70 minuti consecutivi di musica contemporanea, tiratissima e seducente, hanno inchiodato 350 spettatori alle poltrone lasciandoli senza fiato, con gli occhi sgranati per raccogliere ogni minimo dettaglio, e l'udito avvolto da suoni e da echi ricchi di radici eterogenee.
C'è molto jazz "bianco" in questo Rava, fortemente influenzato dalla dodecafonia meno ardimentosa e dal Berio più folcloristico, con un occhio rivolto a certe soluzioni dell'ultimo Evans, quando lavorò insieme a Cugny. In più, si percepisce costantemente questa incontrollabile passione per il jazz e per le nuove leve.
Incredibile - e incontenibile - il trombone autorevole di Petrella; fondamentale la batteria di Sferra; vacuo ma fluido il pianismo di Guidi (che ancora non riesco a far mio); timidissimo ma promettente il contrabbasso di Evangelista.
Insomma, una degna conclusione di un Festival articolato e ricco di novità.
C'è molto jazz "bianco" in questo Rava, fortemente influenzato dalla dodecafonia meno ardimentosa e dal Berio più folcloristico, con un occhio rivolto a certe soluzioni dell'ultimo Evans, quando lavorò insieme a Cugny. In più, si percepisce costantemente questa incontrollabile passione per il jazz e per le nuove leve.
Incredibile - e incontenibile - il trombone autorevole di Petrella; fondamentale la batteria di Sferra; vacuo ma fluido il pianismo di Guidi (che ancora non riesco a far mio); timidissimo ma promettente il contrabbasso di Evangelista.
Insomma, una degna conclusione di un Festival articolato e ricco di novità.
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