Un libro dolcissimo e commovente, di quelli che non t’aspetti e che porti con te per molto tempo.
Nulla a che vedere con la (lunga) quasiautobiografia di Agassi, altrettanto evocativa e ricca di bei/brutti momenti; quello di Zoff è più un viaggio sparso nei ricordi, così densi di Storia e di Epica da lasciare spesso esterrefatti per quantità e qualità.
Elimino subito dal catalogo delle belle cose tre pecche. La prima è un errore storico: alla Lazio di Chinaglia vengono attribuiti vari scudetti, mentre in realtà ne vinse solo uno. Seconda pecca: fermatevi alla pagina 151, perché l’ultimo capitolo stride con l’eleganza di tutto il libro. Terza pecca: Zoff fu infangato pesantemente da Berlusconi; possibile che abbia voluto scrivere proprio per la sua Mondadori?
Per me Zoff è stata una figura esemplare. Nonostante sia stato silente e poco spettacolare, ha sempre rappresentato la figura che avrei voluto essere e che per indole e biografia non sono mai riuscito nemmeno a rappresentarmi. Un uomo ricco di sentimenti e di contraddizioni che però non ha mai palesato, mantenendo un comportamento più british che italiano. E, a proposito di british, ricordo quella volta che incappai in un servizio proprio della BBC in cui spiegavano quanto sia stato importante il suo modo di interpretare il ruolo e quanto efficace sia stato il suo modo di proteggere gli angoli ciechi, quelli che ucciderebbero qualsiasi portiere nel giro di pochi tiri.
Quando lo vedevi in campo, ti sentivi protetto, sicuro, e sapevi sin da subito che potevi seguire la partita direttamente in attacco, tanto era la capacità di Zoff di difendere la porta.
Grande fu l’intuito di Bearzot di nominarlo capitano al di là degli obblighi anagrafici. E grande fu il loro modo di intendere il gioco del calcio. Del resto, le due Italie più belle e più cardiopalmose sono state quella di Spagna e quella degli Europei del golden gol.
Ci sono pagine in questo libro dove capisci che hai assistito a una lezione di morale solo dopo aver posato il libro: Zoff, cioè, è capace di “predicare” grandi verità e precisi doveri senza mai scendere nella boria, nella supponenza, nell’arroganza di chi ha sicuramente più esperienza.
Soprattutto, c’è un senso dell’autentico e del genuino… lo so, sono due termini abusati e quasi irritanti. Ma qui si riprendono il giusto spazio, e vale la pena di riassaporarli per un po’.
Insomma, acquistate questo suo libro… anche se non siete juventini.
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