19 giugno 2009

il libro che non t'aspetti

La famiglia Marsalis ha tanti componenti quanti sono gli strumenti basilari di un'orchestra jazz (basso escluso, ma poco importa): Branford (sassofoni), Jason (batterie), Delfeayo (trombone), papà Ellis (piano) e Wynton, trombettista di cui parlerò brevemente in questa sua curiosa veste di saggista.
Come il jazz può cambiarti la vita è uscito qualche mese fa. Ma finché non era uscita la recensione entusiasta di Musica Jazz non mi ero azzardato ad acquistarlo, tanti sono i saggi scritti da jazzisti notevoli che poi però si rivelano essere pessimi scrittori.
Qui, invece, siamo di fronte a un testo che oserei definire addirittura essenziale dal punto di vista musicale, sociale, e della cultura più in generale. Non solo per la ricercatezza dei termini usati (vivaddio passati indenni da una traduzione curata male), ma per la pertinenza delle critiche e delle analisi, sia sui grandi musicisti di sempre che su alcuni elementi fondamentali del jazz. È veramente una gioia dello spirito intrattenersi con questo umile ma consapevole artista, veramente una gioia.
Non manca un capitolo dedicato ai grandi maestri verso i quali Wynton sente di avere più di qualche debito: Louis Armstrong («Il suo suono ha il potere di guarire»); Duke Ellington («Un tocco della sua mano sul pianoforte e la luna entrava in una stanza»); Billie Holiday («Se metti del sale in una bevanda dolce la rendi più dolce, ma se aggiungi zucchero all’amaro diventa ancora più amaro: così era Billie»); John Coltrane («Qualcosa nel suo suono ci penetra con la compassione della bellezza più pura e sublime»).
Grande riconoscenza anche per Ornette Coleman, per John Lewis e per Thelonious Monk, ma nessun cenno verso il gigante Charles Mingus.
Qualche spigolo verso Miles Davis, cui Wynton riconosce grande genialità, ma anche l'essere un carnefice «dell’adulazione e del mercantilismo». Insomma, il Davis del grande ritorno non dice nulla, anzi è addirittura deleterio e poco esemplare Il meglio, quando è corrotto, diventa il peggio»).
E - diciamolo - ci vuole coraggio a saper cogliere un aspetto così visibile di Davis ma che in pocchi hanno avuto l'onestà intellettuale di dire apertamente.

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