01 giugno 2020

FORTE RESPIRO RAPIDO di Marco Risi

Uno dei riti più difficili che dobbiamo forzatamente celebrare appena terminato di leggere un libro, è collocarlo nella biblioteca. Quel nostro fugace rapporto, infatti, può finire solo che con un tradimento.
Tradimento nei confronti del libro appena letto - perché solo in quel momento capisce di non essere stato l'unico; tradimento nei confronti di quelli già letti - perché perdono ancor più la loro unicità. Subito dopo quel gesto così necessario e disperato, fateci caso: i libri ci guardano male, tutti. E noi ci sentiamo un po' in colpa.
Solo dopo qualche giorno - e una bella chiacchierata tra loro, decidono di accoglierci di nuovo con il sorriso appena rientriamo a casa; ma che fatica...
Che poi, se ci pensate bene, sorpresa e meraviglia e malumori e divertimento e languori, sono reciproci: tra noi e quel libro, tra quel libro e una parte della nostra anima, quella più nascosta, che neanche sapevamo di avere. 
Più andiamo avanti nella lettura e più vogliamo leggere e più ci dispiace che le pagine stiano lentamente terminando. 

E non è che il libro ci aiuti, anzi: le sue prensili e invisibili mani ci agguantano le orecchie, ci strappano via gli occhi, ci annullano la mente... le sue pagine vogliono suicidarsi solo dentro il nostro ricordo, il nostro rammentare, il nostro rimembrare: cuore, mente, corpo, tre parti di un lettore vorace.
Ho vissuto un'esperienza simile con "Forte respiro rapido" di Marco Risi: mi è entrato subito nel cuore, tanto che ad un certo punto sono andato avanti con estrema lentezza, quasi con difficoltà, perché non volevo finisse subito, perché in alcune pagine mi sono ritrovato invischiato anche dentro me stesso, con identiche sensazioni, uguali reazioni, sentimenti simili. 
Tra Marco Risi e il sottoscritto passano 15 anni, che possono essere tanti, se non fosse per il fatto che siamo generazioni pre-internet, "novecentesche" verrebbe da dire, con scarti generazionali più dilatati. Nel mio caso, poi, sono nato "vecchio" di mio, con l'aggiunta di avere già alcune strade spianate grazie a tre sorelle di due/quattro/sei anni più grandi di me.
La Roma di Marco Risi e la "mia" Roma - accidenti! - quanto sono simili: i fritti di Ruschena, certi tragitti romani quasi obbligati, alcuni negozi che hanno resistito per decenni, il rito del caffè o dell'aperitivo o il frequentare quelle (allora dure) scuole private in cui era facile prendere brutti voti, in cui era quasi ovvio incappare in personalità acerbe ma già uniche, forti, non dimenticabili.
E poi l'amore per il Cinema. 
Tutto.
Per anni, la mia voracità per i film è stata addirittura morbosa, ma presuntuosamente non immaginavo fosse così assimilabile a quella di altri; e che emozione leggere il nome di certe sale, ormai dimenticate, o certi titoli così evocativi.
Andare al cinema era un rito collettivo, dove si partecipava ai film subendoli, vivendoli, restando a bocca aperta o saltando sulla sedia o sgorgando timide lacrime di commozione, guardando il vicino sconosciuto per scambiarsi un sorriso o un cenno d'intesa. Chiamatemi "passatista", ma a nessuno veniva in mente di chattare o di fare salotti improvvisati. 
Con Marco Risi condivido anche un'altra attitudine decisamente out: seguire quello che accade intorno ai protagonisti di un film. Una parte del mio cervello è attenta alla trama; l'altra si concentra sui dettagli, sul contorno, su cosa fa quella comparsa là in fondo, cosa si dicono lì dietro quel tavolo sulla destra, sul taglio delle inquadrature, sulle auto che si muovono o come si comportano certe comparse.
E poi, per venire al vero tema del libro: quanto è sincero, autentico e pulito il modo con cui Marco Risi si confronta con il padre Dino Risi; nome pesante, pesantissimo. 
Attenzione, non mette i panni sporchi in piazza; semmai ci restituisce il sapore di certe quotidianità che oggi come oggi nessuno potrebbe vivere allo stesso modo.
Questi genitori, poi, la Guerra l'hanno vissuta sul serio, e hanno inventato un modo di essere Cinema Italiano che dovremmo proiettare nelle scuole, mica cosette come "Grande Bellezza" o "Mediterraneo": un cinema fatto di idee, di pensiero, di sceneggiature e di improvvisazioni, di sentimenti autentici, anche di grasse e grosse risate, nonostante un presidio politico sicuramente pesante e pedante, che condizionava la cultura come mai potremmo neanche immaginare adesso.
Un libro pieno di tanto cuore e di tanti ricordi, che vi consiglio vivamente di leggere. 

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