16 maggio 2009

Mughini: «Adriano Sofri sapeva dell’azione contro Calabresi»


LA RICOSTRUZIONE DELL’EX DIRETTORE DEL GIORNALE DI LC

Mughini: «Adriano Sofri sapeva dell’azione contro Calabresi»

Lotta continua e la grande bugia degli innocentisti. Una requisitoria durissima

Giampiero Mughini ha in casa una cartelli na intitolata «La confessione di Sofri». Dentro c’è il ritaglio dell’articolo che il fondatore di Lotta continua ha pubblicato sul Foglio un an no fa, e che Mughini considera «la sconcertan te e drammatica prima puntata di una parzia le 'confessione' sul come sono andate le cose a via Cherubini», la strada milanese dove fu assassinato il commissario Calabresi. Ma So fri, scrive Mughini, «rimane in debito con la verità». Ed è Sofri il vero destinatario del li bro che Mondadori manderà in libreria la prossima settimana, Gli anni della peggio gio ventù. L’omicidio Calabresi e la tragedia di una generazione. Un libro che è una requisito ria durissima contro Lotta continua, fatta da un gior nalista che — pur non par tecipando alla fattura — i settimanali di Lc li ha diret ti.
Quell’articolo del 2008, Mughini lo traduce così: «Sofri sapeva dell’azione contro Calabresi, ma non ne era stato il responsabi le, non era stato quello che l’aveva decisa e ordinata». Eppure si addossa tutta in tera la storia della sua orga nizzazione, al punto da de finire «non malvagi» e an zi «mossi dallo sdegno e dalla commozione per le vittime» gli autori dell’omi cidio Calabresi. Deduce Mughini che «se uno spen de parole talmente impe gnative nei confronti di chi uccise Calabresi, vuol dire che li conosce per no me e cognome e curri culum».
La ricostruzione di Mu ghini comincia a Pisa, il 13 maggio 1972, il giorno del comizio di Sofri al termine del quale Marino avrebbe ricevuto il mandato a uccidere. Mughini quel giorno c’era. E, scrive, «non è vero che a comi zio concluso sarebbe stato assolutamente im possibile, a causa della pioggia battente, bivac care ancora un po’ in piazza». Perché «la piog gia in quel momento era finita». «C’era stato, lo dico in via di ipotesi, il tempo perché alme no un attimo si incontrassero» Sofri e Mari no. Anche perché «non è vero quel che ha so stenuto con veemenza la difesa, che i bar pisa ni fossero chiusi quel pomeriggio del 13 mag gio. Non lo erano affatto». In ogni caso, Mu ghini precisa: «Io non reputo che Sofri abbia dato l’ordine di uccidere. O più precisamente non lo reputo provato. Che è poi la sola cosa che conta». E chiede al presidente della Re pubblica di dargli la grazia. Ma non rinuncia a denunciare un’ipocrisia collettiva.
Ricorda di aver provato, alla notizia della morte di Cala bresi, «orrore che lo avessero fatto dei 'com pagni', cosa di cui non dubitavo allora e di cui nessuno in Italia ha mai dubitato veramen te»; eppure «è lunga la fila di intellettuali e giornalisti convinti della colpevolezza di Lc, che non aprono bocca per non disturbare la platea dei loro lettori di sinistra». E denuncia quello che definisce il «fanatismo innocenti sta», «una Grande Bugia e una Grande Ipocri sia che non hanno alcun fondamento nei fatti processuali e nelle relative sentenze».
I suoi bersagli polemici sono illustri. Luigi Manconi: «Non ho dubbi, Manconi lo ha sapu to da subito come andarono esattamente le co se nel maggio 1972». Carlo Ginzburg: «La tesi secondo cui la confessione di Marino sarebbe stata concertata da magistrati e carabinieri è talmente risibile che in un processo di qualsia si altro tipo non sarebbe stata presa in consi derazione dai giornali e dall’opinione pubbli ca neppure cinque minuti. Ancor più risibile la tesi che le sentenze dei giudici di primo gra do e poi d’appello fossero animate da una sor ta di spirito di 'vendetta' contro quelli di Lc, personaggi di cui all’alba dei Novanta non si ricordava più nessuno». Antonio Tabucchi, che «si è dato a recitare sgangheratamente la parte che era stata di Emile Zola nell’'Affaire Dreyfus'». Gad Lerner, cui Mughini rimprove ra una frase detta in tv — «Lotta continua non c’entrava proprio niente con la violenza dei Settanta» —, mentre «quelli di Lc nel 1972 nella violenza e nella sua apo­logia c’erano dentro fino al collo, ne erano ebbri».
Ma l’interlocutore resta co munque Sofri. Per cui Mughini ha parole di stima e affetto, ma ha anche paro le severe («lasciamo stare l’argomento ripetu to da tanti, 'lo conoscevo, non può averlo fat to'. È un argomento che vale niente»), anche a proposito del suo ultimo libro, La notte che Pinelli, in cui «un po’ crede e un po’ ammic ca» a «inumane panzane» sulla morte del l’anarchico. Compresa «l’evocazione di una macelleria sudamericana da contrapporre simbolicamente al lutto e al pudore di cui tra boccava il recente e fortunatissimo libro di Mario Calabresi. Un libro che per gli ex di Lot ta continua è stato uno schiaffo in volto più violento che non una sentenza di tribunale».
Gli «anni della peggio gioventù» rivivono attraverso la reazione euforica di Lc all’assassi nio in Argentina del dirigente Fiat Oberdan Sallustro. L’arresto di Maurizio Pedrazzini sul le scale della casa milanese del missino Servel lo, in pugno una pistola proveniente dalla ra pina a un’armeria raccontata ai giudici da Ma rino. Le telefonate dei compagni in casa Sofri, il giorno dell’arresto: «È Marino che ha parla to?». Le «vanterie» di Chicco Galmozzi, ex Lc, rivolte ai brigatisti: «Mentre voi ancora brucia vate macchine, noi sparavamo a Calabresi». E quella scena terribile, la vedova che esce dal l’obitorio dove ha riconosciuto il cadavere del marito, e viene accolta da estremisti di sini­stra che la scherniscono, con il fratello che le copre la testa dicendo di non ascoltare. «Un’immagine che mi porto appresso da tanti anni — scrive Mughini —, l’immagine che ha fatto scattare l’idea di scrivere questo libro. Qualcosa che attiene a un debito. Perché quel li che schernivano Gemma Calabresi erano co munque i miei compagni di generazione».
Aldo Cazzullo
15 maggio 2009

replica generica e fumosissima del Sofri figlio, cui ho chiesto privatamente di denunciare per diffamazione Mughini, o di dargli chiaramente del bugiardo (portando lui alla querela). Ovviamente non ha risposto. Perché è vietato criticare la famiglia, è vietato proporre un confronto concreto. Se non sei della casta, se non ti pieghi alla casta, se non lodi Lotta Continua, sei fuori. Sei fuori!
aggiornamento 18 maggio
la querela è nell'aria, non detta ma allusa, com'è nello stile del personaggio (mai chiaro e sempre contorto, con tante via di fuga a disposizione per eventuali ripensamenti)

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