Abbiamo avuto la fortuna di affittare il catamarano più bello e meno affollatto. Alla guida due bajan belli come il sole e simpatici quel tanto da rendere l'escursione rilassata e ricca di informazioni.
Arrivi al limitare di una calma spiaggia. Dopo le onde schiaffose del giorno prima, mai ci saremmo aspettati cotanta quiete. E all'improvviso vedi decine di macchie scure avvicinarsi a poppa, fare capolino, giocare con i nostri sguardi: enormi tartarughe hanno circondato il natante.
Appena ti tuffi dentro, non riesci a capire perfettamente cosa possano essere questi bestioni, tanta è la meraviglia e l'entusiasmo. Poi, quando inizi a star loro accanto, condividi totalmente quel vecchio adagio di Baudelaire: La natura è un tempio.
Proprio mentre ne fotografavo una, son stato spinto via violentemente da qualcosa. Pensavo fosse un turista cafone; invece era la madre di tutte le tartarughe, lunga almeno un metro e mezzo. Doveva nuotare e io le stavo intralciando la strada, ecchediamine... Le ho sfiorato il carapace: autentico velluto, setoso e sguisciante. E sotto aveva dei pesci pilota lunghi e sornioni.
Non abbiamo fatto in tempo a metabolizzare questo paradiso di sensazioni, che ci siamo spostati verso un altro lato della riserva per tuffarci di nuovo, tra alghe e pesci strani. Uno dei bajan lancia del cibo in acqua e nel giro di pochissimi secondi l'acqua comincia a ribollire. Sembrava una replica di Piranha paura di James Cameron. Migliaia di pesci ci hanno letteralmente circondato impedendoci di fatto di nuotare, di muoverci, di stare a galla. Ho provato a fotografarli, ma erano così vicini che ne ho ricavato poche immagini sfocate. Impossibile non toccarli, impossibile non pensare a chissà quali improvvise apparizioni di mostri marini. Un piacevole disagio, insomma.
Che dire? Quando siamo tornati al molo, dopo un'ora circa, mi son sentito perso, frastornato. In quelle acque avevo lasciato qualcosa: forse la fantasia, magari un po' di invidia.
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