostra l’assunto di partenza: questo modo di usare la tecnologia fa solo e solamente male

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