Mi è capitato con Salvate il Soldato Ryan: lo vidi al cinema fresco di uscita (era il 1998), circondato da persone molto anziane; avevano vissuto la guerra, o come spettatrici (perché giovanissime) o come protagoniste (come il compagno di mia madre, che finì prigioniero dei tedeschi subito dopo l’8 settembre). Una condizione emotiva ottimale, direi.
Tra i protagonisti secondari, spicca Timothy Upham (interpretato magistralmente da Jeremy Davies): è lo scribacchino coartato dalle retrovie perché sa parlare tedesco e francese, lingue utilissime per la rischiosa missione di salvataggio.
Si capisce che è totalmente fuori contesto: timido, impacciato, spaventato dalle armi, incapace di relazionarsi con i compagni, fedele alle asettiche regole d’accademia.
Durante la scena che precede l’incontro con Ryan, il plotone si imbatte in una postazione tedesca: riesce ad annientarla, ma al prezzo della vita del medico (interpretato altrettanto magistralmente da Giovanni Ribisi).
Il plotone riesce a catturare l’unico superstite dei tedeschi. Asfissiati dal dolore per il compagno ucciso, i nostri eroi vogliono fucilarlo sul posto, senza tanti problemi. Il timido scribacchino cerca di far rispettare le regole: un prigioniero non va ucciso impunemente. Lo dice il regolamento. Lo suggerisce la morale. Lo impone l’etica.
Dopo un parapiglia tra commilitoni, perfettamente disegnato da Spielberg, l’uomo viene lasciato libero, a patto d’onore che si consegni agli americani delle retrovie (cosa che non farà, come immaginabile e come vedremo nell’epilogo).
Dopodiché, passate alcune scene, arriviamo alla battaglia finale, tra le più cinematograficamente intense che abbia mai visto in vita mia, addirittura migliore di quella dello Sbarco in Normandia che ha aperto egregiamente il film.
Potrei riassumere brutalmente che muoiono quasi tutti i buoni. Uno di loro, guarda caso, viene ucciso proprio da quel tedesco - e nella maniera più feroce e raccapricciante (con un coltello): il nostro scribacchino potrebbe salvarlo, ma non riesce neanche a salire una rampa di scale, restando letteralmente pietrificato dalla paura.
Dopodiché, arrivano i nostri: i nemici battono in ritirata, alla rinfusa e senza meta. Lo scribacchino ne ferma un manipolo e uccide arbitrariamente solo quel tedesco, con rabbia e arbitrio, proprio come non voleva venisse fatto dai suoi commilitoni.
Due domande: contro chi ha veramente sparato per il suo subconscio? Di conseguenza: che uomo diventerà questo scribacchino?
Sono anni che mi pongo questa domanda e sono anni che mi rispondo sempre allo stesso modo: non diventerà una bella persona, ma ancora ho paura di definirla bene
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