19 gennaio 2006

alla ricerca del laicismo

Ripropongo un mio pensiero pubblicato nel settembre del 2005 nella rubrica dei commenti di Repubblica.
Gentile Augias,
mi sembra che le autorevoli osservazioni di Giuliano Amato sul laicismo comportino inevitabilmente almeno due appunti. Il primo è di ordine dialettico, anche se poi dissimulatamente più profondo: quando il Professore scrive che il cristianesimo riconosce l’Altro con il solo presupposto che “in ogni uomo c’è il segno di Dio”, ammette implicitamente un limite tutt’altro che secondario: l’esistenza di Dio viene data come assoluta, l’importante è crederci. Chi non crede non ha spazi per alcun riconoscimento.
In un altro passaggio, Giuliano Amato commette un’ingenuità che non è sua: “anche tra i non credenti affiorano assoluti che vanno resi compatibili con le ragioni di chi non li condivide”. In questi egli include solo certi estremismi scientifici, dimenticando che gli unici veri presupposti degli atei riguardano la posizione dell’individuo nella società.
Insomma: quello che lui definisce laicismo francese, ha nella sua stessa natura la difesa dei diritti di chiunque; la religione è - a mio avviso e invece - una scelta, privata e personale, che non può essere mai imposta oppure comparata con il doveroso laicismo dello stato in cui si vive.
L’errore di fondo di chi ha difeso le presunte “radici cristiane” è stato quello - appunto - di ritenerle assolute: per me esistono una radice cristiana, una islamica, una ebrea, una illuminista, una laica, una socialista… e via sfogliando le pagine dell’albero della Storia.
La differenza fondamentale tra i laici e i credenti è che i primi rispettano (e difendono) i secondi, mentre i secondi tollerano i primi. E sul principio della tolleranza mi sembra che finora ci siano stati sin troppi giochi di parole.
Alessandro L.

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