Ho scoperto solo adesso questa perla di lavoro datato 2003 e proposto dalla ACT con disinvolto coraggio: "Free country" del talentuoso chitarrista Joel Harrison.
Incredibile ma vero, al contrario di quanto uno si possa aspettare, non si viene assaliti dal solito chitarrismo individualista: Harrison cuce e ricuce musiche suggestive o divertenti rispettando i due paradossi, senza mai strafare, e mettendosi al servizio del gruppo e dei suoi ospiti (e che ospiti).
Un'opera quasi-jazz in cui il nostro virtuoso esplora brani tradizionali nativi e americani in egual misura, ritagliandosi momenti di chitarrismo a metà tra il Frisell più intimista, il Larry Carlton prima maniera e quegli assoli oltraggiosi al punto giusto tipici di Coltrane.
Sorprende il fatto che gli arrangiamenti non sembrano usciti dalla penna di un chitarrista (provate Metheny per capire cosa intendo), ma da un musicista più curioso e disponibile che ha saputo estirpare da ogni strumento la sua natura reale.
La formazione tipo
Joel Harrison - electric, fretless, steel guitar, and cassette machine
Dave Binney - sax, sampler (forse ovvio, ma preciso)
Rob Thomas - violin (tutt'altro che stucchevole)
Sean Conly - bass (eccellente)
Alison Miller - drums (preciso)
Gli ospiti, invece, sono
Norah Jones - voice (non mi è mai piaciuta)
Raz Kennedy - voice (buona)
Jen Chapin - voice (ottima)
Uri Caine - piano (un grande)
Tony Cedra - accordion (anche lui evita stucchevolismi, per fortuna)
Devo dire che la voce della Jones è l'unica nota stonata di un progetto invece avvincente; per fortuna non è ovunque.
Se poi provate un preascolto randomizzato, vi renderete conto che avete a che fare con canzoni e momenti tutti diversi, eterogenei, ricchi di sub-generi quasi insospettabili; e senza che il brano originale di riferimento ne risenta più di tanto.
In più, al contrario di quant'ho letto in giro, non è di così "difficile ascolto"; addirittura Uri Caine si ricorda di monkeggiare il giusto.
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