C'è sempre una scritta sui muri da qualche parte, e c'è sempre chi sa di sapere e non parla.
L’ultima che hai detto è: «Vi diremo la verità quando ci restituirete i corpi di Sofri e di Bompressi».
«No. Quella è stata un’utile semplificazione tanto per fare un po’ di casino come è abituata a fare, attraverso i titoli, la tua professione».
Dacci l’interpretazione autentica.
«Si potrà parlare di quegli anni quando non ci saranno più prigionieri. Quando saremo tutti liberi potremmo sapere la verità su Calabresi».
Fai capire che sai chi ha ucciso Calabresi.
«Io questa frase non l’ho pronunciata. Se lo avessi voluto dire lo avrei detto».
Tu lo sai chi ha ammazzato Calabresi?
«Preferisco non risponderti. Non mi sento libero di parlare di questo».
C’è il pericolo di mandare qualcuno in galera?
«Anche: ne parleremo quando non avrà più rilevanza penale».
«Sapere chi ha ammazzato Calabresi è importante».
«Questo Stato lo ha già stabilito una volta per tutte. Chi è il mandante, chi l’esecutore. Lo Stato sta già a posto per Calabresi, come per Moro, ma quello che si vuole sapere, ed è una curiosità sana, è qualcosa di più sulle motivazioni, su quello cui la verità giudiziaria non può attingere: la verità storica, una verità che racconti le ragioni dei vinti».
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