
Un libro denso, densissimo, ricco di dettagli utili e di informazioni anche meno note sullo Sbarco in Normandia e i mesi sanguinosi che ne seguirono. Un resoconto minuzioso e documentato, scritto in maniera più che comprensibile, con i giusti toni e la rara capacità di incastonare con precisione anche una critica costruttiva senza faziosità o preconcetti.
Si capisce subito che i "nostri" sbagliarono molto, e spesso, affrontando anche con superficialità un nemico perfettamente addestrato ed equipaggiato. E motivato, bisogna aggiungere: i tedeschi, infatti, non combatterono per evitare la sconfitta, ma per vincere. Già, per vincere. Non mollarono mai, neanche l'ultimo minuto dell'ultimo giorno di quest'operazione, così ciclopica, così impossibile. E lo fecero sempre con un'organizzazione e una capacità di reazione senza eguali.
I "nostri" vinsero solo grazie alla quantità: di materiale bellico, di infrastrutture, di approvvigionamento, di uomini. E non certo grazie alle scelte dei più alti in comando.
I tedeschi persero solo alla distanza, raramente per errori dei generali, sicuramente per colpa di Hitler: da una parte era un accentratore miope e bipolare, dall'altra immaginava il suo esercito come fosse ancora quello del 1939, senza avere l'accortezza di valutare le vere forze in campo e la vastità dei territori conquistati (o persi) con una parte dell'esercito in fuga dalla Russia, che certo non poteva avere il dono dell'ubiquità.
Fa una certa impressione leggere questo splendido libro proprio quando gli USA, gli eroi di quello sbarco (insieme a inglesi, canadesi, francesi e polacchi), stanno deludendo in questi giorni l'amore e la riconoscenza degli uomini liberi. In Normandia sono morte migliaia di ragazzi. Per cosa?
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