12 settembre 2009

il racconto del sabato (1)

La mensa dell'azienda dove lavoro io è immensa, larga quasi quanto un hangar e gestita dalla stessa società che sfama i soldati Usa. Ci dev'essere un significato recondito, ma non chiedetemi quale sia...
Fatto sta che le signore/ine che ci servono sono esseri umani come noi, giusto? E io appartengo alla categoria di persone che stanno lì le ore a studiare metodi di comportamento per non offenedere niente e nessuno; che poi, forse, è la forma di razzismo peggiore, lo so.
Fatto sta che, al contrario di buona parte dei colleghi e degli avventori, io a queste gentili signore/ine dò sempre del "lei", dico sempre "buongiorno" e "grazie", sorrido sempre e cose simili; specie adesso che mi devono portare il vassoio, visto che o mi appoggio alle stampelle o cado per terra.
L'altro giorno la responsabile (l'unica cui dò del "tu" perché feci una manifestazione con lei un lustro fa) chiama una signora nuova affinché m'aiutasse a portare il vassoio. E lì son stati guai: era "abbronzata", nera, di colore... fate voi. E non alla Denzel Washington o alla Sidney Poitier, ma più alla Hattie McDaniel, la Mami di Via col vento.
Allora: se le dò del "lei" sembra che voglia sottolineare chissà quali distanze. Ma io non sono razzista, ecchediamine!
Però se le dò del "tu" mi sto prendendo le solite confidenze da bianco, razzista, maschio, regista-e-quindi-professionalmente-superiore-a-lei. Ma io non sono così!
Sono stati i venti metri più difficili di tutta la mia vita!
Alla fine le ho sparato...


No, scherzo: alla fine ma la son cavata con un "
siete tutte molto gentili con me. Grazie, veramente grazie... e buona giornata".

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