La mia musica e gli anni Sessanta, recita il sottotitolo.
Ma più che un noioso elenco di nostalgie, questo piccolo gioiello autobiografico è un voler indicare al lettore cosa veramente siano stati gli anni Sessanta extra bitols; senza cioè quella fastidiosa celebrazione ad oltranza dei quattro di Liverpool, di cui francamente non se ne può più.
Joe Boyd ha incrociato, prodotto o masticato personaggi come Jimi Hendrix, Bob Dylan, Nick Drake, Fairport Convention, Muddy Waters, Martin Carthy, John Martyn, Richard Thompson, Bob Marley, Steve Winwood, Steve Howe, Miles Davis, The Incredible String Band... e i primissimi Pink Floyd.
Per il suo UFO Club passarono i giovanissimi Michelangelo Antonioni e Monica Vitti, pronti a regalare al mondo del cinema pellicole indimenticabili. Sua fu anche la produzione del film Scandal - Il caso Profumo, dove sostanzialmente si respirava proprio il periodo di cui parla questo libro.
Onnivoro e curioso, Boyd incrocia anche Chris Blackwell, il papà della etichetta Island che darà spazio anche ai primi King Crimson e agli oggi sputtanati U2 (allora, invece, preziosi e genuini).
Insomma, queste pagine sono una gradevole passeggiata in un mondo che non c'è più: chi è meno nostalgico ma anche realista, capirà pure quanta differenza ci sia tra l'odierno proporre e produrre arte e quel modo invece originale e innovativo in cui vinceva ancora l'uomo e non la meccanica.
Unico difetto, una traduzione decisamente dozzinale.
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