Prendevo la prima metro, quella che alle 5,15 mi ghermiva dalla fermata Giulio Agricola: mentre preparavo l'esame universitario del momento, venivo assalito da terrificanti odori di varechina-aglio-sudore, e poi arrivavo a via Asiago verso le 6,00, accompagnato dalle prime note di Keith Jarrett.
A quei tempi, Radio Tre usava il suo struggente Country come "riempitivo" (dal cd che porta il titolo My song, un'altra ballata strepitosa); pensate voi che qualità poteva avere quest'emittente, da poter usare questa meravigliosa ballata come musichetta buttata sornionamente là. Erano sicuramente altri tempi.
Ma io allora stravedevo per Corea e per Rea (nessuna parentela...). Certo, restai colpito da come Moretti (a me antipatico) abusò il Primo Concerto di Colonia per raccontare il monumento a Pasolini, affogato nell'immondizia dell'idroscalo di Ostia; ma in generale non sopportavo la stucchevole perfezione di Keith Jarrett. Troppo di moda, troppo esatto.
Da anni, ormai, ho fatto pace con questo genio, e quando voglio riassaporare quel modo di fare radio, quei sapori di esami rubati al sonno, quella mia incoscienza di dormire pochissimo e vivere ogni singolo secondo dei miei primi anni di lavoro, prendo una fiaschetta di varechina, un ciuffo d'aglio, un libro universitario e mi sparo quell'intero cd.
Nostalgia, Musica, Keith Jarrett
Nessun commento:
Posta un commento