È una gita obbligata, proposta da decine di agenzie diverse, e che verte sempre sullo stesso punto: l'isola (delle case) dei famosi.
Inutile dire che è forse la cosa meno interessante: in realtà, è il contorno che affascina, e che in me, come ti sbagli, ha rimembrato mille cose, magari lontane dal contesto.
Al Collegio Nazareno avevamo un professore di inglese (abbruzzese) che aveva qualche interesse per l'autoritarismo e per l'allungare le mani con finto distacco (peraltro era un prete, ma è incidentale). E ci raccontava sempre di queste benedette mucche di mare che mai avrei immaginato fossero i lamantini (nella foto, che non è mia).
Lungo tutto il tragitto acquatico che porta all'isoletta, c'è una serie infinita di cartelli che invitano a una guida controllata: con le eliche rischi di segare in due questi strani sirenidi, dal viso che sembra un pigiama appallottolato poco prima di andare a fare la doccia.
Non li vedi, ma sai che ci sono. Là sotto. A poltrire e a mangiucchiare i giacinti; l'unico cibo di cui si cibino.
L'isola non è nient'altro che un'accozzaglia di cafonate e ostentazioni varie (con tanto di oooOOOoooh quando incontri la magione di Julio Iglesias). Però chi è appassionato di cinema se la gode come pochi.
Gli attori, si sa, appena diventano famosi devono omologarsi all'apparenza. Le villone sono il simbolo di contanta improvvisa ricchezza. Poi, però, quando arriva il declino, diventa impossibile mantenerle. E allora c'è la soluzione: trasformarle in location per film, telefilm e documentari vari. Per cui la gara tra gli spettatori era di azzeccare per primi dove fosse apparsa quella facciata, quel giardino o quell'inquadratura.
Miami è una città plastificata, assai simile a come appare nei telefilm... o forse sono i telefilm che ci costringono a vederla così. Chissà!
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