Con una scrittura giustamente didattica ma partecipata, senza presunzioni tecnicistiche o fronzoli egoriferiti, Anna Giulia Di Panfilo racconta con dovizia di particolari mai inutili la vita di un'artista che ha sfidato almeno due volte i preconcetti dell'epoca (oddio, non è che oggi siano spariti).
Il primo, è la transizione di genere. Wendy nasce Walter, ma le sta stretto pressoché immediatamente. E la caparbietà di puntare dritta alla sua anima di donna, in tempi in cui il risolino patriarcale e la gogna popolare erano più espliciti e violenti di quelli attuali, sono una dolceamara lezione di vita.
Il secondo, l'andare oltre le convenzioni barbose e petulanti, setacciando le partiture di Bach per ridare loro una luce moderna con arrangiamenti elettronici di insospettabile bellezza.
Ricordo ancora quando Stefano Pogelli mi suggerì di acquistare il cofanetto celebrativo di quel matrimonio impossibile tra musica elettronica e partiture barocche: una follia che mi rapì immediatamente, lasciando poco spazio alla quotidianità di quei giorni.
E mi sono fermato ai temi più immediati, quelli che di fatto attirano più gli appassionati o gli impallinati di elettronica. Questo piccolo libro, infatti, meriterebbe più spazio e attenzione, non solo musicali, non solo dalla prospettiva dei diritti LGBT+

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