14 gennaio 2010

l'ombra e il decoro (una risposta ad Arianna Cavallo)

Dall'alto dei miei 80 lettori abituali, appare quasi come una speranza subire un commento come questo:
Certo che non se ne può più con 'sta storia dei figli di papà. Pensi che siano degli inetti andati avanti solo per raccomandazione? Se sì, datti un'occhiata in giro e guarda il livello dei giornalisti italiani, forse cambierai idea. Limitati ad argomentare e spiegare perché non sei d'accordo con loro e lascia perdere definizioni rosicone e bambinesche.
Arianna Cavallo
La lettrice, insomma, criticava il mio breve post contro quei terzisti che stanno già provando a suggerire come leggere la figura di Craxi; e lo fanno usando la canonica e furba "verità sta in mezzo" tipica dell'italianismo medio. Sono io semmai che trovo veramente "bambinesco" - questo sì - postulare le proprie tesi dando del fesso a chi dignitosamente e coerentemente non vuole andare oltre ai torti dimostrabili del craxismo. Tanto che alla fine le argomentazioni dei tre si riducono a zero, a un parlare per voler parlare, usando uno strumento - quello del web - dentro cui l'approfondire qualcosa è difficile, e comunque la maggioranza di chi lo frequenta non va oltre le tre righe. Basta leggere alcuni post plaudenti piegati al disitaliano di Sofri (che commenti non ne accetta, si sa) per vedere confermata la mia tesi: "Non sono un esperto di Craxi, ero piuttosto giovane e vivevo in provincia" e quindi sono d'accordo con il terzismo di Sofri. Punto e basta. Facile e anche superficiale, mi sembra.
Voglio dire: stiamo ripetendo gli stessi errori culturali che avevamo già commesso col Fascismo! Anziché sviscerarlo e trovare tutti i bandoli della matassa di quel fenomeno, l'abbiamo rimosso. E a distanza di 60 anni c'è ancora gente - troppa e addirittura colta - che intravede qualità nel Fascismo che lo stesso Fascismo invece disdegnava.
Ma è anche vero che del craxismo non si può e non si deve ancora parlare storicamente, perché è troppo attuale e troppo presente. Fare qualche post e dedicargli una via che butta tutto in caciara è da irresponsabili, e il voler dire che si deve andare oltre certi sdegni, suona molto furbetto. Del resto, se Bocca disperatamente scrive "Al di là di tutti questi bei discorsi l'unica cosa che posso dire è che per me, ora come allora, chi ruba è un ladro", è perché le argomentazioni portate avanti dai tre fighetti costringono solo a questo, e non a un eventuale dibattito vasto e corposo.
È come se avessero letto al contrario i bellissimi versi di De Gregori:
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera"
Ma è solo un modo
per convincerti a restare chiuso dentro casa
quando viene la sera
Ma perché, aggiungo io, un dibattito storico vasto e corposo su Craxi ancora non ha senso? Per almeno tre motivi: uno scientifico, uno contestuale e un altro culturale.
Veniamo a quello scientifico. La Storia non la possono scrivere i giornalisti, così come gli storici non possono fare giornalismo: sono due attitudini mentali totalmente diverse. I primi raccontano l'accadere, i secondi l'accaduto. I primi raccolgono freneticamente prospettive di lettura non per forza obiettive, perché l'attualità costringe a questo; i secondi hanno davanti presupposti, cause ed effetti (di media e lunga gittata) che consentono loro di approfondire l'accaduto con una cautela e una lungimiranza fondamentali.
La Storia non è una scienza esatta, ma dalla scienza eredita il suo mettersi sempre in discussione. Ma non si può fare Storia sul craxismo. Né giocare al distinguo. Si deve fare cronaca: e la cronaca ci dice che Craxi è stato politicamente, culturalmente ed eticamente dannoso per l'Italia.
Il motivo contestuale riguarda il vecchio detto sulla Storia scritta sempre dai vincitori. Ecco, il caso di Craxi ne è una valida conferma. Perché Craxi ha vinto. Il sistema craxiano ha vinto. Non è solo una questione se abbia rubato o no, ma di metodo e di mentalità.
I plastificosi anni '80 non sono nati per caso, e la loro affermazione negli anni '90 ne è una rafforzata e granitica conferma. C'era un sistema che li ha favoriti e foraggiati. Non si può dare la colpa solo al berlusconismo nascente - come si usa fare oggi, ma a un sistema quotidiano politico e culturale che ha imposto quel meccanismo. E Craxi ne è stato alfiere e simbolo al tempo stesso. La "Milano da bere" se la son bevuta in troppi, e i protagonisti di quella che oggi chiamiamo affettuosamente Opposizione non hanno mosso un dito che fosse uno (e forse qualcuno qualche bicchiere se l'è bevuto anche lui).
Andiamo a domande più dirette. Cos'ha fatto Craxi per gli operai? Cos'ha fatto Craxi per l'economia? Cos'ha fatto Craxi per l'occupazione? Cos'ha fatto Craxi contro la burocrazia? Cos'ha fatto Craxi contro la malavita organizzata? Cos'ha fatto Craxi per le riforme?
Vogliamo essere chiechi e sordi come Minzolini? È questa la nostra Memoria?
Il Romano scrive che Craxi è stato l'unico che credeva nella modernizzazione del paese. Davvero!? E da quando?! Semmai Craxi si è arreso alla modernità, costringendo l'intero paese a un provincialismo sociale e sostanziale da cui riesce sempre più difficile uscire.
Possibile che le nostre menti si sia appallottolate sull'adesso?
Ecco perché non sopporto i figli di papà, cara la mia Arianna: perché non subiscono una doverosa selezione darwiniana intellettuale come accade - dovrebbe accadere - per noi che figli di papà non siamo; perché la loro gavetta è a colpi di sedie e non di scarpe consumate, perché non hanno il minimo senso del reale e del passato. Se faticassero un pochino, se muovessero il culo oltre i loro bovindo radical chic, si renderebbero conto che non si possono usare argomenti alla carlona, non ci si può fare scudo di una propria presunta intelligenza per argomentare qualsiasi cazzata passi loro per la testolina vuota da preoccupazioni.
L'ultimo motivo, quello culturale, è figlio dei primi due. Dopo Mani Pulite questo paese ha dimostrato che la stagione delle piazze era piena più di "rosiconi" - come direbbe la mia commentatrice - che di reale stizza risoluta e dignitosa. Altrimenti come mai siamo arrivati pressoché immediatamente a Berlusconi, padre e figlio del craxismo? Evidentemente non siamo stati capaci di produrre grandi stravolgimenti culturali come quelli cecoslovacco, spagnolo, portoghese e se vogliamo anche cileno.
In tempi e modi diversi questi popoli hanno preso delle enormi forbici per tagliare con il passato - condannandolo!, con tutto ciò che rappresentava e contro tutti i semi che aveva lasciato durante le aride stagioni delle dittature più o meno esplicite o dichiarate. Noi non solo non abbiamo saputo rispondere al craxismo nascente (e di questo i sessantottini dovranno prima o poi rendere conto), non solo la resa al craxismo è stata immediata (il che conferma la pochezza del tessuto morale italico), ma neanche l'abbiamo sconfitto eticamente o politicamente. Ci ha pensato un'isolata magistratura, contro cui oggi si scatena anche qualcuno dei fighetti sopra criticati.
Ragioniamo a grandi immagini: possibile che Mussolini sia stato destituito per un suo errore militare e Craxi da quello di un suo collaboratore? Tutta qua la nostra dignità? E allora, senza di essa e senza tanti altri strumenti necessari per questo tipo di approccio, come si può scribacchiare che la "verità sta in mezzo"? Come si può assolvere implicitamente il craxismo se ancora non è stato perlomeno stigmatizzato sul piano politico e sociale?
Siamo intrisi di craxismo, siamo vittime e carnefici del craxismo, e abbiamo la pretesa di fare il dibattito tra fighetti!?! Ma siamo impazziti!
Mi dispiace per la commentatrice Arianna, e mi dispiace per il mio ego, ma io non sono capace di scrivere cose diverse da queste. Non sono capace di essere convincente con dialettiche furbette e argomentazioni irresponsabili pur di essere sempre al centro dell'attenzione. Non ce la faccio.
De Andrè non mi è mai piaciuto, ma una volta scrisse "io non appartengo a questa schiera, io morirò pecora nera". Un inno alla staticità, un po' rassegnosa e da libro Cuore, lo so. Però, se mi ostino a scrivere questo blog piccolo e latitante, è perché spero di poter indicare altre strade. Potranno non essere le mie, per carità (e la mia curiosità ci si avventurerebbe per un po'), ma almeno saranno indicazioni limpide, questo sì. Limpide. 


per la cronaca: Arianna Cavallo lavora per Luca Sofri, un "figlio di papà". Ma ovviamente non l'ha specificato

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